Minima Cardiniana 438/3

Domenica 29 ottobre 2023, San Narciso

IN ITALIA, QUALCHE BRECCIA SI APRE NEL CONFORMISMO DELLA DESTRA
Il “paese legale”, in Italia, si è schierato in un primo tempo tutto al fianco d’Israele, “senza se e senza ma”, come stolidamente si usa dire. Allo stesso modo che nella guerra russo-ucraina. Però le cose sono andate poi pian piano cambiando. Il “paese reale” ha dato prova sempre più decisa di essere orientato diversamente, per quanto il nostro parlamento democratico dell’opinione della gente se ne infischi.
Comunque, mentre a sinistra la situazione si è presentata un po’ più varia, la destra (forse perché pensa mediamente meno) è apparsa più monoliticamente succube al conformismo dettato da USA, UE e NATO. Ma là un elemento di strisciante anticonformismo è da tempo rappresentato da alcuni ambienti dei FdI, eredi alla lontana (fiamma tricolore a parte) di AN e del MSI. Lì, qualche residuo “mal di pancia” antioccidentale e antiNATO covava da tempo, tenuto tuttavia a bada dai rigorosi Ukase di Giorgia Meloni.
Gli ultimi fatti, però, hanno mosso di nuovo le acque. Come ben si evince da questa missiva densa e accorata, ma spietata nell’analisi etico-politica, inviata da un anziano signore, uno studioso serio e schivo, che dopo una giovanile stagione si è disinteressato alla politica ma che è restato fedele a se stesso.
Tengo a presentare questo documento ma mi assumo – senza forse l’approvazione morale, tuttavia con il consenso formale – le responsabilità di una mia decisa e consapevole scelta: superando i dubbi etici sia dell’Autore del documento sia miei, ho deciso che in questo caso il mantenimento dell’anonimato è opportuno; e ho provveduto anche a sopprimere qualche passo, che ho giudicato di carattere troppo personale per venir divulgato. Ovviamente, si tratta di cose che non potrebbero interessare nessuno se non l’Autore e la cerchia dei suoi più intimi amici: e l’eliminazione delle quali non nuoce né alla valutazione, né alla comprensione del testo.
Affido le pagine che seguono alle valutazioni dei membri più anziani dei FdI, quelli di provenienza missina. E mi permetto di consigliarle anche alla signora Presidente del Consiglio, che forse non le gradirà ma può darsi le ritenga interessanti.

ABIURA
Mi iscrissi al MSI all’inizio degli anni ’60: un po’ in ritardo, a dire il vero, per la mia età e le inclinazioni di tipo politico che coltivavo fin dall’adolescenza. Ma quello fu il momento in cui – forse anche in seguito ai ‘fatti di Genova’ – tali inclinazioni, maturate finora entro di me, vollero tradursi in azione. Esse, che sinceramente non nascevano né da riflessioni propriamente politiche e tantomeno ideologiche, né da atmosfere familiari che nel mio caso erano del tutto prive di ‘nostalgie’, si erano sviluppate nell’ambito della cultura classica ed i suoi valori che avevo recepito a scuola. Da Ettore a Muzio Scevola, da Scipione a Giulio Cesare, dal Tu regere imperio populos…ai Sepolcri di Ugo Foscolo e alla poesia eroica di Carducci o D’Annunzio, avevo introiettato un patriottismo generico ma fortemente sentito e vissuto come una sorta di religione laica. Ed il MSI mi appariva il partito che meglio la rappresentava, anzi l’unico che – al di là delle recenti memorie – ne facesse l’anima, l’ispirazione fondamentale della sua presenza politica.
