Minima Cardiniana 431/5

Domenica 10 settembre 2023, San Nicola da Tolentino

SOCIETÀ E SCUOLA
“Popolo italiano, corri alle armi!”, sbraitò da un balcone parecchi anni fa un Tizio il quale sognava un popolo-esercito di eroi (ma sapeva bene altresì che, com’ebbe egli stesso ad esprimersi, “Educare gli italiani non è impossibile: è inutile”). E in effetti gli italiani, che eroi non erano, giocarono per alcuni lustri ai soldatini e poi tornarono ad essere quello che erano, anzi magari peggiorarono. Sull’opportunità dell’abolizione del servizio militare si è molto discusso in passato: e, se volete sapere come la penso io, l’abolizione della naja è stato un errore gravissimo del quale stiamo scontando le conseguenze sul piano civile, morale e culturale. Ora, il governo Meloni vuole in qualche modo cercar di cominciare a correre ai ripari o siamo di nuovo davanti a un errore? – FC

ISTRUITI PER LA GUERRA? L’ARRUOLAMENTO PRECOCE DEGLI STUDENTI E LA MILITARIZZAZIONE DELLA SCUOLA
di Valeria Poletti
Tra i nuovi paradigmi dell’apprendimento, insieme all’educazione digitale e all’esperienza diretta in ambito lavorativo, si sta inserendo l’istruzione militare come materia semi-curriculare e l’addestramento volontario in caserma come appendice al percorso di formazione degli studenti.

La mini naja[1]
Il 27 marzo 2019, la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di Legge riguardo ad un “progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi in ambito militare per i cittadini di età compresa tra diciotto e ventidue anni”. È stato votato da una maggioranza mai vista: 453 voti a favore, 10 contrari e sei astenuti[2].
“Scopo dell’iniziativa è quello di offrire alle giovani generazioni l’opportunità di conoscere direttamente, attraverso un periodo di permanenza (non retribuito, nda) di almeno sei mesi nelle Forze armate, i valori, la disciplina, la storia e la specificità dell’ordinamento militare, non solo ai fini di un arricchimento personale ma anche in vista del conseguimento di determinati benefici che la medesima proposta di legge collega allo svolgimento, con esito positivo, del percorso formativo svolto in ambito militare”[3].
L’idea non è nuova. “Le disposizioni sull’istruzione premilitare, rappresentano un altissimo riconoscimento all’attività svolta sino ad oggi dalla M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, nda), dai Fasci giovanili di combattimento, dall’O.N.B.[4] (Opera Nazionale Balilla, nda). Lo Stato, affida a questi Istituti l’onore e onere della premilitare, che vuol essere non solo conoscenza dei comandi e delle armi ma educazione perfetta e totalitaria di tutta la gioventù italiana dagli 8 ai 21 anni. […] Sin dal 1924 l’istruzione premilitare fu affidata alla Milizia, ma solo a titolo di esperimento; susseguentemente, e cioè nel 1926, visti gli ottimi risultati ottenuti, le venne assegnata in via definitiva. Compito arduo e difficile, poiché la frequenza ai corsi era allora volontaria e la Milizia non disponeva che di scarsi mezzi. […] La legge dà ora all’istruzione uno sviluppo ampio e completo, creando speciali corsi affidati alla Milizia con il concorso di quadri e mezzi delle Forze Armate e con l’aiuto di Enti statali e parastatali. […] Parallelamente allo sviluppo fisico-psichico e professionale del giovane, nelle varie fasi dagli 8 ai 21 anni, viene stabilito l’obbligo della cultura militare nelle scuole medie ed universitarie”[5]. Così argomentava l’onorevole Volpe durante la seduta della Camera 20 dicembre 1934 nella quale, su invito dell’onorevole Starace, il disegno di legge veniva approvato per acclamazione.
In epoca fascista l’esercizio delle armi doveva assumere un tratto eroico, come pure nella retorica nazional-patriottica del primo e secondo dopoguerra. Nella democrazia attuale deve evocare avventura e autocompiacimento. Ma lo scopo è rimasto identico: formare i giovani all’etica militare, promuovere l’ideologia nazionalista, costruire sinergie civile-militare-industriale, standardizzare la percezione delle minacce alla sicurezza e legittimare uno stato di mobilitazione permanente, sviluppare competenze adatte alla guerra globale.
Detto con le parole dei nostri deputati, il progetto si propone “il raggiungimento dei seguenti obiettivi: comprensione del valore civico della difesa della patria sancito dall’articolo 52 della Costituzione quale sacro dovere di ogni cittadino; cognizione degli alti valori connessi alla difesa delle istituzioni democratiche del Paese attraverso lo strumento militare in Italia e all’estero; […] conoscenza, in maniera diversificata a seconda dell’età e del grado di istruzione dei partecipanti, delle principali minacce alla sicurezza interna e internazionale, anche attraverso la partecipazione a seminari di studio con la partecipazione dei rappresentanti degli organismi facenti parte del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124; […] studio dell’architettura istituzionale preposta alla protezione cibernetica nazionale […]. L’attestato potrà essere utilizzato, all’atto della collocazione sul mercato del lavoro, quale titolo attestante le specifiche esperienze maturate e costituirà, inoltre, titolo valutabile ai fini della nomina ad ufficiale di complemento. Lo svolgimento con esito positivo del progetto sperimentale di formazione in ambito militare consentirà, inoltre, l’acquisizione di crediti formativi universitari […]”[6].
Detto con le parole del suo promotore, Matteo Perego di Cremnago, “la prerogativa di questa proposta di legge è quella di riportare i giovani in un mondo dove vi siano ancora delle regole, dei valori ben definiti e instillare i concetti di disciplina, merito, competenza”[7].
Detto con le parole dei nostri ministri, “il MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) il MLPS (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) e il Ministero della Difesa si impegnano a promuovere, nel rispetto dei piani triennali dell’offerta formativa adottati dalle scuole nell’ambito della propria autonomia, l’attivazione di esperienze di alternanza scuola-lavoro attraverso il raccordo tra le sedi territoriali individuate dal Ministero della Difesa e le istituzioni scolastiche e formative”[8].

