Minima Cardiniana 424/3

Domenica 25 giugno 2023, San Guglielmo

UN RITORNO AL PROGETTO ORIGINARIO
EUROPA
di Bruno Bosi
Il modello di società statale nazionale, nato in Europa, evidenzia i suoi limiti come causa delle due guerre mondiali. Per questo, subito dopo le guerre mondiali, viene messo in discussione: si tenta di superare questa forma di società con una società sovrastatale. L’Europa tra enormi difficoltà ha cercato una nuova formula per superare gli attriti tipici delle relazioni imperniate sulla politica di potenza. Fino all’inizio del nuovo secolo l’UE era il più avanzato laboratorio di sperimentazione di relazioni sovrastatali e poteva diventare un modello per una strutturazione della globalizzazione multipolare. Poi, per tentare di rinviare un inevitabile crollo del capitalismo finanziario, si è accodata alle velleità USA di egemonia globale andando a confluire nell’Atlantismo. Una assurda pretesa di dominio globale basata su un potere finanziario solo virtuale e un potere militare reale. Per mantenere in piedi l’apparato finanziario, privo di consistenza reale, è necessario impedire l’esistenza di qualsiasi alternativa volta ad esprimere una qualche forma di autonomia. Questa la ragione di esistere dell’abnorme apparato militare USA, con costi insostenibili che richiedono la complicità dell’UE. Un progetto, che prevede dei dominatori e quindi dei dominati, destinato a suscitare la nascita di una coalizione contrapposta: ed è quanto sta avvenendo con lo scontro tra NATO e BRICS, anche se per ora è dissimulato nello scontro tra Russia e Ucraina.
L’Europa era nata per seguire una strada completamente diversa, non esprimeva la vocazione a diventare una potenza militare ma un’area di pace e benessere. Era una grande potenza civile che basava le sue relazioni internazionali sulla cooperazione e sulla forza di attrazione. L’UE era nata dalle ceneri della GM e si ispirava agli ideali della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Con la politica di coesione sociale cercava di diminuire le disuguaglianze, perché l’uguaglianza era un valore; la sicurezza, la qualità della vita, l’economia, l’ambiente, il capitale sociale, ne avevano un vantaggio. Il fatto che l’UE non abbia avuto un evoluzione verso una forma stato, federale o confederale, poteva rivelarsi un opportunità: non si prestava alla ricerca di una qualche forma di egemonia. Il modello europeo era in grado di sostituire progressivamente lo stato, senza vuoti di potere e senza incutere paure che potessero dare luogo a reazioni da richiedere interventi di tipo militare.
I popoli europei, se coesi all’interno del progetto originario UE, hanno già una dimensione in grado di resistere e di respingere le mire aggressive di chiunque tenti di imporle una qualche forma di egemonia. L’UE può strutturare relazioni con gli altri poli, esistenti o in via di formazione, che andranno a comporre la comunità globale multipolare, improntate al libero scambio economico e culturale senza ambizioni di dominio ma anche senza rassegnazione ad essere dominata. Ora siamo entrati in una fase dove è venuta a mancare la volontà politica di muoversi in questa direzione. L’Europa, quella dei politici di mestiere e dell’élite dominante, si accoda servilmente alla volontà egemonica della finanza globale, espressa attraverso la potenza militare USA. Insieme raggiungono una dimensione che può ancora consentire l’illusione di mantenere una relazione di dominio dell’Occidente sul resto del mondo. L’Occidente non rispecchia più un’identità di interessi tra una parte e l’altra dell’Atlantico, perché i motivi di divergenza superano quelli di convergenza. Come nella migliore tradizione anglosassone, questa divergenza viene dissimulata con la definizione inclusiva di “atlantismo”, dove la necessità di convergenza è solo in funzione dell’imposizione dell’unipolarismo come forma di dominio globale. Ma non è nell’interesse dei popoli europei e nemmeno del popolo americano. Lo è per i nababbi della finanza, che non si riconoscono in alcuna identità nazionale ma usano le istituzioni nazionali per i loro fini. L’UE deve trovare il coraggio di difendere la sua identità, che non è più riconducibile a una snaturata appartenenza occidentale. La dimensione politica dell’Occidente è stata sgretolata dal neoliberismo e dalla transizione del capitalismo da industriale a finanziario. È minacciato il livello di relazioni sociali che avevamo nel secolo scorso, uno dei più alti raggiunto dall’umanità, e lasciato cadere in disuso per l’illusione del facile arricchimento promesso dalle attività finanziarie.
