Minima Cardiniana 450/4

Domenica 14 gennaio 2024
II Domenica del Tempo Ordinario; San Felice di Nola, San Nino

ALLA RICERCA DELL’ETERNO RESPONSABILE
IL FASCISMO, UN NODO IRRISOLTO
INTERVISTA A FRANCO CARDINI
C’è un paradosso per certi versi patetico, per altri quasi grottesco, nello scenario italiano degli ultimi tre quarti di secolo, ma in particolare dagli “anni di piombo” in poi. Paradosso nel paradosso, un ruolo in un certo senso inquietante e perfino affascinante è giocato proprio dai comunisti, o almeno da alcuni. Una specie di tragica specularità è sottesa alla “storia parallela” della “branca rossa” e della “branca nera” della fiumana totalitaria: già tra “arditi del popolo” e “arditi della morte”, tra comunisti che hanno creduto a lungo di essere fascisti e fascisti che a un certo punto della loro tragica scelta si sono scoperti comunisti.
Leggendo gli scritti o esaminando i profili di persone tanto diverse fra loro come Romano Bilenchi, Mino Maccari, Berto Ricci, David Lajolo, Antonio Pennacchi, e magari oltralpe Pierre Drieu La Rochelle, si avverte spesso il vento rossonero della “nostalgia della rivoluzione”, quella che faceva dire a un “fascista” francese che pure era per molti versi un uomo di ultradestra, Robert Brasillach, che probabilmente “mille anni dopo” i tratti delle due grandi rivoluzioni, la comunista e la fascista, si sarebbero confusi tra loro nell’immensa ondata dell’unica grande rivoluzione totalitaria. Qualcosa del genere si avverte già nella Fiume della “rivoluzione dannunziana” e in quella sconvolgente “Lettera ai fratelli in camicia nera” redatta da alcuni dirigenti comunisti il primo dei quali è Palmiro Togliatti e pubblicata nella rivista “Lo Stato Operaio” nell’agosto del 1936. Non a caso in varie occasioni e a proposito di vari personaggi e situazioni, fino a sfiorare Jozip Stalin, si è parlato di un “fascismo rosso”. È stato ancora il comunista Togliatti, divenuto Ministro della Giustizia della Repubblica, a far uscire amnistiati i fascisti “repubblichini”.
Eppure, restano soprattutto i “sinistri più a sinistra della sinistra”, i comunisti, da Gramsci in poi, a ritenere che l’unico modo di essere davvero comunisti consisteva nell’essere fascisti. E sono stati soprattutto i comunisti a promuovere un antifascismo duro e puro, dalla rigorosa intransigenza. Di tanto in tanto, nel paese, scoppia inarrestabile la “crociata antifascista”, la caccia alle streghe fasciste.
Ma si può davvero credere a un’Italia in grado di diventare integralmente fascista? E perché, nonostante tutto, il neofascismo sembra un nemico tanto duro da battere?
Franco Cardini, al riguardo, ha una posizione che può piacere o meno: tuttavia…
Lo storico sulla cerimonia neofascista in memoria dei ragazzi della sezione MSI Acca Larentia: “C’è uno zoccolo di FdI che guarda ancora indietro, ma vietare un partito significa vietare un pensiero: su questo la Costituzione andrebbe rivista”.
Anche in Francia non sono stati avari di saluti romani, ma ora preferiscono dimenticarsene a differenza di quanto succede a Roma”.

Che cos’è oggi il neofascismo? È il passato che non passa?
Diciamo scherzosamente che in fondo Acca Larentia secondo la mitologia romana era la madre di Romolo e Remo, allattati poi dalla lupa; o la lupa stessa. I piccoli fascisti erano “Figli della Lupa”: quindi in fondo il ritorno di Acca Larentia ci si poteva anche aspettare. Al di là delle battute, è il solito vecchio tormentone. Sappiamo tutti che tra i problemi irrisolti della nostra Storia, come il Risorgimento su cui si fa finta di andare tutti d’accordo, resta soprattutto la difficoltà di storicizzare il fascismo: che non significa assolverlo, ma analizzarlo e capire che la democrazia ha adottato un metro eccezionale nei confronti del regime. E questo non va bene a tutti. Sta di fatto che la Costituzione repubblicana, con quella “Disposizione provvisoria e finale”, è obiettivamente ambigua. E così la legge scelbiana che conia l’espressione “apologia del fascismo” ma non riesce a precisarla (o non vuole precisarla),

Che cosa intende?
Mi sembra evidente. La Costituzione vieta la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista (il PNF, nato nel 1921 e morto nel 1943), ma non può proibire a nessuno di essere e/o di sentirsi fascista: nessun documento democratico può avallare un “delitto di coscienza”: un provvedimento antidemocratico, tanto che la disposizione viene definita transitoria. Credo che al riguardo si dovrebbe rivedere la Costituzione, decidendo definitivamente se si possa rifondare o no quel partito e ogni tipo di partito fascista. In caso negativo, significherebbe vietare una forma di pensiero, con tutti i seguenti dubbi di costituzionalità.

