Domenica 1 ottobre 2023, Santa Teresa del Bambin Gesù
OGNI ETÀ HA IL PRINCIPE CHE SI MERITA
“SUA MAESTÀ IL DENARO”
(Franco Battiato, Bandiera bianca)
di Bruno Bosi
Le nostre società occidentali, che amano autoproclamarsi democratiche, sono dominate dall’ideologia liberista. L’applicazione rigida dell’ideologia liberista in ogni aspetto delle relazioni tra umani rende le nostre società integraliste nella sopravvalutazione del denaro: col denaro si può tutto senza denaro non si può niente. Tutti sono costretti a desiderare ed inseguire il denaro pena l’emarginazione sociale. Il denaro è distolto dalla sua naturale funzione di strumento contabile e gli viene attribuita la funzione di riserva di valore, un atto di fede privo di qualsiasi fondamento economico. È sorretto da una logica di crescita solo quantitativa, contraria ai principi universali di giustizia e uguaglianza e in ultima analisi il maggior impedimento all’aspirazione e realizzazione di un futuro migliore. Il denaro è diventato l’istituzione più tutelata dal potere politico, sovrasta tutte le istituzioni che avevano preso forma nel corso della storia in direzione di relazioni tra umani tendenti alla giustizia ed all’uguaglianza dei diritti. Anche la democrazia, dove prevale la logica della crescita, intesa come accumulo di denaro inutile ed inutilizzabile, possibile solo comprimendo i diritti di chi lavora e produce la ricchezza reale, è ridotta ad una mera formalità.
La ricchezza sta nei beni reali, prodotti col lavoro, beni utili e quindi desiderati in quanto il godimento di questi è in grado di aumentare il benessere materiale. Col capitalismo, che ha avuto un incremento vertiginoso a partire dalla rivoluzione industriale, ai beni reali viene attribuito valore solo nella misura in cui possono essere trasformati in denaro. Nello stesso tempo nasceva anche la Scienza economica, divulgata dagli economisti della scuola classica, schierata in una funzione trainante del nuovo ordine economico si impose il paradigma economico della mano invisibile o liberismo. Uno dei rari oppositori alle teorie liberiste fu Sismondi, attento osservatore dei disagi che il liberismo procurava ai lavoratori delle industrie inglesi, dove al grandioso incremento della produzione corrispondeva un ancora più grande aumento della povertà: il pauperismo. Sismondi rimase inascoltato nonostante la sagacia e lungimiranza delle sue critiche riferite alla funzione di riserva di valore che il capitalismo attribuisce al denaro: “hanno separato l’ombra dal corpo e hanno instaurato un lucroso commercio dell’ombra”. Sono passati due secoli, oggi col capitalismo divenuto finanziario e il trionfo del neoliberismo, le sue critiche iniziano ad essere rivalutate.
La capacità di astrazione, di costruzioni virtuali, si presta a delle manipolazioni che non sono possibili coi beni reali. Quando si ha a che fare con beni reali ci sono dei limiti connessi alla fisicità, cosa che non accade per entità virtuali. Per i beni reali ci sono dei problemi di ingombro, di deperibilità e di reperibilità che obbligano chi li detiene a tener conto delle esigenze e delle aspirazioni dei suoi interlocutori. Per la ricchezza virtuale o denaro non ci sono limiti prestabiliti, la finanza, le multinazionali le società con personalità giuridica possono inglobare tutta la ricchezza virtuale senza tener conto delle esigenze reali dell’umanità. È come se vivessero in un mondo extra terrestre dove non valgono i principi di giustizia ed uguaglianza che hanno contribuito ad un lento miglioramento delle relazioni tra umani espresse nel progresso della civiltà. L’unico rapporto che accettano di mantenere con la realtà è una relazione di dominio come creditori sui debitori che per esistere deve mantenere la scarsità di denaro per chi lavora e produce la ricchezza.