Alternanza scuola-caserma e addestramento militare
Il decreto “alternanza scuola lavoro” (ora denominata PCTO, Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento) cancella il concetto di “diritto allo studio” (diritto alla conoscenza) e rende la scuola subalterna a modelli produttivistici legati al profitto imprenditoriale (somministrazione di competenze); la sua estensione all’ambito militare parifica l’esercizio della guerra a qualsiasi altra attività lavorativa.
Non si tratta “solamente” di una manovra di condizionamento ideologico per creare consenso intorno alle Forze Armate e alla figura del soldato (vedi lo spot proposto dal ministro Elisabetta Trenta – e bocciato dalla Difesa – nel quale si esaltano le qualità dei soldati italiani in scene di combattimento con voce narrante che recita “Io sono stato quello che gli altri non volevano essere. Io sono andato dove gli altri non volevano andare… Ho pianto, ho sofferto e ho sperato… ma più di tutto, io ho vissuto quei momenti che gli altri dicono sia meglio dimenticare. Quando giungerà la mia ora agli altri potrò dire che sono orgoglioso per tutto quello che sono stato: un soldato”[9] ). Si tratta di una operazione condotta a partire dalla scuola per conformare alle scelte di guerra interi settori della società, dalla ricerca universitaria impegnata a progettare più sofisticati sistemi di controllo e di armamenti, alla produzione industriale finalizzata alla guerra, al prelievo fiscale direzionato al finanziamento delle imprese del settore militare e alle stesse campagne belliche fuori confine, all’addestramento precoce di truppe scelte destinate al fronte o al suo indotto civile. È nato un nuovo comparto scolastico-militare-industriale, come giustamente lo definisce Antonio Mazzeo.
Tra tanti altri, emblematico il caso della Sicilia, come ci documenta lo stesso Mazzeo nel suo articolo dell’aprile 2022: “Così come con i processi di militarizzazione del territorio, anche con l’Alternanza Scuola/Lavoro la Sicilia ha assunto il ruolo di vero e proprio laboratorio sperimentale del modello socio-culturale bellicista ormai dominante. Così il protocollo Esercito-USR individua una serie di reparti armati dove gli istituti secondari di secondo grado dell’Isola possono svolgere da quest’anno scolastico i ‘percorsi di alternanza’. Nello specifico, presso il 62° Reggimento fanteria “Sicilia” di Catania sono stati attivati PCTO per Riparazioni apparati telecomunicazioni e veicoli; Gestioni magazzini e depositi; Manutenzione del verde; Gestione del servizio cucina e distribuzione vitto. Presso il 46° Reggimento trasmissioni di Palermo gli studenti possono operare al Cablaggio strutturato nelle reti locali e alla Gestione/supervisione dei servizi di rete. Sempre nel capoluogo siciliano, offerte formative sono disponibili presso il ‘Centro documentale dell’Esercito’, nella ‘Sezione rifornimenti e mantenimento’ (Lavorazioni meccaniche di officina; Falegnameria; Fabbro; Verniciatura); all’11° Reparto infrastrutture (Progettazione opere edili; Assistente cantiere opere edili – impianti); al ‘CME – Comando Militare Esercito Sicilia’ (Accoglienza e accompagnamento visitatori al Palazzo e per mostre/eventi; Gestione biblioteca, Orientamento topografico). PCTO di Lavorazioni in officina e laboratori sono attivi infine presso il 6° Reggimento bersaglieri della brigata ‘Aosta’ a Trapani”[10].
Più performante lo “stage formativo” somministrato dal 70° Stormo “Giulio Cesare Graziani” a studenti delle classi V dell’Istituto tecnico Aeronautico “U. Nobile Aviation College” di Roma: attraverso “l’alternanza di lezioni teoriche tenute in aula, alla quale sono seguite esperienze pratiche effettuate presso l’Hangar del Gruppo Efficienza Aeromobili […] gli studenti hanno potuto così approfondire la conoscenza dei sistemi di bordo e dell’avionica degli aeromobili, nonché dei processi e delle attività manutentive condotte sui velivoli Leonardo T-260B in dotazione al Reparto”[11].
Si tratta, per ora, di esperienze su base volontaria e riservate ad un numero limitato di giovani, ma il fatto che, su sollecitazione del leader della Lega (ora partito di governo) Matteo Salvini, si sia aperto un dibattito sulla possibilità di reintrodurre il servizio militare obbligatorio[12], fa presentire una ulteriore svolta militarista che, a partire dalla “formazione” dei giovani, investa tutta la società.
In ogni caso, già nel giugno 2021, la Regione Veneto ha approvato a maggioranza una proposta di legge statale su iniziativa del Consiglio regionale che vuole istituire una leva obbligatoria di otto mesi in Veneto: “Tra le proposte ci sarebbe quella di utilizzare le risorse legate al Fondo sociale europeo, già al momento riservate al servizio civile, che potrebbero essere utilizzate per la reintroduzione della leva nelle forze armate del nostro Paese”[13].

Un percorso propedeutico dai 6 ai 20 anni…
L’emanazione del decreto “mini naja” è stata preceduta e seguita da un numero impressionante di “gite scolastiche” degli allievi delle elementari e delle medie nelle basi e nelle caserme, da una quantità di visite degli studenti delle scuole secondarie a basi NATO, installazioni militari, basi della marina e dell’aeronautica militare grazie a convenzioni siglate tra le direzioni didattiche e vertici militari. Basta scorrere internet per rendersene conto[14], troppo lungo sarebbe farne qui l’elenco.
Certo vedere i bambini delle elementari della Principe di Napoli di Augusta cantare l’Inno dei sommergibili (canzone del ventennio, “Rapidi ed invincibili partono i sommergibili…”)[15] o gli alunni di una scuola di Catania accogliere rappresentanti del Nas (Naval Air Station di Sigonella) con le note dell’Inno dei marines [16] non è uno spettacolo del quale possiamo andare fieri!
Sicilia e Campania le regioni più intraprendenti, ma è da segnalare che la Regione Lombardia già nel 2009, 2010 e 2011 sponsorizzava, insieme a UNUCI (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia) e il Comando Militare Esercito Lombardia, un programma di lunga durata, il “corso di formazione” “Incontri Esercito-Scuola” nel quadro del progetto “Allenati per la vita”: “Sono stati coinvolti oltre 800 studenti (nel solo 2009), 140 istruttori militari in congedo, 27 docenti, 38 scuole secondarie superiori”: programma articolato in incontri addestrativi relativi a “1. cultura militare 2. topografia ed orientamento 3. diritto costituzionale 4. difesa nucleare, batteriologica e chimica 5. Trasmissioni 6. armi e tiro 7. bls e primo soccorso 8. mezzi dell’esercito 9. superamento ostacoli 10. sopravvivenza in ambienti ostili”[17]. Quale sarà, ad oggi, il totale degli studenti coinvolti?
L’avventura più eccitante l’hanno vissuta i 250 studenti dei licei scelti per partecipare al corso di cultura aeronautica tenuto dagli istruttori del 60° stormo di Guidonia all’Aero Club di Boccadifalco, a bordo di cinque Siai Marchetti U 208: “Una settimana di corso teorica e una di corso pratico, tra stalli e virate, che si conclude con la premiazione di due studenti particolarmente meritevoli che insieme ai vincitori delle altre città potranno andare a Guidonia per uno stage sull’aliante”[18]. La performance sarà replicata nel luglio successivo con studenti di altre città.

