Domenica 5 novembre 2023, Santi Elisabetta e Zaccaria
EDITORIALE
Nello scorcio dell’anno, molti quotidiani usano pubblicare fascicoli speciali che “fanno il punto” dei mesi precedenti, proponendo sintesi che a volte si rivelano preziose a livello d’informazione obiettiva, al di là delle tesi sostenute. Quest’anno, in tale ordine di pubblicazioni, è sul serio il caso di segnalare e di raccomandare il quaderno Hors-Série di “Le Monde”, dal titolo 40 cartes pour comprendre un monde fracturé. Oltre al ricchissimo apparato cartografico e documentario (una benedizione a livello didattico, da consigliare con energia alle colleghe e ai colleghi insegnanti), sono da leggere e da meditare con la massima attenzione sia l’Avant-propos di Gaïdz Minassian e Delphine Papin, sia la corposa intervista al professor Philippe Droz-Vincent, specialista di relazioni internazionali nell’Università di Grenoble, sul tema generale “La perte d’influence de l’Occident est devenue une réalité prégnante”. In fondo, e in molti sensi, lo stesso argomento – e un giudizio convergente, se non in tutto concorde – che ho cercato (ignoro con quanto successo) di mettere a fuoco nel recentissimo libro La deriva dell’Occidente (Laterza 2023).
Punto di partenza di Droz-Vincent è la constatazione del fatto che la complessità del mondo attuale è molto più forte, e la sua condizione ben più instabile, di quelle registrabili al tempo della “guerra fredda”. Siamo in presenza di una destrutturazione dell’ordine internazionale, e “la stessa mondializzazione economica, che sembrava dominante e irresistibile, si sta frammentando”. Droz-Vincent, specialista attentissimo delle vicende sociopolitiche militari del mondo arabo (sono suoi due volumi fondamentali sulla politica degli stati arabi, del 2020, e sulle ragioni del successo del regime di Assad contro le forze che volevano rovesciarlo, del 2021), non ha dubbi nel constatare la crisi profonda e la rimessa in questione delle basi istituzionali e strutturali dell’“ordine internazionale liberale” fondato sino dal 1945 ed entrato definitivamente in crisi fin dal primo decennio del nostro secolo.
Molte considerazioni di Droz-Vincent, e direi in fondo lo spirito stesso della sua visione geoculturale e geopolitica, divergono del tutto dalle mie valutazioni: in particolare per quel che riguarda il ruolo di Vladimir Putin nella crisi attuale. Egli riprende comunque la raccomandazione “all’Europa geopolitica” (e qui sarei curioso di conoscerne i confini…) di “rispondere all’appello della storia”, secondo la raccomandazione formulata dalla Commissione europea. Droz-Vincent ha l’aria di rammaricarsi per il fatto che “l’Occidente” (che per lui è evidentemente la somma degli USA e dell’Europa, o quanto meno della parte di essa che ha aderito alla NATO) non abbia reagito adeguatamente all’intervento russo in Crimea e in Donbass, ma “dimentica” che in entrambi i casi (come anni prima in Crimea) la parte minacciata e provocata era appunto la Russia, e la sua “aggressione” del 2022 è stata direttamente e strettamente legata a quelle minacce, a quelle provocazioni. D’altronde, Droz-Vincent rileva correttamente – pur valutandola in modo a mio avviso inadeguato – sia la crescita dell’alleanza BRICS, che con il 2023 ha raggiunto quasi tutti i componenti dell’Asia e dell’America latina, sia le istanze plurilateraliste che oggi da più parti si avvertono. Il tutto alla luce di una grande fragilità cultural-intellettuale, che ha fatto addirittura riemergere, in termini quanto si voglia grossolani, una sorta di “mistica del territorio”.
In ultima analisi, la visione accentuatamente occidentalista di Droz-Vincent conferma la crisi sistemica: the West non è più – per la prima volta dopo circa mezzo millennio – in grado di scrivere da protagonista unico la storia del mondo, ma the Rest non sembra ancor in grado di scriverne il seguito.
Il volume contiene altresì contributi importanti sulla giornata del 7 ottobre (trattata un po’ troppo come “motore iniziale” di tutto, quasi sia nata dal nulla), sulla tragedia di Gaza, sulla questione palestinese in generale, sulla “destrizzazione” del quadro politico e partitico israeliano, sugli “stati del sud del mondo” e le contraddizioni nello schieramento del BRICS dove sono presenti forze alleate degli USA (e ciò invita a guardarsi dagli schematismi eccessivi), sul rapporto tra Cina e Taiwan, sulla rimilitarizzazione giapponese in evidente funzione anticinese, sul ruolo-chiave dell’India, sulle folli spese militari della NATO (743.259 milioni di dollari nel 2023), sui problematici partenariati fra Russia e Cina e fra Russia e Iran, sulla frammentazione balcanica, sulla tragedia della repubblica dell’Alto Karabakh, sul Sahel in rapporto alla crisi dell’egemonia francese nell’Occidente africano, sull’attenzione di papa Francesco rivolta alle “aree marginali” del mondo, sulla guerra in Ucraina e le sue ripercussioni nell’area nordorientale europea, sull’Alaska, sul riscaldamento del mondo, sulla lotta delle donne per i diritti civili in Iran e altro ancora.
Insomma: non c’è tutto, ma lo sguardo sul mondo è notevolmente esteso e approfondito. Se un decimo dei parlamentari italiani conoscesse un decimo delle problematiche affrontate in questo fascicolo, il nostro paese sarebbe forse diverso. Un companion non del tutto affidabile, ma di altissima qualità sul piano dell’informazione.