Domenica 21 aprile 2024, Domenica IV dopo Pasqua
Sant’Anselmo d’Aosta; San Silvio; Dies Natalis Almae Romae
POLEMIZZARE RISPETTANDOSI
IL CASO CANFORA-MELONI
di Franco Cardini
Corruptio optimi pessima. Non è un mistero per nessuno, credo, che io sono amico e nutro stima, rispetto e ammirazione – in modo, misura e qualità diversi, naturalmente – sia per Luciano Canfora, sia per Giorgia Meloni. Col primo collaboro da anni e (nonostante io abbia tre anni più di lui) lo considero un grande Maestro. Rispetto alla seconda sento attualmente un’enorme distanza in termini politici: ma so che esiste anche una forte affinità in termini etici e spirituali e non mi meraviglierei se, prima o poi, ci riservasse delle sorprese. Apprezzo il suo cattolicesimo franco e fermo, i suoi modi sempre diretti, il coraggio e la misura che ha dimostrato in certi difficili frangenti della sua vita privata. Sono ammirato dal suo modo di comportarsi come madre. Mi è molto dispiaciuta la situazione che si è creata fra il professor Canfora e la presidente Meloni: sono convinto ch’essa riposi su una serie di passi falsi e di malintesi e sono convinto che, se la querela promossa dalla seconda nei confronti del primo andrà avanti, non sarà un bene per nessuno dei due. Canfora è molto impegnato nel suo lavoro di studioso, e chi studia ha bisogno di serenità e ha diritto a una considerazione speciale anche se e quando fa scelte che possono lasciare perplessi; quanto a Meloni, temo che a molti che la stimano dispiacerà che un presidente del consiglio s’impegni in una contesa giudiziaria con un privato cittadino dando l’impressione di abusare del suo potere; e che costringa a frequentare un’aula di tribunale un anziano signore universalmente rispettato per la sua figura di studioso eminente (un Number One nel mondo della filologia classica) e che per giunta è di età avanzata e fisicamente sofferente. Certo, un personaggio come Canfora non può suscitare compassione, è troppo al di sopra di ciò: ma rispetto e considerazione profonda, questo perdinci sì. E poi, come si comporterà il suo collegio di difesa? Quali argomenti e quali immagini userà? A quali considerazioni strumentali darà avvio? In quanti e quali modi ciò potrà obiettivamente inquinare una situazione già difficile? Non sarebbe utile e consigliabile recedere dal campo della polemica e scegliere un’altra strada per dare un senso al problema insorto?
Quanto a me, un’idea ce l’avevo. L’ho espressa in un articolo pubblicato sull’edizione barese di “Repubblica” il 15 scorso. Ripropongo qui la sostanza quasi letterale di quell’articolo, leggermente aggiornata perché quando esso è stata pubblicato non si sapeva ancora che il corso della querela fosse entrato in dirittura d’arrivo. Ma ci si può sempre ripensare. Non ho fatto in tempo a far conoscere al presidente Meloni la sostanza della mia proposta. L’ho fatto in ritardo. Ma se c’è la volontà di cambiar direzione non è mai troppo tardi.
Ed ecco il testo del mio articolo, da leggere tenendo presente che è stato pubblicato involontariamente “fuori tempo massimo”. Ma il nucleo della proposta rimane. Si può sempre cambiare strada e proseguire il confronto con altri, differenti mezzi.
I nostri sono tempi tristi, nei quali sembra che tutto sia divenuto difficile: anche e forse soprattutto la serena, pacata discussione e il confronto tra posizioni diverse condotto tuttavia con reciproco rispetto e magari, come una volta non era difficile fare, con un pizzico di humour.
Confesso che a buttar giù queste poche righe sono stato, come si dice, “tirato per i capelli” a causa dell’invito, da parte degli Amici de “la Repubblica” a dire la mia su un argomento sul quale sono per la verità ben poco edotto ma che riguarda due persone che stimo e che sono anche due cari amici personali. Di solito, non amo affatto commentare né le parole né le idee di amici e colleghi, salvo argomenti di stretto interesse e di comune competenza. Faccio qui un’eccezione in quanto vorrei, con queste considerazioni, contribuire se possibile se non proprio a una pacificazione quanto meno a un reciproco, franco e magari perfino cordiale chiarimento.