Le capacità dell’uomo di astrazione, di rapportarsi alle dimensioni reali con l’immaginazione o con strumenti virtuali sono la possibilità di fare progetti in risposta all’aspirazione ad un futuro migliore comune a tutta l’umanità. Queste capacità devono essere mantenute al servizio dell’umanità se no tendono a degenerare, trasformandosi in strumento per assecondare gli istinti di sopraffazione anche questi presenti in tutti gli umani, fino a giustificare relazioni di dominio. Questo è il compito della politica, vigilare affinché le istituzioni prodotte per tutelare il bene comune non siano utilizzate per giustificare e proteggere dei soprusi che alla lunga vanno a minare sia la coesione sociale che la conservazione dell’ambiente. L’uomo nel corso della storia si è dotato di strumenti sempre più sofisticati per facilitare le relazioni coi suoi simili, a partire dal linguaggio parlato poi scritto. Pensiamo alle misure di peso o di dimensioni. Se dico che un determinato oggetto pesa cento kg, non cambia la natura dell’oggetto se dico che pesa cento libbre, se le distanze le esprimo in metri o in piedi non mi cambia la dimensione reale. Lo stesso vale per la misura di valore, se dico che una cosa vale cento euro quella cosa rimane uguale se dico che vale cento conchiglie. Il peso e le dimensioni sono grandezze materiali apprezzabili dai sensi, il concetto di valore è molto più complicato in quanto dipende da valutazioni che partono dal costo di produzione ma poi possono variare in base all’apprezzamento individuale o alle difficoltà di reperibilità con un’infinità di variabili. Per facilitare gli scambi commerciali ci si rese conto che era importante anche un’unità di misura del valore. Una volta che i contraenti sono a conoscenza del valore sottinteso in una unità di misura come un euro o del peso sottinteso in un kg, diventa molto più semplice capirsi e nel caso che a noi interessa scambiare delle merci. Il valore di un oggetto può essere espresso in un multiplo o in una frazione del valore di una unità di misura. Il valore dell’unità di misura per essere inteso uguale per tutti doveva essere legato a qualcosa di materiale che fosse apprezzabile dai sensi dell’uomo. Ed ecco il ruolo dei metalli preziosi, oro e argento, come misura del valore attribuito ad una unità di conto. Rari, non deperibili, desiderati da tutti, e da tutti accettati in pagamento di qualsiasi altro oggetto. Una volta che il sistema si è affermato nel senso che è conosciuto e accettato, il denaro non è più materialmente indispensabile per lo scambio, come non è indispensabile per valutare il peso, portarsi un campione di un kg. A partire dall’antichità venivano monetati i metalli preziosi e si aveva un valore intrinseco delle monete metalliche. Questo sistema consentiva di raggiungere il risultato desiderato in un unico passaggio di mano, nel senso che il contraente che riceveva la moneta d’oro poteva ritenersi appagato dalla conseguita disponibilità del materiale prezioso. L’oro poteva essere utilizzato come potere d’acquisto ma poteva anche essere tesaurizzato o nascosto. Col perfezionamento del processo di astrazione si iniziano ad utilizzare le lettere di credito, poi alla fine del Seicento si passa alla carta monetata che non ha più un valore intrinseco. Oggi le quantità più importanti di transazioni monetarie avvengono per via elettronica con un semplice click. Il risultato desiderato dall’operatore economico non è più il valore intrinseco della moneta e tantomeno della banconota ma la possibilità che questa può dare di acquisire nuovi beni materiali. È una spinta continua ad inseguire un risultato che non può mai essere definitivo pena il crollo di tutto il castello di carta(moneta).
Il denaro cartaceo ha avuto origine dalla necessità del potere politico di finanziare una guerra. La guerra è un’impresa dall’esito incerto e richiedeva mezzi di pagamento con una consistenza reale che a fine Seicento era riconosciuta solo all’oro. Il re per convincere i ricchi mercanti che avevano l’oro a metterlo a disposizione delle necessità della guerra, distogliendolo dalla funzione di circolante per le operazioni commerciali, li autorizza ad emettere delle banconote con un valore nominale equivalente, che potevano circolare ed essere accettate come mezzi di pagamento in quanto erano garantite dal potere politico che si impegnava a riconvertirle in oro. Fino a quando resta la fiducia nel potere di acquisto, dato dalla possibilità di riconversione in oro delle banconote, queste possono circolare con passaggi di mano illimitati. Il produttore si libera del suo prodotto ingombrante e deperibile, facendolo confluire sul mercato, in cambio di carta moneta che conserva il valore stabilito, in una quantità d’oro, al momento dell’emissione. Se improvvisamente si chiudessero gli spazi per successivi passaggi di mano del denaro, per acquisizione di nuovi beni materiali, quel denaro non avrebbe più valore. Per questo il denaro per essere accettato, doveva avere la garanzia della possibile riconversione in oro.
