Minima Cardiniana 445/5

Domenica 17 dicembre 2023, III Domenica di Avvento

…E PREPARIAMOCI AL NATALE!
“BENEDETTO” SCROOGE…
di David Nieri
Accadde il 17 dicembre del 1843. Charles Dickens stava attraversando uno dei tanti periodi difficili della sua esistenza: la grande casa che aveva acquistato in un prestigioso quartiere di Londra e la moglie in attesa del quinto figlio lo avevano costretto ad accumulare una gran mole di debiti. Per di più, le vendite del suo romanzo a puntate (quelle che oggi in tv si chiamano “serie” in passato erano i feuilleton e si trovavano nelle edicole, in genere la domenica, allegati a un quotidiano), Martin Chuzzlewit, stavano andando malissimo, tanto che la sua casa editrice, la Chapman & Hall, aveva intenzione di ridurgli lo stipendio.
Nel mese di ottobre di quell’anno, Dickens si era recato a Manchester per studiare le condizioni di vita dei bambini poveri. E di povertà, uno dei più grandi scrittori di ogni tempo, se ne intendeva. Con un padre imprigionato per debiti, il piccolo Charles aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza in condizioni di estrema indigenza, costretto a lavorare a soli dodici anni in una fabbrica di lucido da scarpe, la Warren’s Blacking Warehouse di Londra, per dieci ore al giorno. Un’esperienza traumatica che forgiò il suo carattere per poi riflettersi nelle tematiche portanti dei suoi romanzi più famosi, soprattutto quelli pubblicati durante il periodo della “maturità” (due su tutti: Tempi difficili e Grandi speranze).
Quella di Dickens era, a tutti gli effetti, l’alba della società moderna che stava gradualmente prendendo forma all’indomani della rivoluzione industriale e della trasformazione del “paesaggio urbano”, prodromica dei grandi sconvolgimenti economici e sociali legati alla nascita del capitalismo. Il famoso romanziere seppe leggere, in tempi non sospetti, il futuro più o meno immediato del cammino intrapreso dalla civiltà occidentale, che dalla terra d’Albione avrebbe sovvertito ogni “ordine naturale”: la sua straordinaria capacità di caratterizzazione fece sì che non gli sfuggissero i tratti fondamentali dei nuovi protagonisti che avrebbero alimentato l’ingranaggio della produzione e del consumo, quelli che oggi, molto spesso, ricoprono ruoli manageriali nelle gerarchie delle multinazionali.
Se non altro, la triste esperienza dickensiana di Manchester, oltre a rammendare i fili del passato e di un’infanzia “rubata”, si rivelò l’ispirazione principale del Canto di Natale che tutti conosciamo.
In sole sei settimane, la storia dell’avaro e cinico Ebenezer Scrooge (che diventerà uno dei personaggi più famosi di Walt Disney: Uncle Scrooge, ovvero Paperon de’ Paperoni) prese forma. L’autore ne era entusiasta, sicuro che quel racconto avrebbe riscosso un gran successo di pubblico. Meno convinta la sua casa editrice: l’accordo infatti prevedeva che Dickens avrebbe finanziato le spese di stampa (meditate gente, meditate…). La prima tiratura, seimila copie, andò esaurita in una settimana. Il resto è storia.
Una storia che continua a raccontarci qualcosa, ma che probabilmente non tutti hanno la volontà di comprendere fino in fondo. (Ri)prendete in mano il libro e (ri)leggetelo, insieme ai vostri bambini, ai vostri cari, ai vostri amici: il Canto di Natale è prima di tutto una feroce critica nei confronti della società dell’epoca, che la modernità delle magnifiche sorti ha portato alle estreme conseguenze: individualismo, opportunismo, nichilismo, relativismo, competizione/sopraffazione, darwinismo sociale, corsa all’oro del benessere infinito, il tutto “sorretto” da una progressiva secolarizzazione e desacralizzazione della società nel nome di quel “Nulla che avanza” perfettamente e simbolicamente descritto, più di un secolo dopo, da un altro grande scrittore, Michael Ende. Una realtà nella quale il rispetto del prossimo, la compassione, la solidarietà, la fratellanza e il senso del limite sono ormai diventati per lo più princìpi vetusti, contenitori vuoti, significanti senza significato. Viviamo, infatti, nell’Età degli Scrooge (piccoli e grandi), che nel nostro caso non si sono redenti ma moltiplicati, così sancendo il trionfo di Mamon, che ha mercificato anche il Natale.