Domenica 23 luglio 2023, Santa Brigida di Svezia
ARTE, ARTE E ANCORA ARTE
ALLA SCOPERTA DI UN NUOVO RENOIR
di Eleonora Genovesi
Prima parte
“Una mattina, siccome uno di noi era senza nero, si servì del blu: era nato l’impressionismo” (Pierre-Auguste Renoir)
Dire Renoir equivale a dire Impressionismo… Renoir quello del Bal du Moulin de la Galette, quello della Colazione dei Canottieri, quello de La Grenouillère, solo per citare alcune delle sue opere. O per lo meno questo è ciò che intende la maggior parte delle persone.
Pierre-Auguste Renoir (Limoges 25 febbraio 1841 – Cagnes-sur-Mer 3 dicembre 1919) è sicuramente, ancora oggi, uno dei pittori più amati dell’Ottocento per la sua capacità di mostrare ed eternare nelle tele tutta la joie de vivre di fine Ottocento, di catturare la luce come solo un pittore impressionista riesce a fare.
Ma Renoir è molto di più di tutto questo poiché riuscirà a superare i limiti dello stile Impressionista come ci spiegherà la mostra dal titolo: “Renoir l’alba di un nuovo classicismo”, tenutasi a Palazzo Roverella a Rovigo dal 25 febbraio al 25 giugno di quest’anno.
Si tratta di una mostra estremamente originale che indaga il periodo successivo all’esperienza impressionista dell’artista, quando, Renoir in preda ad una forte crisi creativa, si recò in viaggio in Italia. Correva l’anno 1881 quando Pierre-Auguste Renoir intraprese il suo tour italiano, partendo da Venezia dove rimase profondamente colpito dalle opere di Carpaccio e Tiepolo, per poi proseguire per Padova, Firenze, Roma, dove rimase letteralmente folgorato dalle opere di Raffaello asserendo: “Sono andato a vedere le opere di Raffaello a Roma: sono molto belle e avrei dovuto vederle tanto tempo prima. Sono piene di erudizione e di saggezza. Raffaello non cercava, come me, le cose impossibili, ma è bello”; e poi la Campania dove ebbe modo di ammirare le pitture murali di Pompei ed infine la Sicilia.
Affascinato dai maestri rinascimentali fiorentini, stupito dalle pitture pompeiane, inebriato dalla bellezza per l’isola di Capri, travolto dalla potenza della luce mediterranea, il viaggio in Italia segnò per Renoir l’alba di un nuovo stile.
Il tour italiano portò l’artista ad operare una rivoluzione creativa la cui punta di diamante sarà data dall’abbandono della tecnica e della poetica impressioniste.
La joie de vivre delle scene di svago della borghesia parigina, che caratterizza il suo periodo impressionista (anni settanta), viene abbandonata da Renoir per lasciare spazio ad uno stile âcre, acre, che unirà la lezione di Raffaello con quella di Ingres. Questo cambio di rotta si esprimerà attraverso un segno nitido, che insieme al recupero del senso del volume e della monumentalità, darà luogo ad una personalissima e moderna forma di classicismo, come ci preannuncia il titolo della mostra.
Il classicismo di Renoir lo ravviseremo nella plasticità delle sue figure. I suoi nudi non saranno più aggraziati e vezzosi, ma acquisteranno una nuova monumentalità in omaggio a Raffaello. Tutto questo avveniva mentre nel contesto artistico dell’epoca nascevano il Postimpressionismo, da un lato, ed il Simbolismo dall’altro.
Ma Renoir imbocca una direzione ostinatamente contraria, evolvendo verso un classicismo che definito neorinascimentale, nel quale ritroviamo, sia i toni caldi e scintillanti di un Rubens, che l’omaggio ad Ingres ed ai maestri italiani del passato. Ma il moderno stile rinascimentale di Renoir non è una mera imitazione del passato, poiché egli coniuga il tutto con un’iconografia classicheggiante e mitica estremamente personale.
La moderna classicità di Renoir fa di lui il precursore di quel “richiamo all’ordine” che avrebbe caratterizzato l’arte fra le due guerre.
La mostra, articolata in 10 sezioni che riuniscono ben 47 opere di Renoir provenienti da musei francesi, austriaci, svizzeri, tedeschi, danesi, si concentra sulla seconda fase della carriera dell’artista, ponendo a confronto le sue opere con quelle di artisti del passato come: Carpaccio, Tiziano, Romanino, Rubens, Tiepolo, Ingres, nonché suoi coevi come Boldini, De Nittis, Zandomeneghi e artisti di generazioni successive come De Chirico, De Pisis e Carrà tra gli altri.
