Domenica 16 luglio 2023, Beata Vergine del Monte Carmelo
LA POLEMICA PER L’INNO DI ROMA
BEATRICE VENEZI: “CONTRO DI ME ATTACCHI STRUMENTALI, MAI DETTE COSE OMOFOBE O FASCISTE”
di Emanuele Schenone
La direttrice d’orchestra, che si è esibita a Lucca con i musicisti del Carlo Felice di Genova: “L’Inno di Roma? Nessuna provocazione. Bocelli lo ha eseguito davanti a Gentiloni e nessuno ha detto niente”.
Il giorno dopo l’ennesima polemica, nata a margine delle manifestazioni per il centenario della morte di Giacomo Puccini, Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra e consigliere per la musica del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, fa il bilancio, con un po’ di amarezza, di queste ultime giornate di fuoco, iniziate con il caso di Nizza, esploso in seguito alla notizia che l’artista dirigerà il concerto di Capodanno della filarmonica locale. “Il problema vero” dice Venezi “è chi dà credito e spazio a certe notizie incitando ulteriormente all’odio, perché poi è questo quello che succede alla fine”.
La sua decisione di eseguire l’Inno di Roma è stata oggetto di critiche a sfondo politico: come risponde?
Questo è un brano scritto nel 1919 per celebrare la fine della Grande guerra, non ha nessun tipo di riferimento ideologico, io credo che se si vuol fare un buon servizio alla musica di Puccini, si deve proporre questo brano, così come altri che sono stati etichettati dalla storia successiva e che andrebbero ricontestualizzati. La Germania in questo ci può dare una lezione, la musica di Wagner, che per molti anni è stata ostracizzata perché utilizzata nel periodo nazista, oggi è nella programmazione di tutti i teatri tedeschi: c’è stata una riconciliazione con la memoria storica.
La sua scelta è stata una “provocazione”? Sapeva che avrebbe suscitato determinate reazioni?
No, nessuna provocazione, solo la volontà di proporre un brano veramente bello, che non fa altro che cantare l’amore di patria, valore in cui non vedo niente di male. Ed è un brano che ha subìto un destino di oblio a causa di un pregiudizio. Devo dire che in questa mia scelta ho avuto pieno sostegno da parte del sindaco di Lucca Mario Pardini. Certo, non sapevo che per qualcun altro, invece, il brano potesse rappresentare un problema.
Le è stato chiesto di non eseguirlo?
Sì.
Da quei membri del Comitato promotore delle celebrazioni pucciniane che non si sono presentati alla serata?
Sì.
Come giudica tutto questo?
Beh mi fa un po’ ridere se penso che qualche anno fa questo brano è stato eseguito da Andrea Bocelli, se non ricordo male alla presenza di Gentiloni e Franceschini, e nessuno ha detto niente. Non capisco da dove nasca la polemica.
Si sente vittima di una campagna negativa che alimenta ostilità nei suoi confronti?
Sì, basti pensare che la notizia dei contestatori di Nizza – riportata per prima da La Repubblica – riguardava uno sparuto gruppetto di una ventina di persone e dare loro credito contribuisce ad alimentare un brutto clima.
È un’ostilità dovuta alla sua vicinanza all’attuale governo?
In realtà esiste da tempo, perché io non mi sono mai allineata, ci tengo a precisare che non ho mai preso una tessera di partito, ma al di là della questione politica non ho mai ceduto al pensiero unico. Insomma, ho sempre nuotato controcorrente, anche se è piuttosto faticoso. Però lo faccio per le cose in cui credo e su cui vorrei avere un confronto aperto, invece nel nostro Paese la dialettica assume sempre toni poco democratici.
Si riconosce in quest’etichetta di “neofascista” che è le è stata appiccicata addosso?
Le chiedo: ho mai fatto una dichiarazione che possa andare in quel senso? Ho mai fatto dichiarazioni omofobe o a favore di una qualche forma di totalitarismo? Anzi, ho sempre pronunciato parole di massima libertà, a sostegno della libertà della cultura. Per questo sono allibita dall’acredine con cui vengo attaccata e dall’uso scellerato di una terminologia che non ha ragione di esistere.
Si riferisce anche alle polemiche d’Oltralpe?
Certo, definire neofascista questo governo democraticamente eletto, e a furor di popolo, mi sembra assurdo. Penso che questo tipo di comunicazione stia sfuggendo di mano, c’è un uso di termini assolutamente improprio e una veemenza, una bassezza che mi colpisce veramente.
Il nostro Paese ha un problema a confrontarsi con quella parte della sua storia?
Sì, perché se ancora si continua a parlare di fascismo e neofascismo per qualsiasi cosa è evidente che c’è un problema. Questo potrebbe essere un buon momento per riconciliarci con la nostra memoria storica, così come è avvenuto in quasi tutti i Paesi, quanto meno quelli europei. Non è più quel tempo, quello dell’ideologia, bisogna uscire da questi cliché che rischiano di limitare il pensiero a dei preconcetti.
Ha ricevuto messaggi di solidarietà?
Massima solidarietà da tutti, comprese persone di altro credo politico che si rendono conto della sterilità della polemica e che credono che gli artisti debbano essere lasciati liberi di esprimersi.
Cambierà in qualcosa d’ora in poi?
Continuerò a difendere l’idea di arte libera da qualsiasi ingerenza. Perché censurare un artista solo sulla base del suo pensiero è discriminatorio ed è un reato. Ci si affanna tanto a sostenere una società che non discrimini nessuno, com’è giusto che sia, e allora questo dovrebbe valere anche per le idee, per le opinioni.
Pensa che ci sia disparità di trattamento, a seconda che le idee vengano manifestate da persone vicine a una parte politica, piuttosto che all’altra?
La reazione di questi giorni è già una risposta.
Quindi sì?
Sì. Fortunatamente questa operazione contro di me si è poi rivelata un boomerang per chi l’ha lanciata e ha solo messo in evidenza l’assurdità di certe posizioni che già erano latenti ma adesso sono sotto gli occhi di tutti: cioè il pensiero di un circolo ristretto di persone che credono che l’arte debba sottostare a un’ideologia o a una considerazione di parte.
(Il Secolo XIX, 13 luglio 2023)