La funzione del denaro è di lubrificante per le transazioni commerciali all’interno di un’economia di mercato, un’unità di misura per il valore, come il metro per le dimensioni o il kg per il peso. La sua funzione è di facilitare lo scambio che sarebbe rallentato dal sistema del baratto. Senza il denaro, se un produttore di patate volesse acquistare dei pomodori, dovrebbe cercare un produttore di pomodori che ha necessità di patate. Con l’uso del denaro il produttore di patate fa affluire il suo prodotto sul mercato e riceve un’attestazione del valore messo a disposizione della comunità che gli consente di acquistare i pomodori dal primo produttore che incontra. Il denaro è un semplice mezzo, né buono né cattivo dipende dall’uso che se ne fa. Può avere una funzione attiva, stimolando le transazioni commerciali in un incessante passaggio di mano dove ad ogni passaggio esplica la sua funzione liberatoria per chi lo cede in cambio di beni materiali. Chi si priva dei beni, in cambio acquisisce un potere d’acquisto che diventerà effettivo quando arriverà al successivo passaggio di mano e così deve andare avanti all’infinito. Ogni volta che passa di mano, riconferma il valore di certificazione della ricchezza data dal potere d’acquisto per beni materiali o dalla possibilità di riconversione in oro. Da quando non è più convertibile in oro la funzione del denaro è completamente slegata dalla realtà. La garanzia del valore della carta moneta non è più l’oro ma la possibilità di accendere nuovi rapporti di debito-credito, all’infinito inseguendo un risultato che non deve arrivare mai se no il gioco finisce.
Diverso è per il denaro messo da parte, risparmiato. Prima del trionfo del capitalismo finanziario, risparmio significava un comportamento prudente volto a conservare una parte del reddito disponibile, beni materiali o denaro, in un momento di prosperità, per far fronte ad eventuali situazioni di carestia o alla necessità di investimenti consistenti. Il denaro risparmiato esce dal ciclo produttivo e di consumo, una volta quando aveva un valore intrinseco lo si nascondeva. Una penalizzazione per l’economia come l’acquisto di beni rifugio, non rischiosi ma non produttivi. Per mantenere vivo il denaro, per favorirne la circolazione si doveva inventare un modo di ri-immettere il denaro risparmiato nel ciclo produttivo. Per il capitalismo industriale il risparmio era l’equivalente degli investimenti. Il risparmio era potere d’acquisto posticipato che il piccolo risparmiatore affidava ad una banca, questa lo prestava a chi doveva fare investimenti in cambio di un tasso di interesse che la banca divideva con chi depositava in banca il denaro risparmiato. Il tutto si svolgeva in una dimensione locale o al massimo nazionale. Ora la banca non svolge più questa funzione, la banca raccoglie denaro per conto di fondi d’investimento che non si sa a chi appartengono o dove hanno sede. Il denaro risparmiato dai privati attraverso i fondi di investimento finisce nelle mani della finanza e diventa potere politico dei dominatori sui dominati. Oggi per risparmio si intende detenere titoli di credito che devono dare una rendita o un reddito senza lavorare. Significa dirottare queste risorse in una lotteria che determina una redistribuzione continua ma in favore di chi ha già troppo, un ulteriore espediente per penalizzare il lavoro. Si drenano i capitali con mezzi subdoli e opachi per esportarli in una dimensione virtuale, solo apparentemente nella disponibilità dei piccoli risparmiatori. Questi si devono accollare le responsabilità di eventuali e alla lunga inevitabili perdite, mentre i gestori si accollano gli utili se ci sono, oppure prelevano le spese di gestione anche se in perdita. I fondi di investimento investono, acquistano attività commerciali o industriali, accorpandole in realtà di dimensioni tali da raggiungere forme più o meno mascherate, di monopolio spingendo ai margini fino all’esclusione le realtà di dimensioni non in grado reggere il confronto con questi giganti. Col denaro dei risparmiatori, comperano la fabbrica dove questi lavorano, poi stabiliscono quale trattamento deve essere riservato al lavoratore risparmiatore che gli ha prestato il denaro. Ristrutturano l’azienda comprata che significa sempre risparmiare sul costo della mano d’opera. Ma solo così il valore del denaro risparmiato e investito in titoli di credito può aumentare, il che dovrebbe significare un compenso per il denaro che il risparmiatore ha prestato, che quasi sempre viene reinvestito in nuovi titoli. Complessivamente la società sia locale che globale si impoverisce, aumenta il numero degli esclusi, un peso da smaltire o destinato a una qualche forma di assistenza calata dall’alto, dall’illimitata disponibilità della finanza predatoria, mimetizzata nella benevolenza di qualche magnate filantropo.