… per arrivare all’università
Come è logico che sia, l’ambito privilegiato nel quale sviluppare la cooperazione scuola-esercito è quello universitario.
Così è sempre stato?
La collaborazione tra scienza, industria e apparato militare è sempre esistita e ha sempre prodotto innovazione tecnologica a vantaggio della supremazia bellica delle maggiori potenze in guerra quanto, in seguito, a beneficio delle applicazioni nella produzione civile, della “modernizzazione” nelle nazioni a capitalismo avanzato e a sfavore dei Paesi produttori di materie prime.
La ricerca bellica – condotta in sinergia con l’industria privata da enti statali quali, in Italia, UIR (Ufficio Invenzioni e Ricerche, fondato nel 1917) e CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche, istituito nel 1923)[19] – si è avvalsa della collaborazione di scienziati quali Guglielmo Marconi ed ha accelerato l’imporsi dell’interdipendenza tra scienza pura e scienza applicata. Ne è, ovviamente, conseguita la riorganizzazione dell’ordinamento universitario. Le opportunità create dalla Guerra Fredda hanno orientato l’attività di molte imprese verso la produzione militare e, di conseguenza, molti istituti accademici e di ricerca hanno aumentato notevolmente le loro disponibilità grazie a sovvenzioni private e statali qualunque fosse il governo in carica: IRI, con le sue partecipate, e Finmeccanica sono state importanti motori di sviluppo della collaborazione ricerca scientifica-industria militare. Un percorso di cooperazione che ha subito un’accelerazione e un incremento significativi come conseguenza della guerra attualmente in corso in Ucraina.
Il finanziamento (con denaro pubblico) di progetti di ricerca bellica portati avanti nelle università fa definitivamente piazza pulita di quel concetto di “neutralità della scienza” tanto caro alla maggior parte degli accademici.
L’elenco delle università che hanno siglato accordi, protocolli d’intesa, convenzioni con i vari corpi delle Forze Armate copre tutte le maggiori città del territorio nazionale (tanto per fare alcuni esempi, Milano, Brescia, Torino, Trento, Modena, Reggio Emilia, Pisa, Messina, Palermo[20]); anche in questo caso basta dare una scorsa a quelle citate in internet per farsene un’idea.
Caso emblematico e, per certi versi estremo, è quello del primo “esoscheletro per la servo-amplificazione di forza” – il più complesso sistema robotico indossabile realizzato fino ad ora – sviluppato dal Laboratorio PercRo dell’Istituto di Tecnologie della Comunicazione, dell’Informazione e della Percezione (TeCIP) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa il cui progetto è stato cofinanziato dal Ministero della Difesa. Si tratta di uno strumento cibernetico esterno che riesce a potenziare le capacità fisiche, amplificando fino a 20 volte la forza dell’utilizzatore che lo indossa, agendo come una sorta di “muscolatura artificiale”. Un primo prototipo destinato ad applicazioni militari è stato presentato già nel marzo 2009 alla Direzione Generale degli Armamenti Terrestri del Ministero della Difesa[21].
Da allora, i protocolli di collaborazione tra la Difesa e l’università si sono moltiplicati, perseguendo l’obiettivo ambizioso di portare l’industria italiana degli armamenti ai massimi livelli della competizione internazionale tanto incrementando l’export quanto dotando l’esercito nazionale di sistemi e strumenti all’altezza dell’impegno bellico sui teatri di guerra più impegnativi.
In proposito, il Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2020-2022, redatto prima della guerra in Ucraina, diceva: “In un quadro di auspicata certezza e stabilità dei finanziamenti, il processo di ammodernamento delle Forze Armate richiede necessariamente una base industriale nazionale solida e capace di sviluppare prodotti all’avanguardia. Un’Industria della Difesa efficiente e competitiva rappresenta, infatti, una componente strategica della nostra sovranità nazionale, poiché consente di non dover dipendere dalla tecnologia e dai prodotti esteri e pone l’Italia nel ristretto novero delle Nazioni che, potendo vantare un settore industriale di comprovata esperienza, possono presentarsi come partner strategici sul piano della cooperazione bi/multilaterale, nonché svolgere un ruolo da protagonista nell’ambito dei più importanti programmi internazionali. Partendo da questo presupposto essenziale, è pertanto necessario dare ulteriore concretezza alla cooperazione tra Difesa, Università e Industria di settore. Nell’ambito di tali collaborazioni, la Difesa è chiamata ad aprirsi al mondo della ricerca universitaria, rappresentando le sfide tecnologiche da affrontare per soddisfare compiutamente le proprie esigenze in collaborazione con l’Industria, che deve tradurre i requisiti operativi in prodotti competitivi sul mercato internazionale che rispondano al meglio alle esigenze della Difesa”[22].
Il successivo Documento programmatico 2022-2024, chiarendo che “I programmi di ricerca scientifica e tecnologica sono volti a consentire allo Strumento militare di colmare i gap capacitivi e di calibrare le future capacità d’intervento, in relazione alle molteplici necessità operative, riducendo altresì i rischi rappresentati dall’impiego ostile di nuove tecnologie emergenti”, specifica che “la Programmazione pluriennale relativa alla [sola, nda] ricerca tecnologica militare 2022-2024 prevede uno stanziamento ordinario pari a 59,08 M€ per il 2022 e 44,14 M€ per le annualità 2023 e 2024”[23].
Allo Stato rimarrà qualche spicciolo per la ricerca di base? Per quella, cioè, che lavora in condizioni sempre più precarie a progetti che riguardano la salute e il benessere dei cittadini? Buona parte dei fondi pubblici stanziati per i settori della ricerca a fini bellici saranno, peraltro, occultati sotto altri capitoli di spesa. In ogni caso, le Forze Armate (che includono l’Arma dei Carabinieri) si riservano il diritto esclusivo di impiegare le tecnologie come armi in qualsiasi scenario. Il pensiero va al G8 di Genova nel 2001.
Nelle guerre del futuro si farà largo impiego di sistemi ad alto contenuto di innovazione tecnologica affiancati alle cosiddette armi di distruzione di massa. La partecipazione del mondo accademico ai prossimi genocidi è data per scontata. Anche perché la ricaduta della ricerca bellica sulla “società civile” presenterà la rispettabile faccia dei droni giocattolo, dei droni portalettere, dei robot-camerieri…
Il problema non è quanti studenti diventeranno piloti di droni nell’esercito o progetteranno sistemi o andranno a fare servizio nelle ONG oltremare, o quanti giovani si troveranno inaspettatamente a perdere la vita a causa della guerra in sé o delle sue conseguenze, dal terrorismo alla crisi ambientale. Il punto è che, come nessuno, ai tempi, ha obiettato alle avventure coloniali perché il colonialismo era entrato a far parte della cultura collettiva e della coscienza individuale, chi obietterà oggi alle aggressioni belliche contro le popolazioni dei Paesi ad alto contenuto di risorse naturali e bassi costi di produzione o contro i “popoli ribelli” quando le immagini della guerra saranno eclissate dal fascino della tecnologia “dual-use”?

L’università, retrovia del fronte
Innovazione, ricerca e tecnologia possono essere utilizzate per scopi sia militari che civili. Un esempio chiave è quello della cosiddetta cybersecurity. Su uno dei siti di Leonardo, società colosso dell’industria bellica nazionale, leggiamo una chiara e sintetica spiegazione: “Leonardo protegge istituzioni, imprese e cittadini garantendo la sicurezza degli ecosistemi digitali e la resilienza degli asset strategici attraverso servizi per la digitalizzazione sicura di processi, infrastrutture e applicazioni, tecnologie e soluzioni per comunicazioni mission e business critical, sistemi e piattaforme per il monitoraggio e la risposta alle minacce nello spazio fisico e cibernetico”[24]. E anche “‘L’attuale scenario impone con sempre maggiore vigore la necessità di far emergere un’Europa intesa come soggetto geopolitico e non economico’, spiega Enrico Savio, Chief Strategy & Market Intelligence Officer di Leonardo, ‘esigenza che si traduce nella costruzione della Difesa collettiva europea e nel supporto attivo alle aziende del comparto al progressivo sviluppo di un sistema di Difesa comune’”[25]. E, in proposito, Alessandro Antonini su Libero specifica: “I Labs sono gli hub tecnologici di Leonardo dedicati alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie di frontiera e breakthrough che danno vita ad un network composto oggi da undici laboratori. Si tratta di una rete interconnessa con università, politecnici, centri di ricerca e imprese partner, che mira a costruire un ecosistema dell’innovazione in costante evoluzione”[26].
L’Italia, atlantista prima che europeista, vuole il suo posto al sole come media potenza nella prospettiva della guerra che, a partire dall’Ucraina, si fa sempre più si fa prossima.

Crisi pandemica e investimenti
La pandemia ha assestato un duro colpo all’economia mondiale nel suo complesso e a quelle europee in particolare: l’Unione Europea ha reagito alla crisi imprimendo una accelerazione al processo di ristrutturazione capitalistica, in corso da anni, verso il potenziamento dei settori che maggiormente generano profitti, cioè l’apparato militare-industriale e quello dell’industria digitale, e possono essere più competitive sul mercato globale. l’apparato militare industriale è l’unico comparto che, in epoca Covid, non ha subito, a livello globale, flessioni, segnando, invece, un consistente incremento di profitti e accelerando sulla trasformazione digitale dell’industria dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza.
Con l’approvazione del Recovery Fund[27], l’Europa, per la prima volta, si è assunta la responsabilità di un debito comune mettendo a disposizione degli Stati dell’Unione 750 miliardi di euro, dei quali 209 (81,4 a fondo perduto e 127,6 sotto forma di prestito) assegnati all’Italia, da destinare a progetti di investimenti e riforme che promuovano il rilancio dell’economia. Per finanziare ulteriori interventi il governo italiano ha approvato un Fondo complementare con risorse pari a 30,6 miliardi di euro. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è il programma approvato dal governo per pianificare l’utilizzo di questi fondi. Dei 191,5 miliardi stanziati, 40,32 sono stati attribuiti alla missione “digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”[28] e 59,7 miliardi a “rivoluzione verde e transizione ecologica”[29]: un totale di 99,79 miliardi (circa il 52%) dei quali beneficeranno in larga misura i colossi nazionali Leonardo (industria bellica – difesa aerospazio e sicurezza) e ENI (multinazionale dell’energia che sta investendo su larga scala in energie rinnovabili).

