Minima Cardiniana 444/3

Domenica 10 dicembre 2023, II Domenica di Avvento

UN VERO “SEMINARIO DI PACE”: IL CENTRO DI RONDINE E FRANCO VACCARI
“NON ESISTE UNA GUERRA PIÙ IMPORTANTE DELLE ALTRE”
Intervista a Franco Vaccari, Presidente di Rondine Cittadella della Pace
Più di venticinque anni fa, Franco Vaccari, Docente di Psicologia con una lunga storia di associazionismo nel dialogo ecumenico e interreligioso alle proprie spalle, ha fondato Rondine Cittadella della Pace, di cui è oggi Presidente. Rondine è un’organizzazione che si batte per ridurre i conflitti armati nel mondo, promuovendo dialogo e riconciliazione tra popoli storicamente in lotta. Per far ciò, i conflitti vengono privati di quel concetto di “nemico” che tende ad esacerbarli. A giugno 2023 è stato inaugurato a Rondine il Giardino dei Giusti – Artigiani di Pace, dove vengono onorate diverse figure esemplari che si sono battute con coraggio, in differenti contesti e periodi storici, per promuovere il dialogo e la pace tra i popoli. Abbiamo quindi raggiunto il Presidente Vaccari per riflettere insieme, in questo momento così ricco di tensione in diverse aree del mondo, su questi temi spesso dimenticati.

Dalla guerra in Cecenia ai giorni nostri, costruendo percorsi di pace
“Rondine” – ci racconta Vaccari – “nasce attraverso un processo di tante relazioni che ho maturato nella vita e che, ad un certo punto, mi hanno fatto ritrovare all’interno di una mediazione, che all’epoca era segreta, durante la guerra in Cecenia del 1995. Questa mediazione è durata sei mesi, in seguito ai quali siamo arrivati a costruire il primo ‘cessate il fuoco’ di quella guerra. Come risultato di ciò, sarebbero dovute arrivare da noi due delegazioni ufficiali. Tuttavia, il ‘cessate il fuoco’ fallì e le due delegazioni ufficiali non arrivarono”.
In ogni caso, Vaccari, che da tempo maturava l’idea della gestitone creativa dei conflitti di ogni contesto globale, non si è dato per vinto.
“Noi volevamo che in questo borgo in Toscana, che si chiama Rondine, si potessero costruire percorsi di pace e si potesse lavorare per raggiungere questa finalità. Fu proprio in quel periodo che ricevemmo, in sostituzione delle delegazioni ufficiali della politica, cinque sciagurati giovani ceceni, con un sacco di plastica in mano e un paio di mutande e di calzini, che scappavano dalla guerra. Io, che avevo in testa questa cosa del nemico e di andare a osare le cose un po’ impossibili – anche perché ho grande fiducia nei giovani, che hanno sempre una marcia in più – alla proposta di prendere i giovani ceceni risposi ‘accetto di accoglierli se vengono anche i russi’. Trovammo quindi i russi ed è così che è partita la Rondine Cittadella della Pace che conosciamo oggi. Dopo la guerra in Cecenia abbiamo allargato l’orizzonte sui Balcani, sulla guerra russo-ucraina attuale, sui luoghi del Caucaso, sull’Africa, fino ad arrivare alla Colombia, dove si percepiscono ancora oggi gli esiti bollenti della guerra civile”.

L’importanza di entrare in conflitto con il proprio gruppo di appartenenza
Chiaramente, le finalità che Rondine si prefigge di realizzare non sono di facile compimento.
“È un programma intenso, impegnativo, audace e coraggioso. Tendere la mano al nemico significa proprio aprire un conflitto, inedito, con il proprio gruppo di appartenenza. Le coppie di studenti della World House di Rondine vivono insieme e, in questo modo, non solo fanno i conti con l’altro ‘nemico’ – che poi, piano piano, scoprono essere un uomo, una donna, uguali a sé stessi – ma entrano in conflitto con le proprie appartenenze”.
Non mancano, tuttavia, le situazioni in cui l’ambiziosa ricerca di dialogo e riconciliazione con il proprio ‘nemico’ trova dinanzi a sé degli ostacoli difficili da valicare.
“Qualche anno fa, un nostro studente palestinese è stato ricoverato in ospedale con un’orticaria incontrollabile. Si trattava della chiara espulsione, da parte del corpo, di un conflitto che l’alunno non riusciva, suo malgrado, a digerire. C’era una sua chiara volontà di partecipare al progetto, ma il corpo non reggeva. Un certo numero di questi studenti ha abbandonato il programma, o noi abbiamo consigliato loro di far ciò, perché il percorso è certamente affascinante, ma è molto difficile, e ci vogliono tanto impegno, tanta forza e tanto coraggio per portarlo a termine”.