Benché nel MSI avessi trovato un ambiente umano con cui mi ero trovato in simpatica sintonia, sperimentati i limiti e l’insufficienza del partito – benché della sua compagine parlamentare facessero ancora parte figure di una statura politica che man mano, per ragioni naturali, sono progressivamente scomparse senza avere successori di livello paragonabile – dopo alcuni anni, insieme ad un gruppo di giovani con cui si era formata una stretta amicizia rimasta per tutta la vita, lasciai il partito per tentare strade più nuove in un orizzonte più ampio: l’Europa, nella quale riversare e vivificare i valori e gli ideali di cui parlavo sopra. Non fu possibile, o non riuscimmo ad inserire o connettere le nostre aspirazioni o idee al grande movimento, a quella specie di storica ‘rivoluzione giovanile’ che caratterizzò quegli anni, e tale nostra esperienza si concluse senza lasciare, oltre ai ricordi e agli stretti legami affettivi con i pochi che l’avevano condivisa – e che forse ne hanno conservato un ricordo più caro di quello rimasto a me – spazi ideali o disponibilità per altri e diversi tentativi. Estranei e lontani ai sentimenti ed alle idee che animavano il ‘movimento’, noi sempre reietti per il nostro irrinunciabile giudizio storico sulle grandi vicende del Novecento, ma anche su istituzioni e vicende di un passato più lontano come sulle spinte, i valori e le pulsioni dell’attualità da cui fortemente dissentivamo – patrimonio ideale inconciliabile con quello degli altri (come far convivere Gli eroi di Carlyle con Eros e civiltà di Marcuse ?) – fummo risucchiati dalla vita privata, dalle esigenze od esperienze personali. Da aspiranti attori, diventammo sempre più spettatori della politica.
A questo punto confesso però di aver sempre mantenuto, discretamente conservato, nelle diverse fasi successive della mia vita, una specie di intimo legame sentimentale con quel partito che avevo lasciato ma in cui avevano trovato approdo e piena corrispondenza i miei sentimenti giovanili: quel patriottismo, quella suscettibile coscienza di una ‘dignità nazionale’( in cui l’aggettivo è significativo quanto il sostantivo) smarrita nelle tortuose, penose vicende del coinvolgimento italiano nella seconda guerra mondiale, e che è sempre rimasto il valore da restaurare, l’ideale cui tendere, l’obiettivo da conseguire di ogni mia riflessione di carattere politico. Pur nelle sue spesso deludenti operazioni parlamentari, senza rifletterci molto, irrazionalmente e direi quasi istintivamente o per abitudine ho sempre ritenuto presente nel MSI una scintilla, un residuo vivo di quel sentimento, di quella coscienza in me così radicata nonché ferita e in genere carente o assente nella vita politica del nostro Paese. L’unico percepibile, comunque. E rimasto nonostante il nuovo linguaggio, magari le palinodie opportunistiche, le alleanze o le nuove etichette assunte in anni non lontani, in fondo tollerabili se servivano alla crescita elettorale e poi parlamentare: à la guerre comme à la guerre.
Così il partito, in epoca berlusconiana, arrivò per la prima volta al governo, ma in posizione minoritaria e con un’opposizione fortissima al suo ‘sdoganamento’: che di fatto costituiva il superamento di quella conventio ad excludendum che da sempre gli aveva vietato l’accesso al livello governativo delle istituzioni ufficiali della Repubblica. Non fu una grande esperienza e durò poco, ma qualche fermento innovativo, di eredità craxiana pur all’ombra di Berlusconi, in quegli anni poté comparire nella politica estera italiana, tradizionalmente minimale, inane, sempre al seguito dei più potenti o dinamici ‘alleati’ occidentali.
Terminata tale esperienza, dissoltosi anche per problemi e conflitti interni il partito che con la nuova denominazione di Alleanza Nazionale l’aveva realizzata, la fondazione di Fratelli d’Italia, una ventina di anni fa, sembrò costituire una rinascita della vecchia matrice missina, di cui ostentatamente collocava nel proprio simbolo l’antica ‘fiamma tricolore’ che ne aveva contrassegnato la storia.