Il nostro status di risparmiatori è diventato un atto di fede e nello stesso tempo lo strumento più potente di concentrazione di un potere economico-politico che nega la libertà e la democrazia come la sicurezza e il benessere materiale, per confluire in una squallida relazione di dominio dei creditori sui debitori. La grettezza dell’obbiettivo di accumulo di denaro inutilizzato e inutilizzabile è superata con la pretesa di una dimensione illimitata che non può appartenere alla condizione umana senza creare dei disastri da un punto di vista sociale e ambientale. La fede nel denaro è la sfiducia nel futuro, diceva Keynes un secolo fa, e oggi sembra evidente che il risparmio non è più una virtù. Per avere una ragione di esistere, deve vedersi riconosciuta una funzione utile alla società, che gli consenta di avere accesso ad una qualche forma di retribuzione in termini di rendita economica e di potere politico: è la funzione di riserva di valore attribuita al denaro con un atto di fede. Il denaro è diventato il fine dell’agire umano, la forma di ricchezza che prevale su tutte le altre e quindi sarà sempre più tutelata, protetta e incrementata. La finanza predatoria deve rendere scarso il denaro circolante all’interno dell’economia reale per stimolare l’indaffaramento di chi svolge attività produttive valutate solo in base alla quantità di denaro che possono procurare alla finanza. Deve creare la necessità di indebitarsi in quanto il nuovo potere politico-economico che sovrasta anche le istituzioni democratiche dei paesi occidentali è quello dei creditori sui debitori.
La finanza è il mercato dei titoli di credito che sono la certificazione di rapporti debito-credito ed ha per oggetto azioni di prestito e restituzione di denaro. I titoli di credito possono avere origine dall’indebitamento dei privati o degli stati sovrani. Le possibilità di piazzare i titoli di credito dipendono dalle capacità, di restituzione o di fornire una rendita ai creditori, riconosciute a chi emette i titoli. Nei rapporti tra privati, nell’economia reale i debiti devono essere pagati, in denaro o in natura, altrimenti il meccanismo si inceppa. Se viene estinto o pagato il debito, si estingue anche il relativo credito. Questi rapporti potrebbero esistere senza l’intervento della finanza. Nel mondo virtuale della finanza, del mercato del denaro, al contrario i debiti non devono essere pagati altrimenti il rapporto debito–credito, in cui consiste il denaro, scompare. Per il capitalismo finanziario alla ricchezza prodotta devono corrispondere dei rapporti di debito-credito la cui quantità deve aumentare all’infinito. Il potere politico della finanza consiste nella facoltà di imputare il debito agli operatori dell’economia reale e il credito a se stessa. Un processo di accumulo condannato alla crescita, se si arresta crolla ma se continua a crescere è destinato a soffocare l’economia e a crollare assieme a questa.