Il percorso museale segue l’evoluzione dello stile e dell’arte di Renoir dal periodo impressionista alle opere della sua maturità, comprese quelle realizzate a Cagnes sur Mer, dove era stato costretto a trasferirsi a causa di una forte artrite reumatoide che lo costrinse a dipingere legando i pennelli alle mani. Allora siete pronti a partire per questa nuova avventura nel mondo dell’Arte?
Iniziamo con la Prima Sezione della mostra dal titolo: IL RENOIR IMPRESSIONISTA che costituisce la necessaria premessa alla svolta creativa operata dall’artista.
E qui bisogna fermarsi un attimo. In principio fu l’Impressionismo, la nuova corrente pittorica francese, la cui nascita la si fa coincidere con il 15 aprile 1874, data in cui presso lo studio del fotografo Felix Nadar in Boulevard de Capucines 35 a Parigi, si inaugura la prima mostra degli Impressionisti alla quale parteciparono i fondatori del movimento: Renoir insieme a Claude Monet, Edgar Degas e Alfred Sisley. Da allora l’inaugurazione della mostra viene convenzionalmente considerata la nascita ufficiale dell’Impressionismo.
L’avventura impressionista si concluse nel giro di pochi anni, orientativamente già nel 1886. Il termine Impressionismo deriva dal desiderio degli artisti di riprodurre l’aspetto mutevole delle cose, l’impressione, appunto, originata sull’occhio dalla realtà fenomenica. E questa aspirazione a bloccare sulla tela l’attimo fuggente è e resterà la connotazione fondamentale di questo movimento, interessato all’aspetto visivo-emozionale e non a quello politico o di denuncia sociale, come nel Realismo satirico di Daumier. Di questa prima fase della produzione di Renoir, la fase impressionista appunto, troviamo in mostra dei capolavori come Après le bain e lo studio per il celeberrimo Le Moulin de la Galette, opere in cui l’artista focalizza il suo interesse su 2 aspetti: quello degli effetti della luce, ottenuti usando toni scuri e sovrapponendo macchie di pigmento, e quello del movimento frenetico della folla brulicante ottenuto realizzando le figure con linee oblique e mosse. E sarà proprio un’accurata gestione del fattore luce a conferire un forte movimento alle figure. Come? I raggi di luce passando tra le fronde degli alberi vengono frammentati e colpendo le figure come fossero dei flash ne accentuano il senso di movimento. Come già detto, tra gli obiettivi di questa interessantissima mostra rodigina, vi è anche quello di evidenziare il forte legame tra Renoir e l’Italia attraverso il confronto tra le opere dell’artista francese e quelle di alcuni artisti italiani, contemporanei o appartenenti a generazioni successive.
E qui si entra nella Seconda Sezione della mostra denominata: Gli italiani attivi a Parigi durante la stagione impressionista. Tra gli artisti coevi di Renoir, presenti a Parigi durante la parabola dell’Impressionismo, troviamo l’emiliano Giovanni Boldini che diviene uno dei protagonisti della vita mondana della Ville-Lumière, come si può vedere nella sua opera Carrozza a Versailles del 1873 che rispecchia la mondanità dell’epoca, il pugliese Giuseppe De Nittis che si avvicina all’Impressionismo a livello di tematiche, tecnica pittorica e anche atmosfere come ci mostrano Il mazzo di giunchiglie del 1880 e L’amaca del 1884 e, infine il veneziano Federico Zandomeneghi, delicato interprete dei soggetti femminili come si può vedere nella Donna con le spalle nude del 1895, in cui i caldi effetti luministici sottolineano la dolcezza del viso della giovane donna. Tra gli artisti italiani contemporanei di Renoir, Medardo Rosso è un caso a sé. Giunto a Parigi nel 1889 egli respira un clima diverso da quello degli anni precedenti e questo gli consente di dare vita ad un nuovo stile scultoreo caratterizzato da una straordinaria originalità. I contorni sfaldati ravvisabili nell’opera La Portinaia del 1883 si amplificano nella scultura Enfant au soleil (Bambino al sole) realizzata tra il 1891 ed il 1892, quasi ad evocare l’apparizione delle figure. E questo lo renderà agli occhi di molti il più fedele corrispettivo scultoreo della pittura impressionista.