Guerra, investimenti in armi e ricerca
“Il conflitto tra Russia e Ucraina manda in orbita i titoli della Difesa alla Borsa Italiana. E a beneficiarne sono soprattutto Leonardo e Fincantieri che, nell’ultimo mese, hanno realizzato guadagni rispettivamente del +28% e +6% a fronte del -13% segnato dal Ftse Mib. A scatenare la corsa agli acquisti è stato soprattutto il piano di riarmo da parte della Germania. Allo scopo di rispondere all’invasione russa dell’Ucraina, Berlino ha stanziato 100 miliardi di euro per rafforzare il proprio esercito. Un annuncio analogo, anche se di tutt’altra portata, dovrebbe arrivare dall’esecutivo italiano. A questo proposito, lo scorso primo marzo, il premier Mario Draghi in Aula al Senato ha spiegato che ‘la minaccia portata dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora’”[30].
Perché? Non si tratta, evidentemente, di prepararsi a fronteggiare un nemico alle porte. Certamente l’esercito italiano è già impegnato a “difendere gli interessi nazionali”, cioè quelli delle grandi imprese di casa nostra situati in casa altrui (in Libia, nel Sahel, nell’Africa nord-orientale, nei Balcani dove già l’Alleanza Atlantica si prepara per la prossima guerra) e si predispone ad allargare – in autonomia o in ambito NATO – la sua sfera di intervento e lo fa in competizione con altri attori statuali che hanno gli stessi obiettivi. Ancor più, però, si tratta di difendere gli interessi di queste stesse grandi imprese sul mercato globale degli armamenti dove un migliore posizionamento rispetto alla concorrenza dipende direttamente da migliori prestazioni dei sistemi d’arma, dunque dall’impiego delle tecnologie più avanzate. Investire in armi, dunque, significa investire in ricerca.

I finanziamenti alla ricerca che finanziano la guerra
Lo Stato non è un’azienda, non è un soggetto economico la cui prosperità dipende dai profitti realizzati. Benché possieda, in diverse percentuali, azioni di alcune imprese del comparto militare e di quello energetico e sia, dunque, partecipe degli utili, non è deputato a produrli. Lo Stato è, primariamente, l’acquirente che dovrà impiegare capitali pubblici per sostenere i produttori di sistemi d’arma sul mercato globale e mobilitare le proprie forze armate per difenderne gli interessi sui teatri di guerra, là dove la guerra si fa per aggiudicarsi (meglio sarebbe dire rapinare) le risorse, per acquisire (meglio sarebbe dire colonizzare) bacini di utenza per le merci o procurarsi (meglio sarebbe dire sfruttare) manodopera a basso costo.
Lo Stato è, quindi, uno degli attori interessati a che la ricerca, quella scientifica in primo luogo, sia orientata a sviluppare tecnologie sempre più avanzate utili per impieghi bellici. Senza dimenticare che lo stesso apparato militare-industriale è indirizzato alla realizzazione di prodotti “dual use”, cioè prodotti a duplice uso, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare (un caso emblematico è quello dei droni).
Parte dei fondi del Recovery Fund stanziati attraverso il PNRR sono destinati a finanziare un fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione che conta su 1,58 miliardi di euro. Come spiega il MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca), “La misura sostiene la creazione di infrastrutture di ricerca e innovazione che colleghino il settore industriale con quello accademico. Viene finanziata la creazione o il rafforzamento di infrastrutture di ricerca di rilevanza pan-europea e infrastrutture di innovazione dedicate, promuovendo la combinazione di investimenti pubblici e privati”[31].
La collaborazione tra Stato e impresa privata e tra università e aziende non è cosa nuova, e nemmeno è nuovo il fatto che fondi pubblici vengano impiegati a supporto delle imprese private. Che si sia o meno favorevoli a questa “cooperazione”, non si può non sottolineare come e quanto essa pregiudichi la libertà di ricerca condizionandola direttamente a scelte belliciste e quanto l’informazione in proposito sia oscurata.

Dietro le quinte
Chi, dietro le quinte, orienta le scelte della ricerca pubblica, con quali risorse economiche e verso quali progetti? Se lo chiede Alessandro Giannì, dalle pagine del Fatto Quotidiano del 29 settembre 2021[32]: “L’associazione ambientalista [Greenpeace] ha chiesto l’accesso agli atti in base alla legge 241 del 1990 o con lo strumento del Foia (accesso civico generalizzato) in tutte le 66 università pubbliche, per capire come e quanto le aziende leader nel settore oil&gas e difesa determinino i programmi di studio. La risposta è stata sconcertante: solo una netta minoranza ha fornito tutti i dati completi. E il primo ricorso al Tar è stato respinto”, recita il sottotitolo dell’articolo. L’autore ci informa che “Sono 36 su 66 le università italiane che hanno accordi con Eni, secondo i dati raccolti dall’Unità investigativa di Greenpeace Italia che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Di queste, solo nove hanno inviato quanto richiesto, mentre 12 hanno reso disponibili solo una parte dei documenti o hanno cancellato le parti rilevanti. […] Greenpeace ha chiesto alle università documenti anche sul settore difesa: in particolare gli accordi con Leonardo e le sue partecipate, Fincantieri, ministero della Difesa e Nato. Delle 66 università, dieci hanno dichiarato di non averne, mentre 34 hanno inviato documentazione anche se spesso in modo parziale”.
La stampa specializzata e alcune agenzie rompono il silenzio. Da Agenzia Nova del 7 ottobre 2022[33] sappiamo che sei università italiane (Università di Roma Tor Vergata, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Università di Bologna, Scuola superiore sant’Anna di Pisa, Università di Napoli Federico II) competono “per progettare prototipi di un velivolo senza pilota [drone] in grado di volare in maniera autonoma e senza un sistema di navigazione, usando l’intelligenza artificiale”. E sappiamo che “I droni sono strategici per Leonardo. Costituiscono un settore ad ampie potenzialità di crescita non solo in ambito militare, ma anche in quello civile. […] La tredicesima più grande impresa di difesa del mondo sta lavorando su vari progetti e soluzioni, potendo vantare di essere ‘l’unica società in ambito europeo in grado di fornire soluzioni a pilotaggio remoto complete’, progettando e sviluppando tutti gli elementi di un sistema drone based compresi piattaforme, sensori e sistemi di controllo remoto”[34]. Risulta evidente quanto Leonardo sia interessata allo sviluppo della ricerca universitaria nel campo dell’intelligenza artificiale e, in generale, dell’alta tecnologia[35] così come all’aumento delle spese militari.
Ed è Analisi Difesa, la prima rivista online in Italia ad occuparsi di Difesa, Industria e tematiche militari che pubblica dal 2000, ad informarci su un’altra collaborazione tra Leonardo e università. In un articolo del dicembre 2021, leggiamo: “Una frontiera più prospettica è legata alle attività di ricerca su robotica e quantum computing dei Leonardo Lab. In particolare queste ultime costituiscono un acceleratore tecnologico e un elemento chiave per lo sviluppo del business in più domini: dalla cyber security all’elettronica per la difesa fino allo spazio. Nella robotica, i progetti in essere a Genova – in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia e l’Università degli Studi di Genova – riguardano la realizzazione di robot adattivi da utilizzare in ambiti produttivi complessi, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza degli operatori, la flessibilità degli utilizzi in ambienti non strutturati, situazioni non previste e condizioni ambientali critiche, e la capacità di agire in autonomia. Le principali applicazioni sono in ambito aerospaziale, di protezione civile, sicurezza e difesa”[36].
Resta da domandarsi quale ruolo la filiera dell’industria bellica dominata da Leonardo svolgerà nel direzionare la ricerca “scientifica” in vista dei futuri conflitti che si scateneranno per la conquista delle risorse e delle vie di transito attraverso l’Artico, opportunità che emergono grazie alla catastrofe ambientale rappresentata dallo scioglimento dei ghiacci. Come ben riassunto nel documento di accompagnamento finale del Convegno “Artico: il ‘Nuovo Grande Gioco’ mondiale”, tenutosi a Castel Mareccio (BZ) il 3 ottobre 2022, che dichiara: “Anche per l’Italia, che è osservatore del Consiglio Artico dal 2013, si pone la necessità di affrontare le conseguenze di un Artico sempre più accessibile e strategicamente rilevante, dove altri Stati potrebbero portare avanti rivendicazioni e tentativi di assumere il controllo dei fulcri economici e commerciali. In questo contesto la preparazione delle Forze Armate in artico è di fondamentale rilievo, così come la modernizzazione di tutti gli equipaggiamenti utilizzabili in un ambiente così specifico, a partire da quelli terrestri”[37]. Naturale, dopo che la guerra in Ucraina ha reso precarie le vie di accaparramento dell’energia e ha contribuito a farne esplodere i costi!
Riusciranno ricercatori e studenti a sottrarsi al “grande gioco” della competizione per lo studio delle più avanzate tecnologie di distruzione e predazione per volgersi verso la ricerca di tecnologie per salvare l’ambiente e il pianeta?