I titoli di credito emessi dai privati nascono con l’emissione di bond da parte di grandi aziende dovute a scelte che spettano all’iniziativa imprenditoriale e alla propensione al rischio degli operatori economici. Anche i piccoli imprenditori, i lavoratori dipendenti e in generale i consumatori possono creare denaro con l’emissione di un assegno o di una cambiale. Al valore dei titoli emessi dai privati deve corrispondere una garanzia di beni reali che giustificano la creazione del denaro che verrà anticipato da una banca. Il denaro per chi lo emette è il riconoscimento di un debito. Per chi lo riceve è potere d’acquisto. Di solito questi titoli sono acquistati con denaro proveniente dall’economia reale attraverso il risparmio dei privati. Di fatto il potere politico succube del potere finanziario ha adottato regole che impongono anche a questo denaro proveniente dall’economia reale di transitare attraverso i fondi di investimento, attraverso la finanza. Questa parte può essere restituita coi risultati dei cicli economici futuri ai quali il risparmio dei privati ha portato il suo contributo. Alla fine del ciclo produttivo l’imprenditore deve ricavare dal prodotto che fa confluire sul mercato l’equivalente degli assegni emessi per il lavoro i servizi e i materiali acquistati, gli interessi da pagare alla banca che ha anticipato il denaro equivalente agli assegni emessi e un utile o profitto per il suo lavoro, il suo rischio, le sue capacità e intuizioni. Dall’altra parte chi ha ricevuto il denaro in cambio del lavoro o della fornitura di servizi o materiali può avere una carenza o un sovra più rispetto alle sue esigenze di bilancio. Quindi potrà avere necessità di indebitarsi oppure potrà disporre di denaro destinato al risparmio. Complessivamente il sistema così strutturato tende ad auto alimentarsi, un sistema circolare che richiede l’emissione di denaro quando l’economia è in espansione mentre deve riassorbire denaro in caso di recessione per evitare l’inflazione.
L’emissione di bond da parte di stati sovrani è una decisione politica alla quale segue una gestione politica del denaro ricavato dalla vendita dei titoli. Gli stati sovrani quando potevano finanziarsi stampando denaro, controllando ognuno la propria banca centrale, dovevano almeno teoricamente risponderne a organi di controllo democraticamente eletti e si presumeva che agissero nell’interesse dei cittadini. Il problema è che la politica non brilla mai per sobrietà o atteggiamenti parsimoniosi ma per inefficienza e corruzione finalizzata alla rincorsa ai consensi. I politici emettono titoli di credito con una scadenza alla quale deve corrispondere una restituzione e una rendita per la durata del prestito. La disponibilità dei risparmiatori privati ad acquistare i titoli è data dalla rendita dei titoli di credito che lo stato si impegna a pagare. Il risparmio dei privati viene quasi esclusivamente intercettato dai fondi di investimento (investitori istituzionali o fondi comuni di investimento) tramite le banche sparse sul territorio ormai ridotte al ruolo di procacciatori d’affari. I fondi comuni di investimento sono controllati dalla finanza che si vede riconosciuto il diritto ad onerose commissioni. Questa parte potrà essere restituita con denaro proveniente dal prelievo fiscale prodotto dalle attività che beneficiano delle infrastrutture realizzate col denaro se speso utilmente e valorizzato dal lavoro.
