Domenica 5 maggio 2024
VI Domenica di Pasqua, San Gottardo
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LA TETRALOGIA SU FEDERICO IL GRANDE
UN’INTERVISTA ALL’AUTORE CLAUDIO GUIDI
di Gabriele Parenti
Federico il Grande ovvero Federico II di Prussia. Un personaggio storico straordinario: re-filosofo, grande stratega la cui vera vocazione era di essere un artista un poeta ma che cambiò il volto dell’Europa moderna.
Un personaggio in parte ancora da scoprire. Come rivela la monumentale tetralogia di Claudio Guidi. Proprio di recente è uscito il secondo volume: Federico il Grande. La guerra dei Sette anni, edito da Il nuovo Melangolo, 2024.
I saggi di Claudio Guidi sono noti per essere frutto di documenti spesso inediti (utilizzando quindi fonti primarie) e al tempo stesso agili, che si leggono quasi come romanzi. In questo il focus è sull’evento che ha fatto da spartiacque nella storia europea del XVIII secolo. Ma dal libro scaturisce anche un grande affresco che delinea i tratti umani, poetici, filosofici, militari. Ne parliamo in questa intervista.
Perché la Guerra dei Sette Anni è considerata il primo conflitto mondiale della storia?
Il bilancio in termini di morti supera il milione, tra militari e civili, e ad esservi coinvolta è l’Europa intera, che allora rappresenta il mondo. La Prussia si trova da sola a fronteggiare Austria, Francia, Russia, Sassonia e Svezia, mentre sul piano navale Francia e Inghilterra se le danno di santa ragione su tutti i mari del pianeta, in difesa o nella conquista delle rispettive colonie, con il risultato finale che la Francia le perde quasi tutte, a cominciare dal Canada. Federico ne esce grande trionfatore dopo 18 battaglie combattute stando sempre in prima linea, con le pallottole nemiche che gli ammazzano 5 cavalli sui quali è seduto, mentre una gliela ferma la tabacchiera d’argento ed un’altra gli trapassa l’uniforme su un fianco senza scalfirlo.
Aggiungiamo pure che il suo esercito è numericamente un terzo, in alcuni casi la metà, di quelli che ha di fronte.
Tra i grandi estimatori del re di Prussia c’era Napoleone.
Dopo la vittoria sui prussiani nella battaglia di Jena del 1806, che lava l’onta della disfatta di Roßbach del 1757, l’imperatore porta i suoi generali davanti alla tomba di Federico per dire che “se lui fosse ancora in vita, noi oggi non saremmo qui”. A farglielo prendere come modello è il suo atteggiamento illuminista, decisionista e dispotico, nel senso migliore già definito da Federico, quando rivendica che il suo compito è quello di “disporre” che ognuno faccia bene e fino in fondo il proprio dovere.
Eppure la sua vera vocazione era di divenire un artista o un poeta.
Sosterrà sempre che nel metterlo sul trono la natura aveva scelto per lui il posto sbagliato, poiché la sua vena è quella del musicista e del poeta. Oltre ad essere un grande virtuoso del flauto, compone per questo strumento ben 121 sonate, alle quali si aggiungono 6 sinfonie ed il tema sul quale, su sua richiesta, Bach compone quel capolavoro dell’Offerta musicale. In campo poetico lascia un’opera in versi più ampia di quella di Molière, che anche per la perfezione linguistica lascia stupito Diderot, che non lo ama e lo definisce “balzano come un pappagallo e maligno come una scimmia”, ma riconosce il suo spirito poetico sublime, aggiungendo che ha scritto in francese meglio di come avrebbe fatto un poeta nato a Parigi.
Famosa la sua misoginia. Fu provocata da motivi politici, visto che sulla scena europea i suoi maggiori avversari erano donne?
Le donne le ha molto amate da ragazzo, ma poi ha preferito non vedersele intorno, infatti dice a quel grande dongiovanni di Francesco Algarotti che il modo migliore per vivere tranquilli è stare “lontano dai poeti e dalle puttane”, un termine che riserva anche alle sue più acerrime nemiche, Maria Teresa d’Austria, la zarina Elisabetta Petrovna e Madame de Pompadour, coalizzate per annientarlo e ridurlo a “marchese del Brandeburgo”.