Restare insieme, nonostante tutto
Nel corso degli anni, si sono sviluppate all’interno del borgo delle ‘amicizie impossibili’. Un patrimonio unico, da difendere a tutti i costi, sia quando gli studenti e le studentesse fanno ritorno a casa una volta terminato il programma che quando, come sta tristemente accadendo in Medio Oriente dallo scorso 7 ottobre, vengono scritte nuove pagine sporche di sangue nella storia dei conflitti che coinvolgono gli alunni della World House di Rondine.
“Questo obiettivo è proprio l’essenza della nostra Associazione. Da venticinque anni registriamo nel Metodo Rondine che avvengono ciclicamente quelli che noi chiamiamo degli ‘shock relazionali’. Le crisi striscianti, più o meno latenti, più o meno dimenticate dai nostri media, esplodono nel modo più fragoroso, come sta avvenendo attualmente tra Palestina e Israele. I giovani studenti di Rondine vivono uno shock, vivono un trauma. Il trauma è ‘in radice’, li porta cioè a domandarsi ‘ma che cosa sto facendo qui?’, ‘che senso ha che io, con il mondo che prende fuoco, con le bombe, il terrorismo, i missili, mi trovi qui a Rondine?’. ‘Ma che senso ha?’. Tutte queste riflessioni portano al momento dello shock, al momento della grande crisi, al momento delle difficoltà. Ad ogni modo, se Rondine e le sue attività vanno avanti da venticinque anni è perché questi giovani coraggiosi riescono, dopo il momento acuto della crisi, del dolore, dell’angoscia e dello spaesamento, a continuare, nella stragrande maggioranza dei casi, a trovare le ragioni di proseguire il programma. Restare insieme, nonostante tutto. Perché la forza che si costruisce a Rondine è la forza del nonostante. Non è il valore che si spende quando il vento soffia in poppa, ma quando, invece, l’altro sembra dirti ‘ma io sto perdendo tempo’, ‘ma a che serve tutto questo?’. Investire fiducia in questi momenti. Questa è la vera perla della fiducia che si viene a creare durante i nostri progetti”.

Non esiste una guerra più importante delle altre
Da diverse settimane l’attenzione mediatica si è spostata con forza sul fronte mediorientale, lasciando talora trasparire il messaggio che il conflitto israelo-palestinese possa mostrarsi agli occhi del mondo come una guerra diversa, per certi aspetti ‘più importante delle altre’. Franco Vaccari non condivide questa interpretazione, ormai largamente abbracciata da una buona parte della società civile e dei mass media nazionali e internazionali.
“Nel borgo di Rondine noi da venticinque anni diciamo che non esiste una guerra più importante delle altre. Anzi, cerchiamo continuamente di dar voce a quelle che vengono orribilmente considerate come guerre dimenticate. I nostri studenti sono tutti uguali, sono tutti alla pari, hanno tutti la stessa dignità. Morire a causa di una guerra è sempre la stessa cosa. Insieme a questa credenza, capiamo al contempo che gli scenari geopolitici e le implicazioni economico-culturali rendono le guerre tutte differenti. A nostro avviso, tuttavia, ‘differente’ non significa più ‘importante’. Altrimenti vi è il rischio di andare dietro ai mass media, che decidono cosa debba andare in prima pagina, e cosa, invece, non meriti nemmeno di essere nominato in un trafiletto. Rondine va contro questa idea. Vi porto qualche esempio. Nella nostra World House noi abbiamo studenti del Mali. Nessuno, purtroppo, ha idea di cosa succeda nel Mali. Abbiamo avuto studenti provenienti dalla Sierra Leone, che la maggior parte dei lettori non sa nemmeno dove si trovi sulla cartina geografica. Abbiamo accolto studenti provenienti dall’Abcasia, regione caucasica ignota al 99% delle persone. La guerra è sempre orribile, la guerra fa vittime ovunque e le sue vittime sono tutte uguali. Nonostante ciò, riconosco che vi possano essere delle differenze. L’attuale inasprimento della questione israelo-palestinese, ad esempio, ha delle caratteristiche che possono rendere questo conflitto più preoccupante rispetto ad altri. Una guerra che va avanti dal 1948 e che, tra vent’anni, compirà un secolo di vita. Una guerra che si aggiunge ad un quadro generale globale destabilizzato, già messo a dura prova dalla guerra in Ucraina, dove è coinvolta una superpotenza come la Federazione russa. Una superpotenza che normalmente siede, con un seggio permanente, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Abbiamo un nuovo scenario globale dove la Cina diventa sempre più protagonista. Per tutte queste ragioni e per i connotati religiosi che il conflitto israelo-palestinese assume, visto che l’insanguinata Terra Santa è cara alle tre grandi religioni monoteiste, la definirei come più ‘preoccupante’ delle altre, ma non come più ‘importante’”.