Da tale inizio, elettoralmente rivelatosi modestissimo, la nuova compagine, sotto la guida dinamica della giovane Giorgia Meloni, è cresciuta costantemente fino a diventare, nelle ultime elezioni politiche, il partito di maggioranza cui incombe il diritto/dovere di formare, pur con qualche alleato di minor peso, il Governo. Inutile dire quanto e perché ciò abbia suscitato l’entusiasmo e le attese di quanti avessero conservato discretamente, in interiore homine, l’antica fedeltà memoriale, e si aspettavano dunque che il nuovo governo, quale messia lungamente atteso, inaugurasse un nuovo stile almeno in politica estera. Si ponesse cioè il problema di rivitalizzare e rappresentare – al di là dei costanti problemi finanziari, economici e strutturali che ormai fatalmente si pongono a chiunque governi il nostro difficile e complesso Paese – quel sentimento di autonomia, indipendenza e ‘coscienza’ nazionale, in stato di sonno da troppi anni, che non dovrebbe più essere ignorato o disatteso di fronte alle sfide ma anche alle opportunità che la collocazione geopolitica dell’Italia presenta, specialmente nella drammatica realtà delle grandi tensioni internazionali di questi anni.
È accaduto esattamente il contrario. Abbiamo assistito ad un appiattimento totale, del nuovo governo e in particolare del suo presidente, con una prosopopea una convinzione un’ingenua ostentazione quali mai si erano vedute, sulle valutazioni e decisioni degli USA, e anche dell’UE che non sa e nemmeno intende averne di proprie magari da quelle discordanti. Nemmeno il minimo tentativo di ritagliarsi almeno una posizione specificamente ‘italiana’, distinta anche se non conflittuale con quella dei dominanti ‘alleati’. Analoga delusione ha suscitato il totale fallimento dei tentativi compiuti per ottenere qualche risultato, in un modo o in un altro, sul controllo dell’immigrazione – come risolutamente promesso in campagna elettorale, ventilando perfino la possibilità di un blocco navale – mentre si constata che il fenomeno si è addirittura aggravato rispetto agli anni precedenti, subìto senza visibile contrasto e ormai con apparente rassegnazione dopo le numerose frenetiche ma inconcludenti visite ufficiali della Meloni in numerose capitali africane. La mancanza di coraggio e determinazione per affrontare infine autonomamente il problema, nella misura del possibile, fronteggiando le presumibili proteste sia interne che sul piano internazionale.
Forse giammai un’azzardata speranza in qualche figura politica si è rivelata così fallace come nel caso del presidente Meloni, per non parlare anche di qualche altro vecchio personaggio della stessa provenienza collocato su poltrona di indubbio rilievo ma inadeguato ad occuparla autorevolmente. E la cosa mi dispiace e mi ferisce perché intacca e compromette quel durevole, ingenuo e tollerante attaccamento sentimentale alla tradizione ‘missina’, che non ho mai rinnegato né intimamente superato per più di mezzo secolo. Se il ruolo maggioritario, finalmente di governo, raggiunto dal partito che da quella sembrava esser risorto ha questi esiti, senza nemmeno suscitare una decisa protesta se non un’esplicita e combattiva opposizione interna, quel mio tacito ma costante legame memoriale ne risulta compromesso. E mi chiedo come possa sopravvivere. Devo ammettere che mi ero sbagliato, o è la nequizia dei tempi che avvilisce e affossa anche una semplice, pulita, criptica ma non indegna fedeltà del genere?
Mentre respingo ormai con forza e disprezzo l’evidente e totale sottomissione di Giorgia Meloni agli occulti (ma neanche tanto) padroni dell’Occidente, la sua esultanza per essere entrata nella schiera dei servi fedeli, ansiosa di conseguirvi il ruolo di prima della classe, immemore delle più antiche e dignitose radici del partito da lei fondato, resto in dubbio se debba infine espungere dai recessi più segreti della mia coscienza anche l’antico logoro e fallimentare ma tenace legame con un’ideale continuità e fedeltà cui anche tale partito sembrava rifarsi. È questo il lato sofferto della presente confessione, e dolente abiura, che comunico a tutti i vecchi camerati.
24 ottobre 2023

Rileggendo un’ulteriore volta il testo che ho deciso di pubblicare anonimo (l’Autore, se vorrà, avrà tempo e modo di palesarsi), ho soprasseduto quanto ai miei propositi censorii. Preferisco rispettare alla lettera il suo contenuto: spesso togliere anche una sola parola intacca lo spirito di un discorso inficiandone la genuinità. Ovviamente, saranno accettate le repliche anche polemiche: risponderà l’Autore, se vorrà. Respingerò solo gli eventuali conati di carattere personale.