Domenica 28 aprile 2024, V Domenica di Pasqua
San Pietro di Chanel, San Vitale, San Lucchese da Poggibonsi
VERSO LE ELEZIONI EUROPEE
CONTRO L’UNIPOLARISMO
di Bruno Bosi
La democrazia, come la globalizzazione e la tecnologia, hanno avuto nella seconda metà del secolo scorso uno sviluppo apparentemente dilagante. Sembravano in grado rispondere alle naturali aspirazioni a un futuro migliore, di un’umanità che doveva condividere l’esistenza sullo stesso pianeta, limitato. Era il periodo successivo alle guerre mondiali, dove il percorso da seguire era individuato in relazioni basate sulla libertà, la pace, la cooperazione e il benessere materiale. Con l’inizio del nuovo secolo dobbiamo constatare che sia la globalizzazione, sia la democrazia coadiuvate dalla tecnologia stanno avanzando in una direzione di declino.
Dobbiamo chiederci se fosse sbagliato il progetto iniziale o se non siano state rispettate le indicazioni del progetto originale. Se siano da rilanciare le peculiarità di quel progetto storpiato dalle pretese degli aspiranti dominatori, sempre in agguato, o se siano da apportare modifiche per porre un rimedio agli errori che ci hanno portati al declino.
I dettami della nostra costituzione da un punto di vista sociale ed economico non sono stati rispettati, com’è avvenuto in tutto l’Occidente per i dettami della Dichiarazione dei diritti dell’uomo che richiedevano di perseguire l’uguaglianza delle opportunità anche per i diritti sociali ed economici, come già avvenuto per i diritti civili e politici. L’élite che domina la nostra società, italiana ed europea, per compiacere il potere della finanza globale, in cambio della possibilità di mantenere i privilegi di casta, si è così allontanata dai princìpi alla base delle nostre società che rende necessaria una svolta di portata rivoluzionaria per ripristinare il cammino previsto dalla costituzione, dalla DUDU e dai trattati di adesione all’EU. La costituzione non è la verità assoluta, ogni venti anni una costituzione andrebbe aggiornata, ma per partire da quella italiana possiamo trovare elementi sufficienti a riportare la nostra società sulla via del progresso, della possibilità di intravedere un futuro migliore.
Poche settimane fa uno dei più quotati analisti, direttore di una rivista specializzata in geopolitica, scriveva: “Cosa possiamo aspettarci dalla potenza egemone se la competizione per la presidenza è tra un demente e un delinquente?”. Una presa di posizione coraggiosa quanto inusuale per l’informazione mainstream del nostro paese, ma che andrebbe integrata con un ulteriore domanda: “Cosa possiamo aspettarci da una dirigenza dell’UE che si è dimostrata prona alle più assurde richieste provenienti da quella potenza egemone, andando contro i nostri interessi e i nostri principi, e ora aspetta l’esito delle elezioni per mettersi al servizio del vincitore che potrebbe cambiare diametralmente rotta rispetto al predecessore?”.
La globalizzazione è inevitabile in quanto espressione del progresso nelle relazioni tra diversi modelli di società. Lentamente i progressi dei mezzi di comunicazione hanno eroso l’impermeabilità dei confini. Non ha più senso delimitare col filo spinato da difendere col sangue le diversità culturali di costumi, di tradizioni, di religione o economiche tra paesi limitrofi, che solo dai contatti o dagli scambi economici e culturali possono usufruire della crescita di una comune civiltà. È questa la dinamica che spinge da sempre in direzione di relazioni globali come da sempre c’è chi tenta di porsi al posto di comando di un vertice non utile alla causa. È la pretesa di un governo unipolare e occidentale della globalizzazione che è inaccettabile da un punto di vista politico per coloro che non fanno parte dell’Occidente. Il modello turbo-capitalista-finanziario occidentale sembra soccombere di fronte ai BRICS che propongono un governo multipolare sostenuti dai loro popoli. I popoli occidentali sono più in sintonia con le proposte dei BRICS che non con quelle delle nostre pseudodemocrazie dominate dalla finanza predatoria, una macchina infernale che ormai avanza inesorabile contro l’umanità sostenuta da una fede integralista nel dio denaro. Dopo trent’anni durante i quali l’occidente ha spinto il resto del mondo verso la libera circolazione di merci, capitali ed esseri umani, rendendosi conto che non potrà estendere la sua egemonia politica su tutto il pianeta, ripropone politiche protezioniste, di nuovo la divisione in blocchi contrapposti con relazioni caratterizzate da sanzioni o limiti per la libertà di movimento e preparativi di guerra per avere la pace, difficile da credere. Lo spazio temporale tra le elezioni UE e le elezioni USA dovrà esprimere chiaramente un nuovo modo di relazionarsi tra occidentali, una relazione alla pari che non sia l’atlantismo, sorretto da una falsa unanimità. Allo stesso modo potrebbe esserci una frattura insanabile tra due distinte UE, occidentale e orientale. L’importante è che le istituzioni rispecchino la realtà. Fingere non è una soluzione.
