Domenica 14 aprile 2024, III Domenica di Pasqua
Santi Tiburzio, Valeriano e Massimo martiri
LO DICEVAMO NEL LONTANO 2010…
Ripetita stufant, sed iuvant. Abbiamo la memoria corta: e, siccome l’averla così è comodo, facciamo di tutto per cancellare anche i ricordi che ci restano. Si vive meglio, ci si convince più facilmente di esser brave persone e di non aver debiti. Però, se noi dimentichiamo la Storia, lei non si dimentica di noi. Mette tutto sul nostro conto. Ecco ad esempio quanto dicebamus heri a proposito delle persecuzioni dei cristiani in Asia.
CRISI DEL PACIFISMO E NUOVE FALSE “GUERRE DI RELIGIONE”
Nel Vicino e nel Medio Oriente si ammazzano i cristiani. Perché? “È sempre successo”, si dice. Non è vero. Forme di politica più o meno repressiva, questo sì: entro certi limiti, esito dell’applicazione – almeno nei paesi musulmani – delle limitazioni entro le quali cristiani e ebrei possono esercitare la loro libertà di culto, garantite dalla Sha’riah che li considera ahl al-Kitab, “gente del Libro” compartecipi sia pur a un livello più basso del progetto divino di Salvezza; oppure, nell’ultimo secolo, conseguenza della decolonizzazione e dell’ingiusta ma diffusa tendenza a ritenere i cristiani (anche locali) “complici” degli occidentali in quanto religiosamente loro affini (ammesso che gli occidentali siano ancora cristiani: ma in Oriente questa è opinione largamente condivisa). La seconda di queste ragioni ha provocato anche alcuni pogrom anticristiani, dalla metà dell’Ottocento a oggi. Adesso, però, contesti e qualità della violenza sono differenti.
“Fanatismo”? “Fondamentalismo” spinto fino al “terrorismo”? “Guerra di religione” in atto? “Scontro di civiltà”? L’ombra sempre presente di al-Qaeda, che però non si riesce a capire troppo bene neppure che cosa sia e che si presenta di solito attraverso messaggi di non chiara provenienza, come una troppo comoda etichetta dietro la quale poter nascondere ogni sorta di provocazione e di mistificazione? Se vi accontentate di parole e di una di queste spiegazioni-che-non-spiegano, eccovi serviti: è in atto una “ondata di violenza”, messa in atto dalle “centrali del terrore” che agiscono “per odio contro l’Occidente”. Forte e chiaro, no?
Ma se quest’aria fritta non basta a soddisfare la vostra legittima fame di notizie, se volete sul serio cominciar a capirci qualcosa, dovete tener presente un altro scenario. L’attuale disordine vicino- e mediorientale, che rischia di trasformarsi in una deflagrazione di più ampia portata, ha varie cause, tra le quali vanno tenute presenti una abbastanza prossima e una più prossima ancora.
La prima causa, che data dal 1948, è la mancata equa soluzione del problema israeliano-palestinese: problema che dati i suoi contraccolpi è diventato internazionale ma che (e gli eventi degli ultimi mesi lo provano drammaticamente) la Comunità internazionale non può o non sa risolvere, i vari governi USA – che potrebbero – non osano, mentre gli interessati sembrano ormai capaci di affrontarlo solo nei modi rispettivamente più estremi (gli israeliani fagocitando progressivamente quel che resta del territorio palestinese, i palestinesi rispondendo con una violenza rabbiosa per quanto poco efficace). Questo problema sta avvelenando i rapporti tra Israele e l’Occidente da una parte, Libano, Siria, Iran, Turchia e tutto il mondo musulmano dall’altra; e negli ultimi tempi sta addirittura (ed è la prima volta dopo la nascita dello stato d’Israele) rendendo meno solidi i rapporti tra il governo israeliano attuale e i paesi dell’Occidente, Stati Uniti compresi). Distogliere l’opinione pubblica da tutto ciò inventandosi diversivi come il “pericolo nucleare iraniano” è artifizio tattico tentato più volte, ma non serve nella sostanza a nulla.
La seconda causa, che data dagli Anni Ottanta del secolo scorso, è l’appoggio fornito dagli statunitensi ai movimenti fondamentalisti musulmani durante la guerra di liberazione dell’Afghanistan dagli invasori sovietici, che si risolse nella preminenza talibana durante gli Anni Novanta e negli accordi tra i talibani e la “multinazionale” californiana Unocal per il passaggio dal territorio afghano di alcune pipelines. In forza di quegli accordi, l’Afghanistan fu invaso con l’aiuto americano da grossi contingenti di guerriglieri-missionari fondamentalisti indottrinati tra Arabia Saudita e Yemen, autentici “soldati politico-religiosi” che avevano fatto le loro prime prove nei Balcani, sempre sotto protezione americana. Gli accordi saltarono a metà Anni Novanta, dettero luogo al crescer di un progressivo movimento antioccidentale e costituiscono la vera causa remota dell’invasione dell’Afghanistan attuata nel 2001 dagli statunitensi con alcuni reparti di paesi complici dell’aggressione. Questa è stata la ragione prima del progressivo inquinamento terroristico, avviato ben prima del fatidico 11 settembre 2001.
Oggi, dopo la caduta del regime saddamista irakeno ch’era tirannico e feroce ma “laico” e che teneva a bada sunniti e sciiti (magari a vantaggio dei primi sui secondi), la fitna, la guerra civile islamica, coinvolge tutti contro tutti: e i cristiani ci vanno di mezzo perché – a parte il “caso” libanese – sono pochi, miti, isolati, la loro causa non interessa a nessuno e l’accusa volgare di essere “complici dell’Occidente” paga sotto il profilo demagogico (esattamente come da noi pagano le chiacchiere contro gli extracomunitari che “ci rubano il lavoro” e “vogliono sottometterci”). Che personaggi come il grande Ayatollah degli sciiti irakeni al-Sistani – un personaggio che si qualifica per la sua linea equilibrata – proclamino che i cristiani sono una risorsa per i paesi stessi che li ospitano, per ora non serve a nulla. Ma la diplomazia vaticana sa vedere bene, anche al di là delle apparenze e del battage massmediale. Per questo insiste sulla via del dialogo e della comprensione reciproca. Per questo non incoraggia gli appelli alla crociata dei cosiddetti “cristianisti”, cioè dei gruppi cattolici di estrema destra e di tendenza che si potrebbe definire fondamentalista, grazie a Dio non troppo diffusi e di qualità intellettuale molto mediocre. Auguriamoci solo che prevalgano ragione e buon senso: e non dimentichiamo che al giorno d’oggi, per difendere valori che una volta sembravano equivalere a parole d’ordine conformistiche, ci vuole ormai anche coraggio civile. Non è per esempio facile dirsi “pacifisti” (o anche, più semplicemente ed in maniera più equilibrata, “pacifici”: e non è la stessa cosa) e accorgersi di venir circondati da un’opinione pubblica almeno ufficiale massmediale, tanto di destra quanto di sinistra addirittura ex “pacifista”, la quale ora proclama ostentatamente dalla stampa, dalle TV e dal social network il vecchio motto latino “Si vis pacem, para bellum”, per ricorrere al quale fino a pochi messi fa si rischiava di farsi additare al pubblico ludibrio come “fascisti”.
Franco Cardini