Per chi deve subire la pressione dell’Occidente, i popoli depredati dei paesi in via di sviluppo, o per chi è un potenziale predestinato alle sue attenzioni, è naturale una qualche forma di ostilità nei confronti dei cittadini occidentali ritenuti i depositari della volontà di egemonia espressa attraverso i procedimenti democratici. In realtà il sistema avanza grazie a un’egemonia finanziaria e militare, del tutto indipendente dalla volontà di questi popoli. Anche i cittadini dei paesi europei sono sottoposti a una relazione di dominio. All’interno dell’Occidente, anche per noi occidentali europei, è difficile riconoscere un campione di democrazia negli USA che detengono tutti i record negativi di disuguaglianza sociale. Gli USA vogliono applicate le regole dei suprematisti (Wasp, Ku Klux Klan) sul resto del mondo, ovvero l’egemonia americana. Questo ci spinge a detestare gli USA, mentre il popolo americano è la prima vittima del potere occulto della finanza globale.
Per questo i cittadini occidentali che stanno diventando poveri, e poveri che lo sono sempre stati, se riusciranno a trovare un’espressione politica a questa comune condizione di dominati saranno ampiamente in grado di far approdare la comunità umana a una nuova fase caratterizzata dalla moderazione degli egoismi e dalla riscoperta dei valori che possono contribuire ad innalzare la qualità della vita. Aspirazione ad un futuro migliore nel rispetto per l’ambiente e per i principi universali di giustizia ed uguaglianza sono i valori che accomunano tutta l’umanità: la possibilità di percorsi diversi per raggiungere questi risultati è una ricchezza da preservare, un aspetto della biodiversità. Devono coesistere diversi modelli derivanti da tradizioni, storia ed esperienze diverse. Il modello UE è solo a titolo esemplificativo, non deve avere la pretesa di imporsi, ma rispettare l’esistenza di altri poli di attrazione.
Stiamo parlando di un modello UE che purtroppo non esiste più, ma che forse potrebbe essere recuperato cambiando i vertici. Da quando è iniziata la guerra tra Russia e Ucraina vige una strana forma di unanimità praticata per una scelta individuale della presidente della commissione. È l’unanimità dei politicanti di mestiere che non corrisponde alla volontà dei rispettivi popoli. La presidente ha ricevuto i complimenti del presidente americano per aver portato l’UE a coincidere con la NATO. Un salto all’indietro, ai tempi della guerra fredda. La NATO era nata per contrastare l’Unione Sovietica, ma una volta che questa aveva cessato di esistere doveva sciogliersi anche la NATO. L’UE, come vocazione, aveva quella di unificare il continente dall’Atlantico agli Urali eliminando secolari motivi di attrito come avvenuto tra Francia e Germania. Invece la NATO va ad attizzare i risentimenti dei paesi dell’Est, che possono anche essere comprensibili visto il periodo di dominio subito dall’Unione Sovietica. Si dovrebbe mettere in conto che era un sistema politico sbagliato, ma era subito anche dal popolo russo, forse ancor di più rispetto ai popoli satelliti. Non possono, questi paesi, pretendere di trascinare l’intera UE a uno scontro con la Russia, paese col quale ci sono un’infinità di interessi comuni che richiedono collaborazione e non conflittualità. Ci sono più interessi a collaborare con la Russia che con gli USA. Questo non significa che dobbiamo abbandonare gli USA, ma semplicemente che dobbiamo aiutarli a rinunciare al ruolo di eterni vincitori. Il ruolo di vincitore acquisito con la seconda guerra mondiale non può essere eterno, è già durato fin troppo, non rispecchia più la realtà. Per mantenere l’egemonia deve ricercare l’occasione di rivedersi attribuito nuovamente il ruolo di vincitore che richiede anche quello di vinto, quindi una nuova grande guerra. L’alternativa è riuscire a determinare un atterraggio morbido per la potenza egemone per reinserirla nella comunità globale multipolare rinunciando alle assurde pretese egemoniche.