Si tratta di riprenderci l’iniziativa e per farlo dobbiamo mettere da parte la faziosità e conflittualità istigata dagli attuali partiti politici e dai mezzi di disinformazione, giornali e talk-show e costituire uno schieramento che abbia i numeri per identificare obbiettivi significativi e raggiungibili in tempi brevi. Un leader politico deve unire, non dividere. Questo era il fine delle istituzioni democratiche nate dal dopoguerra, completamente disattese dall’attuale élite che ci governa, in un crescendo di incompetenza, viltà e spregiudicatezza che ci ha portato in una situazione di guerra che solo la prudenza dell’avversario per ora ci evita di subire.
La nostra attuale società politica è fondata sul disprezzo e conseguente apatia per l’impegno politico. Un’inesauribile fonte di spunti per la comicità che consente qualche sprazzo di buonumore, ma anche e soprattutto la tristezza della rassegnazione al declino, prodotto da decenni di disinformazione, da una sistematica opera di svalutazione dell’istruzione scolastica, da una mentalità consumista, dalla fede integralista nella funzione di riserva di valore del denaro. Esistono storici, filosofi, sociologi, economisti, che contribuiscono ad evidenziare i problemi, a produrre indignazione, ma poi l’azione viene impedita dai giornalisti, opinionisti, dai conduttori di feroci quanto inutili dibattiti televisivi, dai politici di mestiere, tutti al servizio dei dominatori.
Non ci sono possibilità, con le regole attuali, per l’emergere di una forza politica in grado di cambiare direzione. Al massimo qualche furbetto, magari un volto conosciuto in quella forma di spettacolo che sono gli attuali talk show televisivi può tentare di farsi il suo partitino privo di qualsiasi consistenza in termini di potere politico ma in grado di gratificare le sue ambizioni personali. Nello stesso tempo offre una sponda ai dominatori: il sistema attuale, per considerarsi vincente, deve poter contare sul contrasto dei partitini antisistema nel ruolo di vinti. Per poter produrre un cambio di direzione deve essere rivista la figura del partito politico. Il partito degli astenuti è già la prima forza politica: se alle prossime elezioni per il parlamento UE il partito degli astenuti avrà la maggioranza assoluta, l’élite dominante dovrà tenerne conto. Ad ogni tornata elettorale i partiti devono rigenerarsi sia come obbiettivi da perseguire, sia come leader. Devono essere dei contenitori, forniti di mezzi di provenienza pubblica che offra uguali possibilità di accesso ai mezzi di informazione. La scuola dell’obbligo deve fornire l’educazione alla politica, se vogliamo dei cittadini in grado di far funzionare la democrazia. La discrezionalità sulle candidature deve ogni volta ripartire dal basso per consentire un’effettiva partecipazione dei giovani. Si dovrebbe stabilire un numero limitato di partiti per favorire aggregazioni che poi sono la condivisione indispensabile per la dimensione politica: meglio, dunque, partire dalla base e non da infelici combinazioni dettate da interessi personali dei delegati una volta eletti. Vi sarebbe una naturale tendenza al bipartitismo che sarebbe una garanzia di governabilità ma che dovrebbe essere rimessa nella disponibilità della sovranità popolare ad ogni consultazione elettorale. La complessità istituzionale della nostra democrazia stravolge gli equilibri necessari alla sua esistenza. Il sistema parlamentare è diventato un muro di gomma, insensibile, irresponsabile, irremovibile. Dovremo cambiare le regole affinché il popolo possa far sentire la sua voce. Nessun meccanismo istituzionale, per quanto complesso, può superare le capacità dell’individuo. Per questo credo sia da tentare l’ipotesi del presidenzialismo espresso direttamente dal popolo e bilanciato da un incremento nel ricorso e nel potere riservato al referendum popolare.