Cultura di difesa e sicurezza
L’adesione, o la sottomissione, a modelli di gestione sociale non più fondati sul consenso ma su prescrizioni dettate da situazioni emergenziali (per esempio la pandemia di Covid19) o dalla percezione di situazioni di pericolo (l’aumento dei prezzi dell’energia e la conseguente crisi economica) o da minacce esterne (dall’immigrazione alla guerra) ci ha assuefatti ad associare il termine “sicurezza” non più a tematiche legate al lavoro e al benessere, ma al controllo sociale. La logica securitaria si è imposta come razionale, quasi scientifica, come necessaria per difendere gli standard di vita occidentali messi a rischio da fattori estrinseci.
Naturale, in quest’ottica, che siano nati, insieme ad altri simili, corsi di laurea in “Scienze strategiche e della Sicurezza”: “Nell’attuale situazione globale il settore della difesa e della sicurezza vede una trasformazione profonda sia nelle istituzioni militari sia in numerosi segmenti del mondo civile (istituzioni governative, organizzazioni internazionali e nazionali non governative, aziende operanti nei settori della sicurezza), che richiedono sempre più spesso un incontro ed una cooperazione tra funzioni propriamente militari e competenze civili”[38]. Non si preparano giovani alla carriera diplomatica, ma tecnici per l’apparato industriale-militare e dirigenti operativi nel “settore” della Difesa.
Spiega bene Uniperte, sito dedicato all’orientamento degli studenti universitari: “Il Corso di Laurea è volto a formare figure professionali capaci di coordinare, controllare e operare in posizioni di comando. Sarai quindi in grado di gestire situazioni in materia di difesa e sicurezza, sia in ambito nazionale che in quello internazionale. […] Oltre alle attività di base, dovrai anche sostenere 60 CFU in attività pratica. Svolto dal personale militare, l’addestramento è volto a sviluppare conoscenze e tecniche sui sistemi d’arma, sulle tecniche di controllo operativo e sulle tecnologie di controllo investigativo per la sicurezza”[39].
In questo modo l’esercito entra ufficialmente nel mondo accademico.
Ma quanto i giovani che si affacciano ad un futuro incerto possono essere attratti dall’avventura militare?

La guerra, che spettacolo!
“La pattuglia, dopo essersi esercitata al tiro con carabine ad aria compressa su bersagli a breve distanza, si inoltra nei boschi dove installa un posto di osservazione per individuare eventuali cecchini. Grazie a bussola e carta, individua il punto in cui si trova. Più avanti, organizza una imboscata a una colonna di mezzi nemici. Si imbatte poi in un torrente, che deve passare grazie a un ponte tibetano. Organizza quindi una sosta di bivacco nel bosco con la messa in sicurezza con guardie. Chiamata via radio, si occupa di soccorrere dei feriti attivando la rianimazione cardiopolmonare e applicando misure di primo soccorso su fratture esposte, emorragia arteriosa, ustione e pneumotorace. Infine rientra alla base. È lo scenario addestrativo andato in scena lo scorso weekend [metà giugno 2021] nei boschi fra Tregasio e Besana Brianza e nelle valli Pegorino e Cantalupo, lungo un percorso di una decina di chilometri. Protagonisti un’ottantina di allievi e allieve del secondo anno della Scuola militare Nunziatella di Napoli (4°anno di scuola superiore), il cui campo estivo ha fatto tappa in Brianza. […] Ospiti speciali, e coinvolti, il generale Luigi Scollo, già comandante della task force Eleven in Iraq e protagonista della ‘battaglia dei ponti’ a Nassiriya, e il generale Angelo Giacomino, già comandante del Terzo reggimento bersaglieri”[40].
Il mese successivo, nel medesimo contesto ambientale, si sono esibiti gli studenti milanesi guidati dagli istruttori della Scuola Militare Teulié che, si legge su un sito della Difesa, “si prefigge l’obiettivo di formare giovani che siano in grado di operare ai più alti livelli della società contemporanea, fornendo loro, accanto ad una preparazione culturale di grande rilievo, un bagaglio etico improntato sui principi e le virtù militari”[41].
Non si tratta di casi isolati, è almeno dal 2013 che il Ministero della Difesa sponsorizza corsi di formazione per ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 30 anni (circa 800 posti disponibili)[42].
Non sarà necessario seguire le orme della Polonia, dove il governo di Mateusz Morawiecki – non a caso politicamente alleato a Bruxelles con il partito di Giorgia Meloni (prossima presidente del Consiglio che si richiama al fascismo “classico”, la destra sociale) ha decretato che da questo anno scolastico gli studenti delle superiori avranno nel loro curriculum di studi l’addestramento all’uso delle armi[43]. Potrebbe bastare rendere queste “vacanze militari” organiche ai programmi degli istituti scolastici per formare i nuovi balilla!
E, se non basta l’opportunità dell’esperienza pratica, la TV dà una mano. Alla “generazione Z”, quella che sopporterà il peso della devastazione ambientale e della guerra, è dedicato il docu-reality di RAI2 nel quale alcuni ragazzi di età compresa tra 18 e 23 anni, trasformati reclute, intraprendono un rigido percorso di addestramento militare. Massimiliano Pilati, Presidente del Forum Trentino per la pace e i diritti umani, commenta: “Mi ha colpito molto ad un certo punto la frase di una delle ragazze presenti che, rispondendo ad altre due che si lamentavano dell’eccesso di rigore, ha detto loro: ‘Una cosa devi fare: obbedire’”[44]. Non è cambiato niente?

