Minima Cardiniana 434/2

Domenica 1 ottobre 2023, Santa Teresa del Bambin Gesù

MADAME LE PEN, REVOILÀ
forse qualcosa si muove; era ora che qualcuno si accorgesse delle lobbies; il prossimo passo, magari, sarà chiedersi che tipo di responsabilità esse abbiano nell’affaire dei migranti africani e della sottrazione delle risorse che spinge alla disperazione tanta gente nel continente nero.

MARINE LE PEN E LA PROPOSTA CONTRO LE MULTINAZIONALI
Lo scorso 16 settembre Marine Le Pen ha presentato, davanti all’Università politica del Rassemblement National, un’iniziativa che poi ha promosso durante il suo comizio al raduno della Lega a Pontida, il giorno seguente.
La leader del Rassemblement National ha chiesto la stesura di una “dichiarazione dei diritti delle nazioni e dei popoli” – sul modello della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – per tutelarsi dagli “eccessi di potere delle organizzazioni strutture sovranazionali o commerciali”. L’obiettivo è la salvaguardia delle strutture democratiche ancora esistenti minacciate da sovrastrutture economiche e politiche che, in nome del profitto, cercano di sopprimere e umiliare la volontà del popolo.
Davanti a molti giornalisti, Marine Le Pen ha specificato che il RN presenterà una “proposta di legge costituzionale” auspicando che venga poi trasformata in una “risoluzione votata dal Parlamento europeo”.
Un documento che, con molta probabilità, diventerà il cavallo di battaglia di RN e dei partiti alleati a livello europeo durante la contesa politica del 2024.
“Le minacce maggiori”, ha sostenuto la Le Pen, “non provengono necessariamente solo dagli Stati”, ma anche da grandi gruppi privati tra cui Gafam (Google, Amazon, Meta/Facebook, Apple, Microsoft), “che possono intervenire direttamente nelle scelte e nella vita delle nazioni compromettendo la libertà dei popoli di autodeterminarsi”. Infine, per concludere: “Le nazioni devono essere rispettate nella loro aspirazione a preservare la propria identità, la propria continuità storica, le proprie tradizioni, le proprie organizzazioni giuridiche: una sorta di tutela”.
Sembra quasi un paradosso che sia proprio la destra a evidenziare il problema dell’imperialismo delle multinazionali e della religione del profitto, un presupposto ideologico al quale la sinistra, ormai ridotta all’insignificanza di qualche diritto individuale in più, ha rinunciato da tempo.
Le prossime elezioni europee, previste dal 6 al 9 giugno 2024, vedranno “separati” i tre partiti di maggioranza, ovvero quelli che attualmente formano la coalizione di governo. Fratelli d’Italia correrà con il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei, del quale Giorgia Meloni è presidente. Le difformità programmatiche, anche rispetto alla linea che l’attuale governo italiano sta percorrendo, riguardano l’“euroscetticismo” (ma tengono a precisarsi “eurorealisti”) e la contrarietà al federalismo europeo. La Lega salviniana è invece alleata con il Rassemblement National all’interno del partito Identità e Democrazia (tre le “priorità”: Sovranità, Democrazia, Identità), guidato dal leghista Marco Zanni (tra gli attuali membri anche Alternative für Deutschland). Infine, Forza Italia si schiererà con il PPE, il Partito Popolare Europeo, di matrice liberal-conservatrice e cristiano-democratica, alla cui guida troviamo il tedesco Manfred Weber.

Un suggerimento ai “conservatori-riformisti”, a parte quello di cambiare la loro ossimorica autodefinizione: se non si accetta il principio di una prospettiva europea politicamente unitaria non si fa solo dell’antifederalismo, bensì del sovranismo e quindi del micronazionalismo in un tempo che vede agire nel mondo i grandi blocchi sovranazionali. Tra USA, NATO e BRICS l’Europa non può presentarsi come una costellazione di piccoli stati ricchi di una grande storia e di notevoli risorse economiche e tecnologiche ma nanerottoli quanto a forza militare, quindi a credibilità e capacità diplomatiche. Una unità politica continentale è necessaria: e l’Unione Europea attuale non è unità politica. Il federalismo di ventoteniana memoria è inadeguato, anche perché in contrasto con la storia e le identità nazionali che compongono l’Europa. Però esiste il modello confederale: un’unione non “all’americana” o “alla russa” o “alla tedesca”, bensì “alla svizzera”. Perché non avviarsi sulla strada di una Confederazione Europea che riduca al minimo essenziale la “cessione di sovranità” dei singoli stati al centro confederale lasciando però ad esso la gestione suprema della difesa, della giustizia, della sanità e delle comunicazioni? (FC)