Minima Cardiniana 434/3

Domenica 1 ottobre 2023, Santa Teresa del Bambin Gesù

RICERCA STORICA, LIBERTÀ D’INSEGNAMENTO, POLITICAL CORRECTNESS
L’organizzazione ANPI, che riunisce i partigiani d’Italia (ma quanti cittadini italiani viventi hanno un passato di combattenti partigiani oggi, visto che per essere stati tali bisogna aver avuto almeno una quindicina di anni nel 1945?) ambisce a una sorta di monopolio non solo morale – che sarebbe già discutibile – ma anche esegetico e didattico nell’insegnamento del fascismo nelle scuole; quindi a un monopolio nell’interpretazione del fenomeno fascista; e ciò nel nome dell’antifascismo, valore propugnato con rigore mai però definito nei suoi termini e nelle sue proporzioni. Qual è il patrimonio scientifico che consente all’ANPI una tale pretesa? Chi sono gli studiosi che ne rappresentano il pensiero? Quali le opere alle quali essa si riferisce? Quali le basi sostanziali del primato ch’essa rivendica? Ascoltiamo su ciò il parere di un competente universalmente tale ritenuto.

A LEZIONE DI DEMOCRAZIA (ANPISTA)
di Dino Cofrancesco
Ne La scienza come professione (1918), il più grande scienziato politico del Novecento, Max Weber, scriveva: se a scuola “si parlerà di ‘democrazia’, se ne osserveranno le diverse forme, se ne analizzerà il modo in cui esse funzionano, si stabilirà quali siano le singole conseguenze dell’una o dell’altra nella vita pratica, e poi vi si contrapporranno le altre forme non democratiche dell’organizzazione politica e si cercherà di giungere fino al punto in cui l’ascoltatore sia in grado di poter prendere posizione secondo i propri supremi ideali. Ma il vero maestro si guarderà bene dal sospingerlo, dall’alto della cattedra, a prendere un qualsiasi atteggiamento, sia esplicitamente sia con suggerimenti». Non credo che questo sia l’ideale pedagogico dello storico anpista Giovanni De Luna, che, in un’intervista a la Repubblica, denuncia il vero obiettivo del governo, che sarebbe quello di riscrivere la storia del Ventennio laddove dovrebbe invitare a insegnare la democrazia nelle aule.
“Se si vuole che i ragazzi amino la democrazia” bisogna far capire che essa “non è qualcosa di estenuato, tecnocratico” ma “significa egualitarismo (sic!), autonomia individuale invece della dimensione di massa delle adunate oceaniche invece della gerarchia, disobbedienza anziché disciplina”. Non si è tenuti ad essere weberiani ma almeno il sospetto che ci possano essere versioni della democrazia che non contemplano né l’egualitarismo – che è ben altra cosa dell’eguaglianza davanti alla legge – né la disobbedienza – che nei confronti di un governo legittimo le cui leggi non sono in contrasto col dettato costituzionale diventa un reato –, dovrebbe sfiorare la mente dello storico, capofila degli indignados contro il governo Meloni. Il fatto è che per chierici come De Luna – autore, anni fa, di un libro sul Partito d’Azione in cui vedeva i limiti dei pur benemeriti azionisti nella mancanza di una visione marx-leninista della storia – tutto ciò che si discosta dal catechismo anpista puzza di “revisionismo strisciante”! Un’espressione, peraltro, emblematica, quest’ultima, giacché fa diventare un capo d’accusa quel revisionismo, che è il lievito delle nuove ricerche storiche giustificate solo dall’insoddisfazione delle versioni canoniche degli eventi del passato.
(il Giornale, Piemonte e Liguria, 26 settembre 2023)