Cosa è cambiato?
Rispetto ai tempi del Fascio, non è evidentemente cambiato l’intendimento di “formare” i giovani ai “valori” (la patria ieri, l’”interesse nazionale oggi”) necessari alla conservazione dell’ordine economico-sociale-politico vigente. Non è cambiato il sistema di condizionamento: oggi come ieri la propaganda militarista mistifica la realtà presentando la vita militare come avventura e l’avventura bellica come positivo fattore di “progresso” (“missione civilizzatrice” ieri, “missione di pace” oggi).
Negli anni ’70 del ‘900 il pensiero anti-militarista aveva raggiunto una dimensione di massa e le mobilitazioni per l’obiezione di coscienza, il servizio civile, la riconversione dell’industria bellica ad usi civili, l’uscita dalla NATO e la fine della leva obbligatoria (abolita solamente a partire dal 1°gennaio 2005) venivano sostenute dal movimento dei lavoratori: l’esercito era percepito, prima ancora che considerato, come una istituzione pericolosa per la democrazia (in particolare dopo i tentativi di colpo di stato militare del 1964 diretto dal generale Di Lorenzo e quello del 1970 a guida Junio Valerio Borghese), uno strumento di guerra e una minaccia contro ogni istanza popolare che intendesse cambiare gli assetti interni politici e istituzionali. Ai tempi, non esisteva l’esercito professionale e qualche forma di opposizione al militarismo penetrava anche nell’esercito di leva.
Oggi il mestiere delle armi è praticato da professionisti: “La legge n. 226 del 23/8/2004 ha stabilito la sospensione del servizio di leva e l’introduzione della figura del Volontario in Ferma Prefissata (VFP) di uno e quattro anni. Il Volontario in Ferma Prefissata di un anno (VFP1) rappresenta il completamento della professionalizzazione della Forza Armata. L’accesso alle carriere iniziali nelle Forze Armate parte da questo ruolo […] Al termine della ferma nell’Esercito ai soldati Volontari in Ferma Prefissata di un anno si aprono interessanti scenari di impiego: la possibilità di proseguire, per esempio, la propria crescita professionale nell’Esercito e nelle altre Forze Armate. Oppure di accedere ai concorsi nel Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, nella Polizia di Stato, nei Carabinieri, nella Guardia di Finanza, nella Polizia Penitenziaria e nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco”[45]. I soldati italiani che hanno partecipato, partecipano e parteciperanno alle missioni all’estero sono personale specializzato di un’impresa statale.
Contemporaneamente anche la guerra si è ri-professionalizzata. La guerra ha cambiato la tecnologia e la tecnologia ha cambiato la guerra. Senza considerare le politiche e strategie belliche e l’evolvere delle condizioni storiche e attuali che hanno portato alla guerra permanente, bisogna osservare come l’impiego dell’intelligenza artificiale, della robotica, dei droni imponga l’arruolamento di soldati, tecnici e personale civile qualificato i cui costi di formazione non vengano sostenuti dall’esercito ma dalla scuola pubblica. Così come gli alti costi delle attività di ricerca e sviluppo di tecnologie avanzate vengono condivisi con l’industria privata: un modo di produzione che usa la scienza applicata per una sempre più intensa valorizzazione del capitale indirizza la ricerca non verso il progredire della conoscenza scientifica, ma verso programmi di ricerca sperimentale orientati a continue innovazioni tecnologiche applicabili in ambito militare quanto civile.
Questo esproprio degli strumenti di conoscenza e di controllo del suo utilizzo produttivo, compiuto ai danni dell’intera società, è la migliore premessa alla sopraffazione e repressione, sul “fronte interno”, di ogni movimento di contestazione sociale.
Ricercatori-reclute dell’esercito con il camice bianco, soldati-tecnici che combattono guerre a distanza impugnando un joystick, studenti precocemente arruolati mobilitabili al bisogno o truppe di complemento per l’industria dual-use. È una compagine che necessita di un esercito di ausiliari quali gli studenti delle facoltà umanistiche che si iscriveranno al corso di laurea in Scienze Strategiche con “l’inserimento di tirocini presso realtà istituzionali e imprenditoriali”. “La laurea in Scienze Strategiche (a Torino, Modena, Reggio Emilia, Napoli e diverse altre città) costituisce un’opportunità unica nel suo genere, appassiona sempre più giovani per il carattere fortemente innovativo e la spiccata multidisciplinarità di un percorso il cui obiettivo è formare professionisti in grado di affrontare situazioni sempre più complesse in un modo globalizzato” seguendo “l’attuale iter di studi, che ha lo scopo di formare professionisti militari capaci di operare nelle unità terrestri (nazionali ed internazionali) con incarichi di comando (quelli appartenenti alle Armi) e giuridico amministrativi (quelli del Corpo di Amministrazione e Commissariato)”[46]. Mentre altri studenti di Scienze Politiche, ma anche di altre discipline, non trovando occupazione in patria sono destinati ad ingrossare le file di quelle ONG che, come prima i missionari, precedono e seguono ogni guerra di conquista o di rapina delle materie prime e della forza lavoro a buon mercato[47]. Tutti inseriti in una nuova “urbanistica militare” fatta di “sorveglianza preventiva, di criminalizzazione del dissenso, di eviscerazione dei diritti civili e di ossessiva sicurizzazione della vita quotidiana, per sostenere società sempre più disuguali”[48].
Per tutti coloro che abbracceranno questa carriera nelle retrovie è pronto un piano didattico-addestrativo volto a selezionare i futuri dirigenti: in collaborazione con lo Stato Maggiore dell’Esercito, LUISS (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli, università privata) offre un “percorso formativo” per “fornire agli studenti le conoscenze di base relative alla pianificazione, conduzione e gestione di una missione operativa in un teatro di cooperazione”[49]. Il percorso si rivolge a tutti gli studenti iscritti, per l’a.a. 2018-2019, al I o al II anno di tutti i Corsi di Laurea Magistrale dei Dipartimenti di Scienze Politiche, Economia e Finanza, e Impresa e Management o al IV e V anno del Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza e sarà ricompensato con 4 crediti formativi. Tre settimane di full immersion, parte sul suolo nazionale e parte sul teatro operativo (quest’anno in Kosovo) in stretta collaborazione con il personale militare, per imparare a gestire una missione, affrontando i compiti relativi a pianificazione tattica, addestramento, comunicazione. Si apprenderà come “favorire il coordinamento e la cooperazione tra la componente militare e le organizzazioni civili presenti nel territorio interessato, con particolare attenzione alla popolazione locale, alle Autorità, alle organizzazioni nazionali (OG), alle organizzazioni internazionali (OI) e non governative (ONG), con lo scopo di implementare e mantenere la piena cooperazione tra i militari e la componente civile”[50]. Diventeranno, questi laureati, comandanti o tecnocrati della guerra?

Per una nuova obiezione di coscienza
L’espressione “obiezione di coscienza” rimanda ad una categoria etica piuttosto che politica, ma, assunta in una dimensione collettiva, esprime un contenuto condiviso in grado di mobilitare settori della società verso un obiettivo preciso.
I più di 800 scienziati e ricercatori che hanno firmato la petizione online di March For Science[51] per fermare i finanziamenti europei alla ricerca militare, pur esprimendo preoccupazione per i rischi del riarmo generalizzato per la “sicurezza in Europa e altrove”, non toccano né il problema della responsabilità individuale degli scienziati, né quello della concessione delle strutture universitarie in uso al complesso militare-industriale e della ricerca sperimentale correlata, né il tema della libertà della ricerca, né, tantomeno, sottopongono a critica le scelte belliciste dei governi nazionali cui i rettorati si subordinano. Eludendo il dibattito politico riguardo agli obiettivi degli interventi armati compiuti dai nostri governi nell’Europa dell’Est, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Africa, il “mondo della scienza” si condanna all’impotenza di una generica rivendicazione di non-responsabilità etica.
“Senza etica non c’è ricerca” è anche lo slogan lanciato dal Collettivo Universitario Autonomo Casteddu di Cagliari insieme ad A Foras: “La cultura, il sapere, la ricerca, l’Università non possono sottostare alle esigenze di mercato e di profitto, tantomeno a quelli militari e bellici. Senza etica non c’è ricerca. Non vogliamo sottostare al ricatto che ci impone l’occupazione militare. Come giovani non possiamo vedere il nostro lavoro all’interno dell’Università messo a valore da e per interessi militari di stampo imperialista. […] Di contro pretendiamo corsi di laurea, master e ricerche che studino il danno provocato dai poligoni, approfondiscano e ed elaborino in maniera circostanziata le procedure di bonifica e le riconversioni economiche possibili in Sardegna”[52]. L’assunzione collettiva di responsabilità e la sua concretizzazione nella pratica politica mette in chiaro il nesso tra scelta individuale e agire sociale, tra etica e politica.
Contro la militarizzazione della scienza, l’informazione sui programmi e le missioni di guerra – in contrasto con il condizionamento ideologico – è indispensabile quanto la difesa della ricerca di base e delle sue applicazioni sociali in opposizione all’arruolamento degli studenti e dei ricercatori e alla colonizzazione delle strutture universitarie. Difendere la scuola pubblica dall’ingerenza militare è imperativo per evitare l’assuefazione dei giovani alla guerra e all’accettazione passiva delle politiche razziste e di governo autoritario sul territorio e sulla vita quotidiana.

Per una consapevole diserzione civile
Diseducarsi al pensiero militarista e alla militarizzazione del quotidiano significa acquisire un linguaggio diverso da quello imposto dalle logiche della guerra, significa rifiutare concetti come “difesa e sicurezza”, “interesse nazionale”, “scienze strategiche”. Significa rifiutare la mistificazione che pretende che l’evoluzione tecnologica operi comunque per il benessere sociale e individuale, per una migliore qualità della vita. Abbandonare la liturgia accademica per prendere nota della realtà che essa nasconde, quella delle ragioni del profitto che delimitano l’area della ricerca.
Disertare significa sottrarsi all’arruolamento e osteggiare la ricerca bellica nelle università e l’inserimento dell’addestramento militare nei piani formativi delle scuole secondarie, battersi per la cancellazione dell’alternanza scuola-lavoro, pretendere che i protocolli di intesa con il Ministero della Difesa vengano resi pubblici così come le fonti di finanziamento, aprire una vertenza diretta con i governi per la limitazione dei brevetti riguardanti la ricerca bellica. Significa boicottare la penetrazione dell’industria delle armi negli atenei. Significa prendere parte attiva a quello che potrebbe diventare un movimento sociale contro la guerra.
(www.valeriapoletti.com)

[1] Questo capitolo introduttivo è stato pubblicato nel settembre 2019 con il titolo Mini naja del quale il testo seguente rappresenta un aggiornamento.

[2] https://www.camera.it/leg18/410?idSeduta=0150&tipo=stenografico

da notare che la “mini-naja era già stata promossa dal governo Berlusconi nel settembre 2009

[3] http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/DI0139a.pdf?_1557154446446

[4] L’iscrizione all’ONB rimase formalmente volontaria fino al 1937.

