Domenica 23 luglio 2023, Santa Brigida di Svezia
E SE BUTTASSIMO A MARE LE NAVI AMERICANE?
“FUORI L’ITALIA DALLA NATO”? PARLIAMONE
di Giuseppe Castoldi
Se non proprio un immediato passo indietro, facciamo almeno una pausa di riflessione.
“Fuori la Nato dall’Italia, fuori l’Italia dalla Nato!” Questo era uno degli slogan in voga negli anni ’70 nella sinistra, soprattutto in quella extraparlamentare che vedeva nell’“imperialismo amerikano” uno dei peggiori nemici. Oggi viviamo in una situazione completamente mutata, comunque penso che al di là delle estremizzazioni e dei preconcetti ideologici (di un tempo ma talvolta anche di oggi), molti elementi delle motivazioni “antiatlantiste” siano sicuramente validi e condivisibili.
Sin dall’inizio l’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica suscitò contrarietà e perplessità, da parte non solo dell’area politica social-comunista ma anche di esponenti della sinistra democristiana, Dossetti in particolare.
Se la partecipazione del nostro paese alla Nato – che in Italia avrebbe poi impiantato diverse basi – sia stata una cosa positiva o negativa è una questione tutta da discutere; sta di fatto che altri Paesi europei che non vi aderirono (né all’inizio né successivamente) non videro affatto compromessi né il loro sviluppo né la loro sicurezza, indipendenza e stabilità democratica.
Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il tradizionale nemico proprio per contrastare il quale la NATO si era costituita, sembrava proprio che l’Alleanza fosse diventata inutile ed obsoleta, ma lo sviluppo degli eventi dell’ultimo ventennio ha fatto risorgere l’idea del “nemico” di cui abbiamo bisogno (che ora si chiama Russia e non più URSS) e ha ridato slancio e motivazione ad un’organizzazione che ancora non molto tempo fa il presidente francese Macron ebbe a denunciare la condizione di “morte cerebrale”.
La guerra in Ucraina, un conflitto largamente prevedibile ed evitabile (e la colpa non è esclusivamente della Russia, che pure ha responsabilità gravissime), ha spinto anche Paesi tradizionalmente neutrali come Finlandia e Svezia a voler entrare nella compagine atlantica e si parla chiaramente di una futura inclusione della stessa Ucraina, sia pure, come dice Biden, “a guerra finita”. (Aggiungo a questo proposito: a guerra finita e a pace fatta perché non includervi allora anche la Russia?)
Personalmente ritengo che il rafforzamento dell’atlantismo sia contrario alle prospettive di pace in Europa e addirittura costituisca una pericolosa minaccia per la sicurezza. Le ragioni della mia contrarietà le ho già espresse in altri post e non sto qui a ripetermi, limitandomi ad un riassunto per punti.
Fondamentalmente dicevo: l’Alleanza Atlantica è uno strumento per assicurare l’egemonia USA sull’Occidente emarginando la Russia dalla scena europea (“America is back”, ha detto Biden) – gli USA non hanno alcun titolo né politico né giuridico né culturale né morale per ambire ad esercitare un simile ruolo egemone – il conflitto Occidente-Russia in cui la Nato ha un ruolo fondamentale è anche funzionale ad una “guerra” economica tendente, da parte occidentale, ad assumere il controllo delle notevoli risorse naturali presenti sul territorio russo e va contro l’auspicabile (per me) progetto di una pacifica “integrazione eurasiatica” – la concezione dei blocchi contrapposti va definitivamente superata per lasciare il posto ad un sistema globale di sicurezza guidato dalle Nazioni Unite (grandi assenti nella crisi ucraina!), il cui ruolo va rivisto e potenziato anche con l’appoggio dell’Occidente, che non dovrà più “fare da sé” – la contrapposizione politico-militare tra “potenze” rivali sta innescando una pericolosa corsa al riarmo e aumenta il rischio di uno scontro rovinoso in cui entrino in campo anche le armi nucleari.
In forza di tali motivazioni dichiaro apertamente la mia posizione “antiatlantista” (o meglio, anti-Nato) pur confermando, nel contempo, la mia adesione al Partito Democratico (rinnovata anche per il 2023) nei cui confronti ho tuttavia espresso il mio dissenso riguardo alla posizione tenuta sulla guerra in Ucraina. Mi auguro che nel Partito, dove le voci critiche di dissenso non mancano, per quanto decisamente minoritarie, si rafforzi una “corrente pacifista” capace di farsi sentire e di esercitare una certa influenza.
Vorrei fare una precisazione: ritengo sicuramente positiva una certa forma di “atlantismo”, intesa come collaborazione in diversi campi con gli USA, e soprattutto con i settori civilmente più progrediti ed autenticamente democratici e progressisti della società americana, da portare avanti però contemporaneamente all’“euroasiatismo” (che comprende l’amicizia con la Russia, tenendo presente che le classi dirigenti passano ma la Russia resta), al “terzomondismo” e a una generale politica di tendenziale amicizia e cooperazione, per quanto possibile, con tutti i popoli e le nazioni del mondo. Non si tratta quindi di girare le spalle all’Atlantico, ma solo di guardare anche ad Est e a Sud, senza nessuna “conventio ad excludendum”.