Una parte dei titoli di debito pubblico, in continuo aumento, è acquistato con quantità abnormi di denaro creato dal nulla da una banca che si pretende privata che stampa il denaro che serve allo stato. Il denaro creato dal nulla non è ricchezza che entra nei processi produttivi, è un mero strumento contabile, non è giustificata la pretesa di restituzione del resto impossibile. Viene valorizzato in negativo, cioè accreditato come ricchezza virtuale nella disponibilità della finanza e va a confluire nel debito pubblico destinato ad aumentare, senza limiti. Trattandosi di titoli di credito deve esserci anche qualcuno a cui imputare il debito, debiti inestinguibili che saranno rinnovati con nuovi prestiti e vanno ad incrementare la montagna di titoli spazzatura già esistente. Il debito è accollato agli operatori dell’economia reale, gli unici soggetti solvibili in grado di fornire ricchezza vera. È il potere dei creditori sui debitori che riconosce alla finanza predatoria il diritto di stabilire le condizioni da riservare al lavoro per essere certi che la rendita sarà garantita. Vengono continuamente sollecitati ad un aumento della produttività che significa una diminuzione del compenso riservato al lavoro per remunerare questa montagna di titoli di credito col prelievo di una parte della ricchezza prodotta nell’ultimo ciclo produttivo raccolti col prelievo fiscale. Del prelievo fiscale se ne fa carico la politica a livello statale e qualora ci fossero rimostranze contro un prelievo che sta diventando soffocante può disporre dei mezzi previsti per mantenere l’ordine pubblico. Questo procedimento viene ammorbidito da un susseguirsi di scambi che dopo il primo passaggio vedono delle transazioni di denaro non più creato dal nulla ma frutto di risultati concreti derivanti dalla monetizzazione di prodotti fatti affluire sul mercato. Questo consente la rateizzazione della rendita destinata all’anticipo in più cicli consecutivi. Questo è il mondo della finanza, e per esistere deve indebitare sempre di più il mondo reale.
La prima osservazione è che a fronte delle abnormi quantità di banconote stampate non è prevista nessuna possibilità di conversione in beni reali. Si dice che la quantità di titoli sia pari a quaranta volte il PIL mondiale. Per appianare il debito, tutto quello che sarà prodotto nei prossimi quaranta anni dovrebbe essere consegnato ai creditori. Questo non è possibile ma il sistema per sopravvivere deve inasprire ulteriormente le condizioni di vita di chi lavora. Per avere una ragione di esistere deve continuare a crescere in una solo teorica forma di lievitazione che consente la possibilità di acquisire nuovi titoli di credito, inutili e inutilizzabili da un punto di vista economico, ma sono tramutati in potere politico dei creditori divenuti dominatori. Il denaro viene creato dal nulla e acquisisce un valore dal riconoscimento del diritto a partecipare alla spartizione del prodotto a titolo di interessi visto che la restituzione non potrà mai esserci.
La seconda osservazione riguarda l’uso del denaro come anticipo di ricchezza, che si basa sulla funzione di riserva di valore attribuita al denaro cartaceo o elettronico, dovuta ad un atto di fede. L’inganno sta nella funzione o sarebbe giusto dire finzione di anticipo in quanto si tratta di un falso anticipo, di una ricchezza che non esiste quindi non necessita né della garanzia dell’oro né della disponibilità di montagne di carta moneta. Il denaro può essere emesso anche dai privati con assegni o cambiali, possono essere girati un’infinità di volte ma se finiscono nelle mani sbagliate una sola volta, si dissolvono per sempre. Per ottenere un buon risultato serve cooperazione da parte di tutti i partecipanti ognuno con le proprie capacità e necessità. Il valore del denaro è dato dalle capacità e serietà degli operatori economici imprenditori o lavoratori, ma anche consumatori impegnati per ottenere un più alto livello di qualità della vita.
L’inganno sta nella pretesa della restituzione o di una rendita per una ricchezza anticipata che non esisteva. La ricchezza reale anticipata in un ciclo produttivo è il lavoro, retribuito a fine giornata, a fine settimana, o a fine mese ma mai in anticipo. Il lavoro non è una merce ma il mezzo onesto per procurarsi i mezzi di sussistenza. Questo è il fine che giustifica l’attività economica. Il sostentamento del lavoro quotidiano deve essere anticipato rispetto all’esito del ciclo produttivo che alla fine dovrebbe produrre come correspettivo del lavoro i mezzi per acquistare il prodotto finito. Il denaro dovrebbe essere un mezzo contabile per tenere in equilibrio input e output.