[5] Atti parlamentari Camera dei Deputati, 20 dicembre 1934, https://storia.camera.it/regno/lavori/leg29/sed022.pdf

[6] http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/DI0139a.pdf?_1557154446446 op. cit.

[7] Tiziano Ciocchetti, Percorso formativo in ambito militare per i giovani: incontriamo il primo firmatario, Matteo Perego di Cremnago, 2 aprile 2019, http://www.difesaonline.it/evidenza/interviste/percorso-formativo-ambito-militare-i-giovani-incontriamo-il-primo-firmatario

[8] Protocollo d’intesa tra Ministero della Difesa e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, “Rafforzare il rapporto tra scuola e mondo del lavoro”, 13 dicembre 2017, https://miur.gov.it/documents/20182/232826/Protocollo+d%27Intesa+MIUR-+Difesa+-+Lavoro.pdf/dbccaf5d-b973-4871-a057-1aa75fd1f0e6?version=1.0&t=1513259005869

[9] Forze Armate, ecco lo spot bocciato dalla Difesa perché “Troppo combat”. Ma è già virale sui social, 30 ottobre 2018, https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/30/forze-armate-ecco-lo-spot-bocciato-dalla-difesa-perche-troppo-combat-ma-e-gia-virale-sui-social/4730022/.

[10] Antonio Mazzeo, Sicilia. Studenti, docenti e No War contro l’Alternanza scuola-lavoro nelle Forze Armate, 6 aprile 2022, https://www.pressenza.com/it/2022/04/sicilia-studenti-docenti-e-no-war-contro-lalternanza-scuola-lavoro-nelle-forze-armate/

[11] Magg. Giangiuseppe Luisi, Alternanza scuola-lavoro: al 70° stormo stage formativo per gli studenti del istituto tecnico aeronautico nobile, 27 maggio 2022, https://www.aeronautica.difesa.it/comunicazione/notizie/Pagine/20220527_70-Stormo-Stage-formativo-per-gli-studenti-.aspx

[12] Abolito nel 2005

[13] Il Veneto vuole la leva obbligatoria e propone una mini naja da 8 mesi, 21 luglio 2021, https://newsprima.it/glocal-news/il-veneto-vuole-la-leva-obbligatoria-e-propone-una-mini-naja-da-8-mesi/

[14] A titolo di esempio: Antonio Mazzeo, La lunga notte delle scuole armate italiane, 18 giugno 2018, http://www.labottegadelbarbieri.org/la-lunga-notte-delle-scuole-armate-italiane/; Antonio Mazzeo, Il dilagante processo di militarizzazione delle scuole italiane, 9 giugno 2017, http://www.nogeoingegneria.com/motivazioni/sociale/il-dilagante-processo-di-militarizzazione-delle-scuole-italiane/; Sigonella: studenti a lezioni di Aeronautica Militare, 19 aprile 2017, http://www.ilfattoweb.it/2017/04/19/sigonella-studenti-a-lezioni-di-aeronautica-militare/; Gianmarco Catalano, Augusta, ora le visite scolastiche si fanno nella base di Sigonella, 7 febbraio 2018, http://www.lacivettapress.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=2857:augusta-ora-le-visite-scolastiche-si-fanno-nella-base-di-sigonella&catid=18&Itemid=145#ftn1; Gli studenti del Palizzi con l’AAA di Vasto in visita alla base del 9° Stormo a Grazzanise, 14 marzo 2019, https://www.zonalocale.it/2019/03/14/gli-studenti-del-palizzi-con-l-aaa-di-vasto-in-visita-alla-base-del-90-stormo-a-grazzanise/38628?e=vasto; Antonio Mazzeo, Alternanza scuola – forze armate per l’italia del XXI secolo, 22 aprile 2018, http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2018/04/alternanza-scuola-forze-armate-per.html

[15] Presso il centro sportivo “Stampanone” della base navale della Marina militare il 9 giugno 2017, https://www.youtube.com/watch?v=6Ya4K8y0cTA

[16] Antonio Mazzeo, L’inno dei marines cantato dai bambini, 21 ottobre 2018, https://comune-info.net/linno-dei-marines-cantato-dai-bambini/.

[17] Regione Lombardia, “Allenati per la vita”, https://www.informa-azione.info/files/Allenati-per-la-vita-con-la-morte.pdf

[18] Riccardo Campolo e Rosaura Bonfardino, L’Aeronautica militare fa volare gli studenti: “Piloti d’aereo prima di guidare l’auto”, 22 maggio 2019, https://www.palermotoday.it/video/volo-palermo-aeronautica-boccadifalco.html; Alessandro Palantrani, Gli studenti in volo con l’aeronautica militare, 17 maggio 2019, https://www.seairlandshots.com/index.php/2019/05/17/gli-studenti-in-volo-con-laeronautica-militare/.

[19] Vd.: Sandra Linguerri, Vito Volterra al fronte: dall’<Ufficio Invenzioni al Consiglio Nazionale delle Ricerche, http://matematica.unibocconi.it/sites/default/files/LM92_58-68_Linguerri.pdf; La scienza al servizio della guerra, http://scuoladicittadinanzaeuropea.it/schede/la-scienza-al-servizio-della-guerra/.

[20] Solo a titolo esemplificativo, vd.: Siglato il protocollo tra Esercito e Università Statale di Milano: nasce il campus di Edolo, 19 aprile 2016, http://www.gazzettadellevalli.it/valle-camonica/edolo/siglato-il-protocollo-tra-esercito-e-universita-statale-di-milano-nasce-il-campus-di-edolo-85007/; Antonio Mazzeo, Gli artigli della Marina sull’Università di Messina, https://romperelerighe.noblogs.org/post/2018/06/05/gli-artigli-della-marina-sulluniversita-di-messina/; Sigonella: studenti a lezioni di Aeronautica Militare, 19 aprile 2017, http://www.ilfattoweb.it/2017/04/19/sigonella-studenti-a-lezioni-di-aeronautica-militare/.

[21] Vd.: Laboratorio PerCro: il primo esoscheletro italiano per amplificare la forza, 5 marzo 2012, https://www.santannapisa.it/it/news/laboratorio-percro-il-primo-esoscheletro-italiano-amplificare-la-forza

[22] Ministero della Difesa, Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2020-2022, https://www.difesa.it/Content/Documents/DPP/DPP%202020-2022.pdf. Per informazioni più dettagliate e puntuali riguardo agli accordi Difesa-Università, vd. Antonio Mazzeo, L’università italiana va in guerra, 13 aprile 2022, https://www.girodivite.it/spip.php?page=stampa&id_article=32540

[23] Ministero della Difesa, Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2022-2024, https://www.difesa.it/Il_Ministro/Documents/DPP_2022_2024.pdf

[24] Cyber & Sicurezza, https://cybersecurity.leonardo.com/it/home?gclid=CjwKCAjw-rOaBhA9EiwAUkLV4h1joZ-B_D-M3TdaOvTlz_ntW8-lnskrqW6swb_zNaKE8RPdWEtcgxoCWIgQAvD_BwE

[25] Il primato tecnologico di Leonardo al servizio della Difesa comune Ue, 13 ottobre 2022, https://www.leonardo.com/it/news-and-stories-detail/-/detail/leonardo-difesa-comune-ue

[26] Alessandro Antonini, Il primato tecnologico di Leonardo al servizio della Difesa comune Ue, 13 ottobre 2022, https://www.liberoquotidiano.it/news/scienze-tech/33442212/leonardo-primato-tecnologico-servizio-difesa-comune-ue.html

[27] Il Recovery Fund è uno strumento per il rilancio economico dei Paesi membri dell’Unione Europea penalizzati dalle misure di contrasto alla pandemia. Si tratta di una assegnazione di fondi agli Stati membri della UE, i quali possono utilizzare questi fondi per realizzare una serie di interventi, in linea con le priorità individuate dalla Commissione Europea, finalizzati al rilancio delle proprie economie. Tutti i Paesi devono procedere alla pianificazione di un PNRR nazionale, un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che indichino gli interventi, le riforme e gli investimenti che ogni Stato vuole effettuare per il rilancio dell’economia. Questi piani strategici sono poi sottoposti alla valutazione e successiva approvazione della Commissione Europea.