Ed eccoci arrivati alla Terza Sezione intitolata I PRIMI RIPENSAMENTI DI RENOIR SULL’IMPRESSIONISMO che coincide con il tour italiano dell’artista compiuto nel biennio 1881-1882, tour che costituirà un momento di svolta nella carriera artistica di Renoir dando inizio all’evoluzione della sua pittura. Ebbene questa rivoluzione creativa che lo porterà ad abbandonare per sempre sia la tecnica che la poetica impressionista la notiamo già in un’opera del 1882, La baigneuse blonde la cui modella è Aline Charigot, compagna e poi moglie dell’artista dal 1890, che in più occasioni posa per lui, mentre lo sfondo allude, a detta dello stesso Renoir, alla baia di Napoli. La bellissima Aline è ritratta come una sensuale Venere al bagno, priva di veli, con i capelli rossi al vento, dalle forme morbide e con uno sguardo che pare assorto in un sogno. Se gli effetti chiaroscurali presenti nel dipinto sono il risultato della scoperta da parte di Renoir dell’arte antica e la nuova plasticità deriva dalla presa visione degli affreschi di Raffaello ammirati nella Villa Farnesina a Roma, la maggior nitidezza del tratto insieme ad una maggiore attenzione alle volumetrie ed alla monumentalità delle figure sono riprese dalla lezione di Jean-Auguste-Dominique Ingres, pittore molto ammirato da Renoir, di cui troviamo nella mostra 2 grafiti su carta: Un jeune garçon, ritratto a mezza figura di un fanciullo con le braccia conserte su un cuscino, e Marioncia, ritratto di una ragazza italiana dal nome Mariuccia.
Ed a testimoniare l’impatto di Ingres su Renoir troviamo due matite su carta dell’artista di cui mi colpisce in particolar modo quella dal titolo Jeune fille en-demi figure vers droit in cui è ritratta una giovane donna vista di profilo dal busto in su, che trovo di un’eleganza assoluta nella sua nitidezza lineare.
Se nella fase impressionista di Renoir la linea era assolutamente bandita a favore del colore, come sancito dalla pittura impressionista, dopo il viaggio in Italia e memore della lezione di Jean-Auguste-Dominique Ingres, Renoir si impegnerà in una sorta di apprendistato nell’uso della linea esercitandosi in opere su carta realizzate a matita, come quelle presenti in mostra. Ma come già detto la grandezza di Renoir consiste nell’essere riuscito a compiere una sintesi di queste due fonti dando luogo ad una personalissima accezione di classicismo.
Nel 1883 Renoir ebbe modo di leggere il Libro dell’Arte scritto dal pittore fiorentino Cennino Cennini, allievo di Agnolo Gaddi, tra il 1390 ed il 1437. Si tratta di uno dei più importanti trattati sulla pittura nell’arte italiana e in quella europea. È il primo trattato in lingua volgare (un linguaggio misto tra toscano e veneto) in cui l’artista-intellettuale Cennino Cennini fornisce informazioni su pigmenti e pennelli, sulle tecniche della pittura e dell’affresco, dando anche consigli e “trucchi” del mestiere. Pubblicato per la prima volta a Londra nel 1844, successivamente, nel 1858, venne tradotto in francese dal pittore Victor Mottez, allievo di Ingres. E Renoir lesse l’edizione francese prendendo spunto per sperimentazioni con colori, leganti e pennelli che gli consentissero di riflettere sulla tecnica pittorica.
La lettura del testo di Cennini costituirà per Renoir un’ulteriore tappa di allontanamento dalla poetica impressionista. E in mostra, insieme alla ristampa del 1940 del libro di Cennini troviamo il bellissimo dipinto di Vittore Carpaccio Santa Caterina d’Alessandria e Santa Dorotea del 1485-1490, poi la Madonna col Bambino di Tiziano Vecellio del 1560 circa e l’Abramo e gli Angeli di Gianbattista Tiepolo del 1743, artisti la cui opera avrà un forte peso nel cambio di rotta di Renoir.
Un Renoir che nelle sue lettere parla della bellezza dei luoghi visitati. E qui lascio la parola a lui: “Ho deciso improvvisamente di partire e sono stato preso dalla smania di vedere Raffaello. Sto dunque per divorare la mia Italia. Ho visto la bella Venezia, ecc. ecc. Inizio da nord e percorrerò tutto lo stivale, già che ci sono. […] Per i musei andate al Louvre. Per il Veronese andate al Louvre. Resta Tiepolo che non conoscevo. […] Venezia è bellissima, bellissima la laguna, quando il tempo è bello. Stupendi San Marco, Palazzo Ducale, stupendo il resto”.
In quel divorare è racchiusa tutta la frenesia di Renoir, oramai quarantenne, di conoscere il nuovo. Tra visite di chiese, palazzi e gallerie, l’artista scopre, come scrive al curatore “il segno netto e i colori brillanti e corposi di Vittore Carpaccio, la magnificenza di Tintoretto e, appunto, le vaporosità terse e luminose di Gian Battista Tiepolo”.
Proseguiamo la visita entrando nella Quarta Sezione dal titolo UN MODERNO CLASSICISMO: IL MITO ANTICO in cui si indaga il moderno stile neorinascimentale di Renoir coniugato con una monumentalità di stampo classicheggiante. L’artista resta affascinato dalla tragedia antica, realizzando delle prove in stile pompeiano di alcuni personaggi della mitologia greca, che saranno acquistate successivamente dal grande Picasso come nello splendido olio su tela dal titolo Mythologie, personnages de la tragédie antique (Mitologia, personaggi di tragedia antica) del 1896. Ne resto affascinata perché è come se vedessi delle moderne pitture pompeiane. I personaggi della tragedia antica si dispongono sulla superficie della tela secondo lo schema della pittura ad encausto pompeiana. Molto bella anche la cromia con la delicatezza dei suoi verdi e dei suoi marroni.