L’evento al quale alludo è ormai di pubblico dominio da qualche giorno: ma personalmente ne ho solo una cognizione indiretta e, in particolare, non ho chiesto a nessuno dei due protagonisti dell’incidente in oggetto né conferme, né chiarimenti. Anzi, non nascondo il mio imbarazzo nel riproporre di nuovo l’argomento: spero che ciò non appaia a nessuno una mancanza di discrezione e che una parola pronunziata nella sincera speranza di rasserenare un quadro non valga viceversa ad aggravarlo.
A quanto pare (ne ignoro, lo ripeto, l’occasione e il contesto) il mio vecchio e caro amico e collega Luciano Canfora, con il quale ho l’onore di collaborare a più livelli e in numerose iniziative e per la figura di studioso del quale nutro un’infinita ammirazione, si è di recente espresso nei confronti del presidente del consiglio dei ministri Giorgia Meloni definendola “nazista nell’anima”. Credo sia stata questa, alla lettera, la definizione usata: se essa è stata anche minimamente diversa, me ne scuso.
Fonti che ho motivo di ritenere corrette m’informano che in risposta il presidente del consiglio, con il quale ho rapporti (credo e spero reciproci) di buona, sincera amicizia, ha presentato querela nei confronti del professor Canfora: di tale querela ignoro natura, taglio e contesto.
Tuttavia mi sembra che incidenti del genere, incresciosi sempre, lo siano tanto più quando si verificano tra persone di alta qualità intellettuale e morale: quasi si trattasse di un caso di corruptio optimi pessima. Rinunzio a formulare ipotesi e a porre domande al riguardo: tuttavia, qualche considerazione s’impone.
L’espressione “nazista nell’anima” ha un sapore gelido e inattuale, da melodramma più che da definizione: ha l’aria di una di quelle frasi che talvolta vanno al di là delle intenzioni di chi le pronunzia. È un giudizio dissonante rispetto alla finezza e alla precisione alle quali Canfora, grande non solo come storico e come filologo ma anche come stilista, ci ha da ormai molto tempo abituato. Quanto a me, per quanto mi sforzi, non ricordo nulla tra le molte cose dette da Meloni che possa giustificare un giudizio come quello espresso da Canfora. Ma va da sé che si potrebbe indagare a fondo: e sarebbe plausibile.
A Giorgia Meloni, posso soltanto ricordare quanto ampie e profonde siano le sue risorse: perché scegliere la querela, acqua che non disseta? Può fare ben altro, può ottenere ben di meglio. Il suo ruolo di presidente del consiglio le consente scelte quasi demiurgiche. Escludendo che la sua querela possa avere nelle intenzioni un sottinteso intimidatorio o ricattatorio oppure concludersi con una richiesta di risarcimento economico – esiti che mi sembrano tutte improponibili vista la qualità delle due persone delle quali stiamo parlando –, mi piacerebbe che tutto potesse concludersi, in questa nostra “società dello spettacolo”, con un gioco. Magari, un gioco serio. Lo dico medievisticamente: un’ordalia.
E perché no? Siamo dinanzi a due protagonisti della nostra vita civile e culturale, due frequentatori abituali del piccolo schermo. Gli italiani sono da troppo tempo aduggiati da confronti televisivi di bassa e volgare qualità, assuefatti a dibattiti penosi. Perché una volta tanto non ci viene concesso un derby tra due cavalli di razza? Lascino perdere, presidente e professore, i tribunali; vengano a trovarci a casa nostra, una sera “in diretta”, col moderatore e magari con gli “esperti” che saranno loro stessi a scegliere. Meglio se a reti unificate. Quella sì che sarebbe una bella occasione di crescita comunitaria. Una lezione di rispetto e di libertà.