Vuol dire che si fa prima a tollerare qualche mano alzata?
Si fa prima a dire che il Partito fascista è vietato e poi tutti facciano quel che gli pare. Perché è impossibile definire l’apologia di fascismo.

La legge Scelba del 1952 però vieta appunto l’apologia del fascismo…
Questo dimostra che la Costituzione non basta sul tema. I saluti romani, in Germania detti “saluti tedeschi”, in Spagna al tempo franchista “saluto a Franco” sono tutti forme apologetiche: nel senso che equivalgono a dire che si stava meglio quando si stava peggio, a essere nostalgici di quando i treni arrivavano in orario, la scuola era efficiente e la nazione rispettata.

Ma i treni arrivavano veramente in orario?
No; e lo Stato sociale zoppicava, così come non eravamo una grande potenza, infatti abbiamo perso la guerra. Però chi fa un saluto romano, come ad Acca Larentia, probabilmente vuole anche fare un gesto di critica verso il governo Meloni, o rendere alla Meloni la vita difficile proprio in quanto non la ritiene fascista abbastanza. Quella piazza insomma mette in difficoltà la premier, tra l’altro sappiamo che c’è uno zoccolo duro di FdI che guarda indietro.

Cosa dovrebbe fare Meloni?
Ha obiettato di aver già chiarito, condannando ogni totalitarismo compreso il fascismo; e definendo “totalitario” il fascismo Giorgia Meloni si è opposta addirittura a Renzo De Felice, che propendeva per la definizione di autoritarismo soprattutto in confronto al totalitarismo nazista e a quello comunista. Se Meloni ribadisse il suo antifascismo da una parte i neofascisti non le crederebbero e dall’altra la sua ala destra si sfalderebbe, conseguenza che per lei è da evitare prima del voto.

Cosa ci dice il caso Pozzolo?
Mi pare che in casi come Pozzolo o Bignami travestito da nazista siamo davanti a situazioni fra il ridicolo e il penoso: è chiaro che in tutto ciò vi sono degli elementi di ambiguità, magari di provocazione, ma non mi pare si tratti di problemi politici.

Un partito così è credibilmente conservatore ed europeo?
Non fin quando ai quadri mancherà una solida, coerente e diffusa preparazione culturale. FdI nasce da un piccolo gruppo che si è allargato a ex berlusconiani, leghisti, grillini e sardine. A tutti questi Meloni offre una linea di fedeltà alla tradizione occidentale, all’Italia risorgimentale e al cattolicesimo conservatore.

Funzionerà?
Difficile prevederlo. Credo che il suo tentativo, al di là degli esiti, sia sincero. Lei ha davvero preso le distanze dalla sua esperienza giovanile, che del resto fu pure la mia. Abbiamo tutti cambiato idea e simpatie, pur senza volerci trasferire armi e bagagli nell’antifascismo militante. Per Meloni il conservatorismo parte dal conservare l’Italia unita dal Risorgimento, che si è persa nel fascismo e si ritrova nell’occidentalismo e nel cattolicesimo. Personalmente ho una visione negativa del Risorgimento e penso che la scelta unitaria sul modello napoleonico e da libro Cuore vada contro la realtà comunale e federale italiana. Un’identità italiana storicamente fondata sull’unitarismo sabaudo-mazziniano-garibaldino è storicamente un non-senso, per quanto politicamente prevalse.

Su cos’altro non condivide la premier?
Sull’appiattimento a livello europeo e italiano sulla linea americana, soprattutto in un momento come questo, in cui è pericolante. Le consiglierei di perseverare su una sua vecchia idea: il confederativismo europeo.

E le due Italie come si riappacificano?
Come già avviene nella società civile, dove il fascismo è storicizzato: nessuno nega la sua complicità col nazismo e l’olocausto, ma tutti sanno che è stato un fenomeno diverso che difficilmente si riproporrà.
Ma il problema del filofascismo in una parte dell’opinione pubblica italiana è un altro. Qui ci può essere polemica, ma soprattutto c’è denunzia. Cerchiamo di riflettere serenamente. Le classi dirigenti della repubblica italiana, la scuola, i media, sono stati per tre quarti di secolo protagoniste della vita politica italiana. Se non hanno saputo, non hanno potuto, non hanno voluto sradicare una memoria fascista e ora sono costrette a misure terroristiche e persecutorie, la colpa è soltanto loro.

(Intervista di Francesco Rigatelli, pubblicata in versione ridotta sul quotidiano La Stampa il 9 gennaio 2024)