Il denaro come corrispettivo della ricchezza della società, come facilitatore degli scambi commerciali, fino a quando circola all’interno dell’economia ha un effetto benefico per il giro d’affari complessivo. Un aumento degli scambi in una data unità di tempo è un aumento della quantità di denaro disponibile. Per circolare deve essere scambiato frequentemente. Per scambiarlo devono esserci incontri tra parti che hanno quantità di beni equivalenti da scambiare. Se esistono una piccola parte che ha una disponibilità infinita ed una grande parte che ha una necessità infinita ma nello stesso tempo niente da scambiare se non la propria disponibilità a lavorare per avere di che sopravvivere (disponibilità ad accettare un lavoro, qualsiasi lavoro) non possiamo più parlare di scambio. È il potere del denaro e di chi ce l’ha che esercita il suo dominio su chi non ce l’ha. Questo non è compatibile con l’aspirazione ad un futuro migliore comune a tutta l’umanità, che necessita di limiti per ciò che può essere oggetto di appropriazione. È già successo col contrasto al latifondismo in agricoltura o col contrasto al monopolio nelle attività commerciali. Col capitalismo finanziario il riconoscimento di limiti non è più accettato. Per questo la nostra economia sembra essere condannata ad una continua crescita, per aumentare il PIL.
Il denaro ha dimostrato la capacità è di accelerare i ritmi, in una situazione che deve essere di scarsità di denaro per imprenditori, lavoratori e consumatori alla quale corrisponde una disponibilità di denaro inutilizzato per qualcun altro. Questo sistema era utile quando eravamo in una condizione deficitaria di risorse disponibili alle esigenze dei consumi totali della società in quanto stimolo a velocizzare ed aumentare la produzione. Una volta che la disponibilità di risorse non è più il problema si è trasformato nel modello di istigazione al consumismo non tanto per aumentare il benessere dei cittadini ma per remunerare l’abnorme quantità di titoli finanziari che grazie alla truffa del falso anticipo lievitano in continuazione. Diventa l’unico fine sul quale si scatenano le avidità di tutti i parassiti. Parassiti il più delle volte tutelati e istituzionalizzati dalle nostre democrazie. Un frenetico affaccendamento che ormai produce solo risultati negativi se rapportati alla qualità della vita. In questo modo saltano tutti gli equilibri sociali e ambientali. Poi si calcola il PIL pro capite dividendo il PIL per il numero di abitanti in parti uguali! Ma in una società liberista avviene esattamente il contrario, si impoverisce chi è già povero per arricchire ulteriormente chi è già ricco. La ricchezza di una società potrebbe essere detenuta anche da uno solo che molto generosamente potrebbe scegliere di distribuire a titolo di carità il fabbisogno essenziale per sopravvivere. Complessivamente l’economia subirebbe una drastica riduzione ma se l’utile va ad un numero decrescente di ultramiliardari, questi vedono sicuramente appagato ogni loro desiderio di distinzione sociale. Nello stesso tempo alla base della piramide la scarsità di denaro lo rende sempre più prezioso per chi non ne ha. È così che si alimenta la fede nella funzione di riserva di valore del denaro. Questa funzione era utile quando la comunità umana globale era in una situazione di scarsità di risorse, era uno stimolo a produrre di più. Oggi il problema è un’ingiusta distribuzione delle risorse che la funzione di riserva di valore del denaro anziché contribuire a risolvere amplifica a livelli di disuguaglianza inaccettabili e pertanto insostenibili.
Per riportare il denaro ad una funzione utile alla società, in sintonia con la realtà economica sociale e politica si dovrebbe stabilire una durata limitata per la funzione di riserva di valore. Il denaro deve gratificare le capacità degli operatori economici, i più bravi ne avranno di più ma lo devono ri-immettere nel sistema economico che così si autoalimenta. Il denaro deve essere potere d’acquisto che entro un certo termine deve essere speso se no si perde. Nel sistema attuale il denaro non speso diventa potere politico e va a giustificare la logica del pesce grosso che mangia il pesce piccolo. Usando le possibilità offerte dal digitale se usate a fin di bene, per l’umanità e non contro l’umanità, è possibile la gestione di una durata prestabilita per il denaro frutto dell’attività economica. Sarebbe una spinta alla moderazione nell’avidità di denaro o detto altrimenti il riconoscimento del diritto all’uguaglianza nella distribuzione anche dei diritti economici e sociali come già avvenuto per i diritti politici. La qualità della vita e dell’ambiente ne avrebbero un beneficio.