Altre reminiscenze del mito greco le si ritrovano in 2 acqueforti dedicate a Scamandro, fiume ubicato vicino Troia ma anche dio fluviale di cui Omero parla nell’Iliade, contraddistinte da forme morbide e linee nette.
Quello che ho davanti a me è davvero un altro Renoir rispetto al più noto Renoir impressionista.
Questa monumentalità classicheggiante è splendidamente rappresentata dalla sua Petite Venus Debout (Piccola Venere in piedi), una scultura in bronzo del 1913 che raffigura la Venere con in mano il pomo della vittoria assegnatole da Paride per la sua bellezza. La posa armoniosa e proporzionata della figura, le sue forme morbide, la levigatezza del bronzo sono l’espressione del nuovo classicismo di Renoir, nuovo, non solo perché è un girare pagina a livello personale, ma soprattutto perché la serenità e l’armoniosità della statua sono declinate in modo moderno. E la Petite Venus dialoga con la Ragazza Lombarda, probabilmente di fine anni trenta, realizzata dallo scultore Eros Pellini (1909-1993), con La Giovinetta del 1938 di Marino Marini e con Le Amazzoni Spaventate di Arturo Martini (1889-1947), figure decisamente più slanciate delle altre. Questo dialogo muto ci dice come la lezione del moderno classicismo di Renoir sia stata assimilata da artisti italiani.
Il percorso della mostra prosegue con la Sezione 5 intitolata LE BAGNANTI che tratta il tema delle Bagnanti, appunto, e più in generale dei Nudi femminili. Si inizia con dei Disegni, grafiti su carta, sanguigna, strumenti ottimali per realizzare studi di corpi. Molto bella La Bagneuse per la morbidezza della linea e lo sfumato. Da qui ai dipinti il passo è breve. Ecco balzare dinanzi ai miei occhi dei bellissimi quadri in cui Renoir, tra il 1890 ed il 1900, affronta il tema delle Bagnanti: la Baigneuse s’arrangeant les cheveux (1890 circa) caratterizzata da una pennellata morbida e allungata, dai colori madreperlacei che ci rimandano ad un periodo precedente; il Nu au fauteuil (Nudo sulla sedia) del 1900, che ritrae una giovane donna vista di spalle seduta su una poltrona, che evoca il clima domestico della borghesia.
La nuova plasticità materica dei corpi femminili di queste opere, capace di fondere la luce e la forma nel colore, ci mostra il classicismo cui è giunto Renoir. Ma è nella Femme s’essuyant (Donna che si asciuga) del 1912-1914, che la moderna classicità di Renoir ci appare in modo davvero lampante, una classicità che si rifà a Rubens, anticipando, nel mentre intorno nascono le Avanguardie, quel rappel à l’ordre, richiamo all’ordine a cui risponderanno molti artisti delle epoche successive.
Le Bagnanti dell’ormai ex-impressionista Renoir, in particolar modo la Femme s’essuyant, ci mostrano come l’artista abbia guardato al passato, alla pittura del fiammingo Rubens, di cui si può ammirare in mostra il dipinto del 1622 dal titolo Le Ninfe incoronano la Dea dell’Abbondanza.
La plasticità e la forma delle ninfe che incoronano la dea, la carne che si piega, le ritroviamo nelle figure femminili del nuovo Renoir che con lo sguardo rivolto a Rubens intesse un coerente dialogo tra i due dipinti. Al termine delle sperimentazioni mitologiche e classiche fatte da Renoir la mostra calamita l’attenzione del visitatore sull’Arianna a Nasso del 1932 di Giorgio De Chirico e sul Frammento di composizione del meno noto Ferruccio Ferrazzi. Si tratta di opere che completano il dialogo iniziato tra Rubens e Renoir facendoci capire come questo straordinario artista francese, ahimè troppo spesso confinato con leggerezza nella sola stagione impressionista, riesca a dar vita ad una moderna classicità, da un lato guardando al passato, e dall’altro, seppur inconsapevolmente, insegnando ai posteri. Altro che involuzione artistica: Pierre-Auguste Renoir opera una vera e propria rivoluzione artistica che anticipa i tempi.
Ed ecco aprirsi la porta della SEZIONE 6 dedicata al PAESAGGIO. Ma di questo ne parleremo la prossima volta.
“Ogni tanto, bisogna tentare cose superiori alle proprie forze” (Pierre August Renoir)