Le donne non le odia, ma in genere non le stima, arriva a dire che “per rovinare uno Stato basta farlo governare da una donna”.
Una curiosità che hai sottolineato è la sua scarsa padronanza della lingua tedesca.
La scrive infatti in maniera molto scorretta, come emerge dalle direttive che invia ai suoi subordinati poco al corrente del francese, che considererà sempre come la sua lingua madre e nella quale scriverà tutta la sua produzione letteraria, storica e poetica, ma anche nella sua sterminata corrispondenza con i suoi numerosi interlocutori. Ciò deriva dal fatto di avere avuto per nutrice Madame de Rocoulle, un’ugonotta francese, che chiamerà sempre affettuosamente maman e che da re va a trovare una volta alla settimana. Per il resto dichiara con disprezzo che il tedesco va bene solo per rivolgersi “agli stallieri ed ai cavalli”.
Si può dire che fosse un socialista, mezzo secolo prima che nascesse Marx?
Federico ha avuto sempre a cuore le sorti della povera gente, a cominciare dall’istruzione dei figli, arrivando ad assegnare perfino una paghetta settimanale per incoraggiarli a frequentare le lezioni, invece di andare con i genitori a lavorare i campi. Fa anche organizzare turni quotidiani di sorveglianza del comune bestiame da portare al pascolo, in modo che un solo ragazzo marini le lezioni. Riguardo alla tassazione, l’aliquota fissata oscilla dal 2% al 10%, di fatto irrisoria se confrontata con quelle alle quali sono abituati gli Stati moderni.
Ma abile anche nella politica economica?
Pur con i modesti introiti riuscì a tenere sempre in attivo il bilancio dello Stato, mentre la Francia oscilla sempre sull’orlo della bancarotta e Maria Teresa è indebitata fino al collo con i banchieri inglesi e olandesi. Quando muore nel 1786 lascia un attivo colossale di bilancio di 51 milioni di talleri, pari ad almeno 50 miliardi di euro. Il segreto del re di Prussia è l’assenza di sprechi nelle spese pubbliche, con un controllo personale e minuzioso di tutti gli esborsi decisi nelle opere pubbliche. A più riprese prova per primo in Europa ad abolire la servitù della gleba, ma si trova di fronte alla rivolta massiccia degli Junker, i grandi latifondisti, che minacciano di abbandonare l’esercito, poiché costituiscono la totalità del corpo ufficiali.
E com’era nella vita privata?
La sua vita è ricca di infiniti episodi divertenti, a cominciare dalla sua golosità, con la preghiera ad Algarotti di non fargli mai mancare la bottarga, né il parmigiano. Assume poi il migliore cuoco francese, Noël, al quale dedica un’ode in versi in cui lo definisce “il Newton della marmitta”. Fa inoltre costruire su entrambe le parti della grande scalinata che conduce alla reggia di Sanssouci otto livelli di serre per farvi crescere la frutta mediterranea di cui è ghiottissimo.
Ma perché veniva chiamato il “vecchio Fritz”?
Sono i suoi fedeli soldati ad inventarla, quando vedono com’è ridotto ancora nel fiore degli anni. Al termine delle terribili traversie vissute nel corso della Guerra dei Sette Anni, durante i quali porta sempre al collo le pillole di oppio per suicidarsi in caso di prigionia, si ritrova a soli 48 anni ad essere diventato il vecchio Fritz, con i capelli ingrigiti, metà dei denti caduti e la schiena “curva come un arco”.
Questa imponente monografia si unisce alle numerose altre opere di Claudio Guidi. Tra le più recenti: Luigi XV. Un regno nel segno della libidine; Il secolo bello. Il sogno umanitario del Settecento francese; Le donne all’ombra dell’Encyclopédie. D’Alembert, Diderot, Helvétius e Rousseau: come complicarsi la vita familiare; Voltaire in salsa amorosa.