Minima Cardiniana 462/2

Domenica 7 aprile 2014
Domenica in Albis o “della Divina Misericordia”
Seconda Domenica di Pasqua; San Giovanni Battista de La Salle

MILITARISMO AGGRESSIVO E FANATISMO RELIGIOSO NELLA RUSSIA AUTOCRATICA
IL PATRIARCA KIRILL E LA “GUERRA SANTIFICATRICE” NELLA PROSPETTIVA ETICO-POLITICA PUTINIANA
di Franco Cardini
Di questi tempi, se non si vuol correre il rischio di cader di continuo in opposte forme di falsificazione e di stravolgimento della realtà, bisogna aver mente sgombra, corretta capacità d’informazione e memoria lunga. Non è facile: ma possiamo provarci.
Par di aver fatto, in questi giorni, un salto all’indietro di una decina-ventina di anni fa o più e di essere ripiombati ai tempi della lotta tra “il Bene e il Male”, tra gli “stati-canaglia” dei quali parlavano Bush jr. e Donald Rumsfeld e il “Satana occidentale” degli ayatollah. Vediamo di metter un po’ d’ordine in questa pattumiera di temi propagandistici raffazzonati che sembra ohimè tornar di moda.
I fondamentalisti islamisti (aggettivo che non equivale affatto a “musulmani”, ma che significava e significa quanti intendono usare la religione musulmana a fini politici e terroristici) parlavano allora di jihad da bandire contro l’Occidente; e da noi c’era chi riteneva lo jihad (parola da usare al maschile) l’equivalente musulmano di “guerra santa”, di “crociata” (termini al femminile: il che spiega la femminilizzazione dello jihad da parte dei nostri sciatti mass media).
Quindi, si diceva, gli islamisti vogliono la “guerra santa” contro l’Occidente, esattamente come la volevamo noi contro di loro quando eravamo dei fanatici ignoranti come loro.
Niente di più falso. In arabo, lo jihad indica lo “sforzo benemerito in una direzione gradita a Dio” e non implica necessariamente una direzione guerriera: si fa jihad anche combattendo il crimine, le malattie più gravi, le epidemie, i cataclismi naturali, al miseria, l’ingiustizia. In modo analogo, tra XI e XVIII secolo l’Occidente sviluppò l’idea giuridica e teologica di “crociata”, soprattutto (ma non soltanto) contro l’Islam: e qualcuno cercò di contrabbandarne anche una santificazione. Ma invano. Il mondo cristiano occidentale conosce sì il concetto di “guerra giusta”, spiegato nel V secolo da sant’Agostino, ma lo limita alle guerre difensive e proclamate da un principe legittimo. Talora i poeti e i propagandisti hanno parlato di “guerra santa”, mai però i teologi: e la Chiesa, pur benedicendo le insegne crociate, ha sempre chiarito che non esiste alcuna guerra “santificante” in sé e di per sé. Chi combattendo una guerra “giusta” commette un delitto si macchia di peccato mortale come chiunque altro.
Le Chiese ortodosse e orientali sono addirittura andate oltre, contestando alla radice qualunque forma di “militarismo” cristiano e condannando i cattolici che avevano creato gli Ordini religioso-militari. Il patriarca Kirill lo sa benissimo. Per ebraismo, Islam e cristianesimo non esiste alcuna possibile “guerra santa”.
Quindi Kirill, appoggiando senza dubbio la “guerra di Putin” (va anche detto che nei paesi ortodossi la Chiesa è organo dipendente dal potere statale) e condannando come ha sempre fatto quello che a suo avviso è il carattere empio e licenzioso del “permissivismo”, del “consumismo” e dell’“edonismo” occidentale, ha evocato il motivo della Svyashènnaya Vajnà (letteralmente “guerra santificatrice”), un’espressione già in uso nella Russia del 1812-13 al tempo della guerra contro Napoleone e che venne riproposta nel 1941, nel clima d’indignazione contro i nazisti che, rompendo unilateralmente il patto di non-aggressione germano-sovietico di tre anni prima, avevano invaso l’Unione Sovietica. In tale occasione, quella della “Grande Guerra patriottica” (come ancora si definisce in Russia il conflitto 1941-45), il poeta Vasilij Lebedev-Kumač scrisse quasi di getto il poema Vstavài, strana orgòmnaya (“Sorgi, o immenso paese”) per il quale il compositore Aleksandr Aleksandrov, autore dell’inno nazionale sovietico e fondatore del coro dell’Armata Rossa, compose una bellissima musica. Quell’inno, che da un’espressione in esso ricorrente era detto Svyashènnaya Vajnà, Svyashènnaya Vajnà, è stato da allora ad oggi la canzone di guerra e di redenzione nazionale più nota e più cara al popolo russo, com’è per noi La canzone del Piave. È un canto patriottico, che a parte il suo ritornello non ha nulla di “santo”. Kirill ha con la sua autorità religiosa “benedetto” qualcosa che di per sé con la “guerra santa” non ha nulla a che fare, ma ch’è parte semmai del contesto fortemente patriottico impostato per la guerra attuale dal governo russo, che vuol collegare il conflitto di questi giorni alla difesa del suolo patrio di oltre ottant’anni fa.
Questa la realtà delle cose. Il resto è volontario malinteso, volgare mistificazione.
(Versione integrale di un articolo pubblicato sul Quotidiano Nazionale, 2 aprile 2024)