Minima Cardiniana 430/1

Domenica 3 settembre 2023, San Gregorio Magno

EDITORIALE
HERI DICEBAMUS…
Carissimi,
a dire la verità, non so a chi sto parlando. Forse siete i soliti quattro gatti… Ricordate Ivan Della Mea, negli Anni Settanta, al tempo che per me era quello delle disorientate speranze? “La cosa ch’è più triste / in tempi come questi / è di veder tra voi / le solite facce… / Ma forse finalmente / qualcosa sta cambiando / perché dai grandi fatti / è nata una lezione: / Buttiamo a mare le basi americane / smettiamo di fare da spalla agi assassini…”.
È passato mezzo secolo, e noi allora quasi ragazzi siamo sempre qua: quelli almeno che l’usura del tempo ha risparmiato. Allora la nostra Italia era un piccolo paese che aveva perduto la guerra ed era inserita nel bipolarismo della “guerra fredda” ed era guidata da un manipolo di gerontosauri. Oggi, il progresso compiuto è sotto gli occhi di tutti: l’Italia è divenuta la punta di diamante del sistema USA-NATO, siamo i più aggressivi e grintuti fra gli ascari di quel sistema che ancora s’illude di fermare il tempo. È palese che ormai il tempo dell’egemonia statunitense è finito, che siamo in un periodo di complesso, pericolosissimo ma irreversibile multilateralismo, noi però andiamo avanti per la nostra strada. L’endorsement del segretario di stato di Washington alla nostra First Lady è totale e incondizionato, anche se lei sa benissimo di esser protetta da una cortina di nulla: se sgarra, ricomincia il tifone dell’antifascismo puro-e-duro, quello che infiamma i media e le piazze, “spontaneamente” dirette dai servizi, che possono travolgere tutto come a Genova nel 1960.
E allora avanti, in questo paese che nei momenti di crisi “serra” sempre al centro, a differenza di quel che al momento opportuno hanno sempre fatto l’Inghilterra, le colonie britanniche del Nuovo Mondo, la Francia, la Russia, il Messico, la Germania, la Spagna, la Cina… Tutti pronti a spaccarsi fra destra e sinistra quando si tratta di scegliere e di andar alla rovina. Il Bel Paese, no: dal 1848 al 1860 al 1915 al 1922 al 1946 al 1993 eccetera, nei momenti della scelta gli italiani, guidati dalle loro coriacee maggioranze silenziose, “serrano al centro”. Figurarsi adesso, con un paese caratterizzato dal dibattito politico tra una sinistra d’imbecilli e una destra di coglioni. L’esercito degli indecisi, degli ignoranti, dei menefreghisti, dei conformisti di malumore, di chi non sa dove andare ma pensa di doverci andare subito – quello che negli ultimi anni si è spostato in massa confluendo prima nella Lega, quindi nei Grillini eccetera, ultimamente sui Fratelli d’Italia – sta già cominciando sempre più a sperare nelle prossime nozze Renzi-Meloni, che sono entrambi dei centristi nati. E prima o poi succederà, con la benedizione della Casa Bianca potente patrona di entrambi, a meno che non si verifichi lo tsunami internazionale…
… il che potrebbe d’altronde – intendiamoci – anche accadere. Qualche giorno fa camminavo un po’ triste per Parigi, come sempre mi càpita l’ultimo giorno delle mie periodiche visite alla Ville Lumière. E sono passato davanti all’Hotel de Ville, pavesato e illuminato delle insegne giallo-azzurre dell’Ucraina di Zelensky mentre i media francesi tacciono o minimizzano il fatto che dopo Burkina Faso, Niger e Gabon il sistema neocolonialista francese, con le sue preziose riserve di uranio, sta saltando per aria.
Beh, qui ci trovate qualcosa d’importante al riguardo. Dove vanno Francia ed Europa rispetto all’Africa? Sta’ a vedere che il problema dei migranti nel Mediterraneo, mai risolto dall’Europa, sarà risolto da un’Africa stufa di lasciarsi sfruttare e massacrare dall’Occidente. Al riguardo, forse sarebbe bene cominciar a parlare seriamente anche dei Brics: e anche su questo noialtri artigianalmente cerchiamo di darvi qualche piccola dritta, magari condita con un ripasso generale sulle ragioni per le quali sarebbe l’ora di liberarsi finalmente del decrepito vampiro capitalista.