L’Occidente non è più in grado di condurre operazioni militari coi piedi per terra, semplicemente perché non esistono giustificazioni per spingere i suoi giovani ad andare a morire, e questo grazie alla crescita culturale avvenuta nel secolo scorso. Di nuovo si tratta di sostituire gli ideali con la necessità economica. Se in una situazione di declino viene a mancare la speranza in un futuro migliore, tornano d’attualità i mercenari. Diventa un lavoro ben pagato, deresponsabilizzato, che si tenta di far passare per guerra mentre sono operazioni di terrorismo nei confronti di popolazioni che non hanno modo di difendersi. Sono interventi possibili solo in base a una tale disparità di mezzi che esula dalle regole della guerra, che significa permesso di uccidere giustificato dal rischio di essere ucciso. L’unico effetto pratico di questo terrorismo è stimolare una risposta, pure di terrorismo, nei confronti dei cittadini dei paesi occidentali, per scelte che anche questi devono subire, ma imputate alla loro volontà in quanto avallate dai loro rappresentanti eletti con procedimenti democratici. Anche questo potrebbe essere un effetto voluto dai dominatori, in quanto mantiene la divisione e la conflittualità tra i dominati. Ma, al di là dei bombardamenti incontrastabili per i paesi presi di mira, queste spedizioni si sono sempre rivelate fallimentari, in quanto non hanno mai raggiunto gli obiettivi prefissati. Il controllo del territorio, che riporta a una dimensione locale, richiede operazioni concrete, e non è alla portata dei mercenari. E allora si arriva a ingaggiare un’intera nazione, uno stato fallito, dove un potere autocratico e mercenario è in grado di costringere i suoi giovani ad andare al massacro per difendere la democrazia, in realtà per portare avanti il progetto di dominio unipolare dell’Occidente.
Dobbiamo sganciarci dalle velleità di una politica imperialista, e dirottare le risorse sprecate in un progetto irrealizzabile, nella strutturazione di una società più giusta. Cento anni fa era all’ordine del giorno una proposta di disarmo totale per stabilire relazioni pacifiche. Oggi siamo nella situazione dove una sola potenza spende in armamenti quanto il resto del mondo. Questa è più di una minaccia, è già una guerra non dichiarata, ma che consente di attribuirsi un’egemonia di fatto. L’anomalia in questa fase è data dalla fusione di due poli in uno per raggiungere una dimensione che giustifichi la pretesa di imporsi sul resto del mondo: l’atlantismo. Mentre è evidente la ragione della strategia americana, volta a mantenere il ruolo di potenza egemone e supportata da una spesa in armamenti pari a quella del resto del mondo, non è dato capire quali siano le ragioni che spingono l’UE a rinunciare a tutti i principi che le avevano dato origine per riscoprire l’uso della guerra nelle relazioni internazionali. Non ci sono ragioni che possano giustificare le istituzioni europee a rivendicare il potere di trascinare i loro popoli verso una guerra che diventerebbe nucleare e destinata ad essere combattuta principalmente sul territorio europeo.
È necessario riportare la politica estera, la scelta tra guerra e pace, nella competenza decisionale dei cittadini. Rinunciare al ruolo di gendarmi del mondo, anche se per interposta persona. Riconoscere la giusta importanza alla storia e alla geografia nella spartizione delle responsabilità di gestione del pianeta. È interesse anche di noi europei che in ogni parte del mondo ci siano realtà politiche istituzionalizzate in grado di contribuire a mantenere l’ordine internazionale. Il tutto all’interno di una regia globale da definire tra realtà che possano tendenzialmente dialogare alla pari. Questo è il mondo multipolare che proponiamo e che, se interpellati, vorrebbero i cittadini delle comunità locali per accedere alla dimensione globale. Ormai è evidente l’assurdità della posizione assunta dalla commissione, contraria agli interessi dei cittadini europei, Le istituzioni che si pretendono democratiche, nazionali o sovranazionali, devono tutelare gli interessi dei cittadini rappresentati: se non lo fanno, devono essere sostituite. Esiste una contraddizione nel modo di gestire le istituzioni europee. I delegati di queste istituzioni dovrebbero uscire da una selezione completamente diversa rispetto a quella dei delegati statali: se entrambi ruotano attorno ai soliti partiti, espressione di rigidi confini divenuti insignificanti, è come pretendere che i controllati siano anche controllori e il processo di integrazione non avanzerà mai dove può creare un fastidio ai delegati nazionali già complici dell’atlantismo. Un’UE che creda nei suoi valori, che abbia il coraggio di difenderli, che non aspiri a un ruolo di egemonia, ma che non accetti neanche altre egemonie su di sé, potrebbe essere ancora un faro di civiltà e un esempio da imitare anziché essere noi che inseguiamo gli altri in una corsa al ribasso.