Domenica 26 novembre 2023, Cristo Re
(ultima domenica dell’anno liturgico romano)
IN MEMORIA DI EMMANUEL LEROY LADURIE
MORTO LO STORICO DELLE “ANNALES”, STUDIÒ LA VITA DEI CONTADINI
di Antonio Carioti
Comunista da giovane, era uscito dal partito dopo l’invasione dell’Ungheria. Fondamentali anche le sue ricerche sull’influenza del clima nelle vicende umane.
Tra gli autori appartenenti alla scuola delle «Annales», lo storico francese Emmanuel Le Roy Ladurie, scomparso all’età di 94 anni, è stato senza dubbio all’avanguardia. Le sue opere sulla vita quotidiana dei contadini medievali e sul clima sono un esempio aureo di come si possa ricostruire il passato lontano con assoluto rigore, ma attirando anche l’interesse del grande pubblico. Pochi hanno sondato con la stessa cura, esplorando i fenomeni di lunga durata privilegiati dalle “Annales”, le strutture profonde della società prerivoluzionaria francese.
Allo stesso tempo la sua esperienza giovanile di adesione al comunismo, negli anni di maggior presa del mito di Stalin, aveva reso Le Roy Ladurie un testimone acuto degli abbagli ideologici in cui erano caduti molti intellettuali nel corso del Novecento. “Eravamo al tempo stesso profondamente onesti e totalmente depravati”, aveva scritto ricordando quegli anni.
Nato il 19 luglio 1929, Le Roy Ladurie proveniva da una famiglia normanna di agricoltori benestanti cattolici: il nonno paterno, ufficiale dell’esercito, era stato destituito (ma poi reintegrato all’inizio della Grande guerra) per il suo rifiuto di partecipare all’applicazione di misure anticlericali nell’ambito della separazione tra Stato e Chiesa decisa dal governo di Parigi agli inizi del Novecento. Il padre di Emmanuel, Jacques Le Roy Ladurie, era stato per alcuni mesi ministro dell’Agricoltura sotto il regime collaborazionista di Vichy, per poi passare nei ranghi della Resistenza a partire dal 1943.
Entrato ventenne nel 1949 alla prestigiosa École Normale Supérieure di Parigi, Le Roy Ladurie aveva abbandonato nello stesso periodo le precedenti idee conservatrici per iscriversi al Partito comunista francese: una “conversione” che in seguito avrebbe descritto quasi come un’“esperienza mistica” e al tempo stesso come l’ingresso in “un gulag spirituale”. Seguirono anni di militanza intensa, con tanto di “randellate” subite dalla polizia. Ma soprattutto di illusioni, su cui Le Roy Ladurie avrebbe in seguito amaramente ironizzato, per esempio nella sua Autobiografia del 1982 (Rizzoli, 1984): “Ero come Édith Piaf: quando il comunismo mi prendeva tra le braccia, vedevo la vita in rosa”.
Le sue convinzioni cominciarono a vacillare dopo la morte di Stalin, nel 1953. Subirono un duro colpo con la riconciliazione tra Nikita Krusciov e Tito, bollato fino a un attimo prima come un bieco traditore. Poi venne la denuncia dei crimini staliniani. Infine l’invasione sovietica dell’Ungheria. Il giorno stesso, 4 novembre 1956, Le Roy Ladurie si recò nella sezione comunista di Montpellier, città dove si era nel frattempo trasferito, per restituire la tessera del Pcf. Militò poi per qualche anno nel Psu, partito socialista di sinistra, e subì anche un attentato di estrema destra alla sua abitazione. Lasciò la politica attiva nel 1963, quando lo storico Fernand Braudel, esponente di primo piano delle “Annales”, gli offrì un posto di assistente alla École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi.
A Montpellier Le Roy Ladurie aveva avviato un’ampia ricerca sulla vita dei lavoratori agricoli nel Sud della Francia tra il XIV e il XVIII secolo, adottando un approccio interdisciplinare: nella ricostruzione storica si avvaleva largamente degli strumenti conoscitivi tipici dell’economia, dell’antropologia, della demografia. Ne scaturì nel 1966 il suo primo importante lavoro I contadini della Linguadoca, tradotto parzialmente in Italia da Laterza nel 1970.
A fare di Le Roy Ladurie una figura molto nota fu però Storia di un paese: Montaillou (Rizzoli, 1977), uscito in Francia nel 1977 e divenuto rapidamente un bestseller. Grazie al registro d’inquisizione nel quale il vescovo di Palmiers, Jacques Fournier (futuro Papa Benedetto XII), aveva raccolto gli interrogatori di un’inchiesta condotta per scovare gli eretici annidati nel suo gregge, Le Roy si era trovato a disposizione un’enorme messe di dati sulla società rurale in Occitania nel periodo fra il 1294 e il 1324. E ne aveva tratto un minuzioso e vivacissimo resoconto sugli abitanti del villaggio di Montaillou, nei Pirenei. Uno spaccato comprendente la cultura materiale e i pregiudizi morali, i rapporti familiari e sessuali, le lotte tra i clan paesani, la religiosità e la superstizione.
Un altro esempio del talento di Le Roy Ladurie nello scandagliare la microstoria è Il Carnevale di Romans (Rizzoli, 1981), saggio che fa rivivere al lettore lo scontro sanguinoso in cui erano sfociate, il martedì grasso del 1580, le tensioni sociali e religiose in una cittadina del Delfinato. Ma tanti sono i suoi testi di rilievo sull’immaginario popolare, la stregoneria, la spiritualità, senza contare le riflessioni sul mestiere di storico. Assai importante anche L’Ancien Régime, opera sull’ascesa e il declino dell’assolutismo regio in Francia dal 1610 al 1770, tradotta dal Mulino.
Un campo in cui lo storico normanno si era particolarmente distinto era la storia del clima, ben prima che divenisse di moda con le discussioni sul riscaldamento globale. Già nel 1967 Le Roy Ladurie aveva pubblicato Tempo di festa, tempo di carestia (Einaudi, 1982), un saggio che partiva dall’anno Mille per analizzare l’impatto dei fattori metereologici sulle vicende umane, analizzando indicatori come le date delle vendemmie e le oscillazioni dei ghiacciai. In seguito aveva preso posizione sui mutamenti climatici, unendo la sua voce autorevole agli allarmi per le conseguenze dell’effetto serra. E se questo atteggiamento gli aveva fatto trovare udienza a sinistra, le sue sortite contro il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali avevano sortito l’effetto opposto.
D’altronde già il Sessantotto lo aveva indotto a spostarsi verso la destra liberale, in sintonia con i suoi amici François Furet e Alain Besançon. Docente al Collège de France, Le Roy Ladurie aveva colto nei moti studenteschi “una regressione senza precedenti”. Si domandava se i giovani contestatori non avessero superato di parecchio gli stalinisti degli anni Cinquanta “in fatto di oscurantismo intellettuale, esistenziale, dei sentimenti”. D’altronde d’inquisizione se ne intendeva come pochi altri. E sapeva riconoscere subito la mentalità intollerante.
(Corriere della Sera, 23 novembre 2023)