Ma, in primissima battuta. Due parole andavano pur dette sull’uragano Vannacci, il turbocapitalista che vorrebbe asfaltare le foreste e riempirci di centrali nucleari nel nome dell’Individuo Eterno, della Libertà dai bisogni altrui e del Progresso degli happy few (poche centinaia di migliaia di persone sparse tra America, Europa, Australia, Giappone e paesi arabi) in un mondo di otto miliardi di abitanti che annaspano tra miseria, guerre e malattie. Il turbocapitalista che, col suo italiano approssimativo e con le sue battute da Bar dello Sport ha sedotto ed entusiasmato fior di severissimi fustigatori dei costumi, di cattolici duri-e-puri tutti Mistica e Autorità Pontificia, di fautori della Destra Sociale un tempo avversari giurati degli OGM e oggi convertiti al verbo di un funzionario statale al quale l’Istituto Geografico Militare (uno dei pochi fiori all’occhiello delle nostre Forze Armate) va stretto e che ormai sogna i comodi seggi imbottiti di Bruxelles e di Strasburgo.
Con tutto ciò, pochi giorni fa sul Corrierone un Illustre Studioso dal nome angelico e dal cognome che ricorda il Pater Noster ci tirava con professorale sussiego le orecchie, a noialtri studentelli discoli, a proposito di un tema tanto importante quanto notoriamente nuovo: la differenza tra la felice democrazia occidentale e le parti del mondo ancora purtroppo soggiogate dalle dittature. L’Illustre cattedratico ci ha edotti sul fatto che noialtri in Occidente non abbiamo alcuna paura del potere, per cui diciamo sempre impunemente pane al pane e vino al vino; mentre nell’autocratica Russia il tiranno può tranquillamente non curarsi di nascondere le sue responsabilità nell’assassinio del capo della Wagner in quanto nessuno osa ribellarsi. Francamente, che il tiranno del Cremlino si sia assunto scopertamente le sue responsabilità al riguardo non ci era sembrato: ma l’Illustre Cattedratico avrà le sue fonti più autorevoli delle nostre. D’altronde – prosegue l’Illustre acutamente prevenendo le nostre repliche – non si venga a dire che tutto il mondo è paese, perché anche da noi la gente sparisce e tutti sanno più o meno chi è stato ma nessuno replica in modo esplicito. Eh no: c’è una bella differenza. Da noi si eliminano solo i criminali, nemici giurati dell’ordine democratico e della libertà: un esempio per tutti, Bin Laden, e tutti sono felici e contenti per questo. Non è che in Occidente la carenza di critiche alla classe politica dipenda dal fatto che noialtri sappiamo benissimo che ormai la politica non conta più nulla e che le decisioni vengono prese dai signori dell’economia, della finanza, della produzione industriale. Da noi quando si vuole si parla di tutto (il che è ormai purtroppo vero: anche troppo…), mentre dall’altra parte si tace anche se non ci si accontenta perché si ha paura dei Barbablu che governano dai Cremlini o dai Palazzi della Pace Celeste.
Beh, a noi sembra che al riguardo la memoria dell’Illustre Cattedratico sia un po’ troppo selettiva. Ha parlato di Bin Laden, forse passando con un po’ troppa disinvoltura sui metodi usati anche nella liquidazione di quel personaggio. Peccato si sia dimenticato di altre cosucce. Per esempio dei metodi usati nella prode liquidazione del generale Soleimani, o di Gheddafi, o prima ancora magari del nostro Mattei; e già che ci eravamo, l’Illustre avrebbe potuto intrattenerci sul suo pensiero a proposito di altre gloriose pagine della storia dell’Occidente democratico negli ultimi anni e decenni: ad esempio, appunto, a proposito di Ustica (e ora ecco che Amato e altri tornano sul tema) e, ancora, su Cermis; e perché no?, addirittura su Bologna 2 agosto 1980, o su Dallas 1963, perché anche su quelle cose – penetralia non imperii, sed libertatum rerum publicarum… – ancora non sappiamo nulla di sicuro, sono stati presi solo pesci piccoli e quindi tutto è stato abbuiato con la scusa che giustizia era stata fatta. E non si è forse addirittura agito così a proposito del Dies Irae, l’11 settembre 2001?
E allora, Illustre Professor Pangloss, tutto va davvero così, nel migliore dei modi, nel nostro felice Occidente? A dirla col principe Antonio De Curtis – lui sì, professionista serio –, ma mi faccia il piacere…
Franco Cardini