Tornando alle motivazioni di contrarietà a proseguire la partecipazione dell’Italia alla Nato, intendo ora soffermarmi in particolare sull’ultima tra quelle precedentemente elencate: la corsa al riarmo ed il rischio nucleare.
Che si voglia aumentare la spesa militare dei Paesi membri al 2% del PIL (e anche l’Italia si è detta d’accordo) è una cosa scandalosa e inaccettabile, in quanto le risorse destinate agli armamenti sono sottratte alle sempre carenti risorse per i servizi e per le necessità civili (sanità, welfare, tutela dell’ambiente, ecc.). Inoltre la disponibilità all’uso di armi nucleari è una cosa profondamente immorale, da rifiutare con decisione, oltre che pericolosa per la nostra sicurezza, dato che ci rende un bersaglio per il “nemico”.
Più volte un leader mondiale di grande statura etica come Papa Francesco ha evidenziato l’inaccettabilità non solo dell’uso ma anche della semplice detenzione (con ovvia disponibilità all’uso) di armi di sterminio di massa come le bombe nucleari, presenti anche sul territorio italiano (pare che ce ne siano più di 80) sotto il controllo americano. È vero che la politica è un ambito laico che deve ben guardarsi da certe commistioni con la religione (e questo lo sostengo con decisione da laico, sia pure di innegabile formazione cattolica), ma dobbiamo riconoscere che oggi il Papa, elogiato da molti ma seguito da pochi, è uno dei pochi a dire certe cose che la politica tranquillamente ignora.
La prima cosa da fare dovrebbe essere l’impegno per la completa ed immediata denuclearizzazione, vale a dire per la rimozione dalle basi italiane di tutti gli ordigni atomici presenti. A questo si dovrebbe associare l’indisponibilità a condividere qualsiasi strategia che preveda l’uso della forza nucleare da parte di qualsiasi alleanza, oggi della Nato domani del futuro “esercito europeo” di cui ogni tanto si parla, nel quale sarebbero presenti le armi atomiche “autoctone” della Francia e forse anche della Gran Bretagna. Non ci basta che le bombe atomiche dovessero venir rimosse dall’Italia vengano ricollocate in altri Paesi, magari in Polonia, la cosa fondamentale ed irrinunciabile è il tirarci fuori completamente dalla logica della guerra nucleare.
È possibile continuare una partecipazione alla Nato in forma “denuclearizzata”? Ne dubito, e anche gli alleati troverebbero questo assai problematico e difficilmente accettabile. Allora tanto vale pensare ad una prospettiva di “Italexit”, di separazione consensuale non immediata ma da prevedere in un arco temporale non brevissimo ma neppure eccessivamente lungo (cinque anni? sette?).
Anche la semplice denuclearizzazione senz’altro destabilizzerebbe la Nato, che si vedrebbe indebolita sul fronte sud, e la possibilità di un’eventuale fuoriuscita dall’Organizzazione militare potrebbe indurre a sua volta qualche centro di potere d’Oltreoceano, in quella realtà sfuggente ed oscura che qualcuno chiama “deep State”, a promuovere azioni destabilizzanti per il nostro Paese, come attacchi finanziari speculativi, disordini sociali o la ripresa del terrorismo “islamico”, che da qualche anno appare un po’ silenziato.
Consapevoli di tutti i rischi e le difficoltà, dobbiamo impegnarci a portare in nostro Paese fuori dalla logica della guerra e dello scontro armato (oggi o domani con la Russia, dopodomani con la Cina), esigendo risposte precise dalla politica, dai Partiti, dato che le petizioni popolari e gli appelli di gruppi o associazioni, per quanto sottoscritti da esponenti autorevoli, in fondo lasciano il tempo che trovano.
Certo, è fondamentale riuscire a mobilitare innanzitutto l’opinione pubblica, che oggi sulle tematiche della guerra, degli armamenti e del pericolo nucleare appare un po’ tiepida e non ha ancora sviluppato una forte sensibilità come invece è avvenuto per le tematiche ambientali.
Un primo passo verso la denuclearizzazione nazionale potrebbe essere la simbolica dichiarazione di denuclearizzazione della Lombardia, a partire dalla Città metropolitana di Milano, una regione che ospita armi nucleari (nella base di Ghedi – BS) e che in caso di conflitto diventerebbe uno degli obiettivi prioritari da distruggere. Di questa iniziativa, che qualche gruppo si appresta ad avviare, spero di poter parlare prossimamente.
In conclusione: “Fuori l’Italia dalla Nato”? Da questa Nato sì, mi vien voglia di dire, rendendomi tuttavia conto che certi processi non possono essere portati avanti avventatamente, ma richiedono gradualità e prudenza. Se le cose non cambiano, si potrebbe fare, se non proprio un passo indietro, almeno uno stop, disimpegnandosi parzialmente su alcuni fronti che ho già sopra accennato (l’aumento della spesa per gli armamenti, la fornitura di armi all’Ucraina in assenza di iniziative diplomatiche e di peace-keeping condotte dall’ONU, la partecipazione a manovre militari sul fronte orientale, la presenza di armi di sterminio di massa americane in Italia).
Il dibattito è aperto. Vorrei sapere cosa hanno da dire i Partiti ed in primo luogo il PD.