[28] Ministero dello Sviluppo Economico, PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, 25 luglio 2022, https://www.mise.gov.it/index.php/it/pnrr/piano

[29] Cfr.: “Nel corso della legislatura il Governo ha più volto reso noto alla Commissione Difesa di aver avviato un percorso verso la definizione di una Strategia Energetica della Difesa, in linea con i documenti programmatici nazionali in materia. L’obiettivo è quello di raggiungere più elevati livelli di efficienza e indipendenza energetica, al fine di perseguire concreti obiettivi di contenimento della spesa, tutela ambientale e sostegno alle capacità militari, e di sviluppare una nuova mentalità energy oriented nell’ambito dei settori della logistica, delle operazioni e delle infrastrutture della Difesa”. (Camera dei Deputati, documentazione parlamentare, La transizione ecologica della Difesa, 23 maggio 2022, https://temi.camera.it/leg18/temi/la-transizione-ecologica-della-difesa.html)

[30] Mariangela Tessa, Conflitto in Ucraina mette le ali ai titoli della Difesa, buy su Leonardo, 8 marzo 2022, https://www.wallstreetitalia.com/conflitto-in-ucraina-mette-le-ali-ai-titoli-della-difesa-buy-su-leonardo/

[31] Investimento 3.1 – Fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione, https://www.mur.gov.it/it/pnrr/missione-istruzione-e-ricerca/m4c2/investimento-31-fondo-la-realizzazione-di-un-sistema

[32] Luigi Franco, Eni e Leonardo influenzano la ricerca italiana? Greenpeace chiede i dati, gli atenei li negano: “Sono riservati, non riguardano il pubblico”, https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/09/29/eni-e-leonardo-influenzano-la-ricerca-italiana-greenpeace-chiede-i-dati-gli-atenei-li-negano-sono-riservati-non-riguardano-il-pubblico/6330366/

[33] A Torino il “Drone Contest” di Leonardo per promuovere la ricerca accademica, 7 ottobre 2022, https://www.agenzianova.com/news/a-torino-il-drone-contest-di-leonardo-per-promuovere-la-ricerca-accademica/

[34] Andrea Ballocchi, Tutti i piani di Leonardo nel mondo dei droni, 27 febbraio 2020, https://www.industriaitaliana.it/tutti-i-piani-di-leonardo-nel-mondo-dei-droni/

[35] Per avere un’idea della dimensione di Leonardo, dell’importanza della ricerca universitaria per il suo sviluppo industriale e della essenzialità del finanziamento statale, cfr.: Rossana De Simone, L’INDUSTRIA DELLA DIFESA E SICUREZZA ITALIANA: dal governo politico al governo della fabbrica, 28 gennaio 2020, https://www.peacelink.it/disarmo/a/47252.html. Nel 2021, Leonardo ha attivato 776 percorsi formativi tra stage, programmi di apprendistato, tirocini e alternanza scuola-lavoro. Numerosi dipendenti di Leonardo si sono impegnati in più di 1.400 ore di docenza in 4 Istituti tecnici superiori italiani. Nel settembre 2022 ha patrocinato il primo liceo digitale. Cfr.: Nasce oggi il primo Liceo Digitale: competenze scientifiche e umanistiche insieme per il futuro, 30 settembre 2022, https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/30-09-2022-today-sees-the-launch-of-the-first-italy-s-digital-high-school-knowledge-in-the-sciences-and-humanities-working-together-for-the-future

[36] Leonardo accelera sulla digitalizzazione dell’industria dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza, 1 dicembre 2021, https://www.analisidifesa.it/2021/12/leonardo-accelera-su-digitalizzazione-aerospazio-difesa-e-sicurezza/

[37] [Bolzano] A Castel Mareccio si prepara la guerra di domani. Contestato convegno del complesso militare-industriale-energetico sull’Artico, 4 ottobre 2022, https://oltreilponte.noblogs.org/post/2022/10/04/bolzano-a-castel-mareccio-si-prepara-la-guerra-di-domani-contestato-convegno-del-complesso-militare-industriale-energetico-sullartico/?fbclid=IwAR34GLXJvRXcETR3frVtFVKoJAGOhhIbwrvapFVtWBmgkPAPPvjrs70QGhc. Al convegno hanno preso parte importanti esponenti del complesso militare – industriale – energetico italiano, istituti di ricerca, professori universitari, giornalisti e politici.

[38] Scuola Universitaria Interdipartimentale in Scienze Strategiche (SUISS), 27 maggio 2020, https://www.suiss.unito.it/do/home.pl/View?doc=profili_professionali.html

[39] Agata Olivato, Corso di Laurea in Scienze della Difesa e della Sicurezza, 19 aprile 2021, https://uniperte.info/scienze-della-difesa-e-della-sicurezza/

[40] Scuole militari: addestramento degli allievi della Nunziatella intorno a Tregasio, 29 giugno 2021, https://www.ilcittadinomb.it/news/cronaca/scuole-militari-addestramento-degli-allievi-della-nunziatella-intorno-a tregasio/#:~:text=La%20pattuglia%2C%20dopo%20essersi%20esercitata,punto%20in%20cui%20si%20trova

[41] Addestramento estivo, https://www.esercito.difesa.it/organizzazione/capo-di-sme/comando-per-la-formazione-specializzazione-e-dottrina-dell-esercito/Comando-per-la-Formazione-e-Scuola-di-Applicazione/Accademia-Militare/Teulie/Pagine/Addestramento-estivo.aspx

[42] Avviso di attivazione del corso di formazione a carattere teorico-pratico per i giovani presso i reparti delle Forze Armate – Anno 2013. (GU n.57 del 19-07-2013), giugno 2013, https://www.gazzettaufficiale.it/atto/concorsi/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2013-07-19&atto.codiceRedazionale=13E03042

[43] In Polonia addestramento paramilitare per gli studenti, 12 agosto 2022, https://www.analisidifesa.it/2022/08/la-polonia-vara-programmi-di-addestramento-paramilitare-degli-studenti/

[44] Massimiliano Pilati, La caserma, “Una cosa devi fare: obbedire”. A quei ragazzi mi piacerebbe dire: pensate, 28 gennaio 2021, https://www.ildolomiti.it/blog/massimiliano-pilati/la-caserma-una-cosa-devi-fare-obbedire-a-quei-ragazzi-mi-piacerebbe-dire-pensate. Il secondo ciclo andrà in onda nella primavera del 2023.

[45] Militari di truppa, http://www.esercito.difesa.it/concorsi-e-arruolamenti/volontari

[46] Esercito e Università a Torino, laurea in Scienze Strategiche, 15 marzo 2018, http://www.esercito.difesa.it/organizzazione/capo-di-sme/comando-per-la-formazione-specializzazione-e-dottrina-dell-esercito/Comando-per-la-Formazione-e-Scuola-di-Applicazione/Pagine/Corsi-universitari.aspx

[47] Vd.: Percorso formativo in collaborazione con lo Stato Maggiore dell’Esercito, Multinational Battle Group West Joint Enterprise Kosovo Summer School, https://www.luiss.it/studenti/training-opportunities-e-soft-skills/soft-skills-con-cfu/corsi-di-laurea-magistrale-e-mag-2

[48] Ermete Ferraro, Militarizzazione del territorio urbano e sicurezza. Cittadini sotto assedio, 30 giugno 2016, http://www.agoravox.it/Militarizzazione-del-territorio.html

[49] Percorso formativo in collaborazione con lo Stato Maggiore dell’Esercito, Multinational Battle Group West Joint Enterprise Kosovo Summer School, https://www.luiss.it/studenti/training-opportunities-e-soft-skills/soft-skills-con-cfu/corsi-di-laurea-magistrale-e-mag-2

[50] Ibidem.

[51] Ilaria Sesana, L’Europa vuole finanziare la ricerca militare, il “no” degli scienziati, 2 luglio 2018, https://altreconomia.it/scienziati-ricerca-militare/; https://www.researchersforpeace.eu/.

[52] No agli accordi università-militari 11 aprile presidio rettorato Cagliari, 21 marzo 2018, https://www.facebook.com/notes/a-foras-contra-a-socupatzione-militare-de-sa-sardigna/no-agli-accordi-universita-militari-11-aprile-presidio-rettorato-cagliari/1014385572060551/.