Il Giardino dei Giusti come strumento di arricchimento
Nel mese di giugno 2023, è stato inaugurato a Rondine il Giardino dei Giusti-Artigiani di Pace, uno spazio di memoria attiva in cui sono state onorate sei figure che, in contesti e situazioni differenti, si sono battute per il dialogo e la riconciliazione tra popoli. Con un editoriale pubblicato di recente su queste pagine, il Responsabile editoriale della Fondazione Gariwo, Francesco M. Cataluccio, ha riflettuto sulla finalità dialogica dei Giardini, luoghi che non conoscono né guerra né discriminazione, ma solamente uguaglianza e ricerca della riconciliazione tra popoli nemici.
“Il Giardino dei Giusti – Artigiani di Pace”, ha sottolineato Vaccari, “così come anche altri simboli, acquisisce ancora più forza, ancora più luce, ancora più senso, in questi momenti di conflitto, perché ci ricorda che la pace è possibile. In questi luoghi noi onoriamo figure concrete. Onoriamo grandi figure, come Nelson Mandela o Simone Veil, ma anche figure più piccole, meno famose, che non hanno avuto l’onore delle prime pagine, ma non per questo possono essere meno concrete o significative. Avere queste figure con noi nella Cittadella, incontrarle tutti i giorni quando arriviamo e salutarle quando andiamo via la sera, vedere le numerose scuole che visitano il Giardino o notare come chi vive nella Cittadella si prenda cura di questo luogo, è per noi uno strumento di arricchimento. Prendersi cura di questo Giardino è un gesto non solo materiale, ma è anche un gesto spirituale, che dà coraggio. Il Giardino dei Giusti – Artigiani di Pace è un arricchimento per noi, perché dice agli ospiti che non siamo soli, che nel mondo ci sono tante altre persone che si occupano insieme a noi di questi temi spesso dimenticati”.

L’indifferenza delle istituzioni
Proprio in relazione a quest’ultima riflessione di Franco Vaccari, risulta interessante sottolineare come l’Associazione Rondine abbia proposto agli Stati parte delle Nazioni Unite di stanziare una piccola fetta delle voci di spesa dei rispettivi bilanci della difesa ai progetti promossi presso la Cittadella della Pace. La risposta dei governi, tuttavia, non è sempre stata quella sperata.
“La cifra che ci ha corrisposto il Governo italiano corrisponde a cinque fucili. Le istituzioni hanno scarsa considerazione dei temi che trattiamo. Nonostante ciò, noi continueremo questa campagna e lo faremo fino al 2030. Ogni anno, in aggiunta, includiamo nella lista qualche piccolo Stato che decide di partecipare. Si tratta di un gesto faticoso e ancor più simbolico. La cifra che ha dato il Governo italiano noi l’abbiamo voluta rendere pubblica, proprio perché vogliamo far capire che siamo al confine del ridicolo. Vi è anche un lato interessante, perché è una provocazione. Se è tanto semplice occuparsi dei temi che trattiamo, se è tanto insignificante, se ciò che facciamo vale così poco… allora perché non contribuire? E invece siamo spettatori di questo aumento generalizzato, in tutte le parti del mondo, delle spese militari. Nessuno, neanche in maniera simbolica, le sta diminuendo”.
Le parole di Franco Vaccari vanno dritte al punto. Spesso i governi e i politici promuovono, in tutto il mondo, campagne inerenti al tema dei diritti umani, della pace, del dialogo o della demilitarizzazione. Quando si tratta di compiere un gesto concreto, però, le risorse per sostenere questi temi improvvisamente scarseggiano, o vengono destinate ad altre voci di bilancio. È proprio in questi casi, tuttavia, come ricorda il Presidente di Rondine a margine della nostra intervista, che “l’unione fa la forza”. La felice collaborazione tra la Fondazione Gariwo e l’Associazione Rondine, due realtà che condividono la finalità di formare i giovani ad agire eticamente nel mondo, va proprio verso questa direzione.
(Gariwo Network)