Domenica 2 giugno 2024
Ricorrenza convenzionale (non liturgica) del Corpus Domini
LXXVIII anniversario della proclamazione della Repubblica italiana
EDITORIALE
Tradizione, Radici, Identità. Se tutto ciò fosse davvero sentito, da qualche giorno l’Italia dovrebb’essere esplosa in un uragano di feste e di proteste. La Chiesa cattolica ha relegato la festa del Corpus Domini nella domenica successiva al giorno nel quale dovrebb’essere celebrata, l’ottavo giovedì dopo la Domenica di Pasqua. Invece, nonostante la liturgia parli chiaro e molte feste locali lo ricordino, le istituzioni ecclesiali tacciono.
Eppure, quest’anno è molto importante. Si tratta del settecentosessantesimo anniversario della festa, appunto, del Corpus Domini, del vivo e reale Corpo e Sangue del Signore rivelatosi nel celebre Miracolo di Bolsena del 1264, allorché in quella cittadina vivo era scaturito dalle specie eucaristiche consacrate da un prete incredulo. L’arredo liturgico che ne venne macchiato, il fazzoletto quadrato detto “corporale” che serve a coprire il calice dell’Eucarestia, è ancora custodito in un preziosissimo reliquiario – uno dei capolavori dell’oreficeria gotica – per conservare e venerar il quale venne addirittura edificato un immenso reliquiario di marmo e di vetrate di cristallo, il duomo di Orvieto. Festa mobile fissata al giovedì seguente la domenica della Trinità, il Corpus Domini si collega a un altro giovedì, quello della Settimana Santa, il giorno dell’istituzione dell’eucaristia. La grande festa orvietana rimanda a un’altra, quella del “Santo Sangue” di Bruges, celebrata in ricordo di una reliquia in quella città recata da Thierry d’Alsazia di ritorno da una crociata: ed è connessa al ciclo dei romanzi del Santo Graal.
Su tutto ciò, notte e nebbia. I cristianucci d’oggi, specie i “tradizionalisti” usi a spendere il loro preziosissimo tempo a collezionare i misfatti ereticali di papa Francesco, lasciano che questa grande festa di popolo che in passato riempiva – a non dir altro – la nostra penisola di quelle meravigliose celebrazioni primaverili dette “Infiorate” (e c’era qualche antropologo che, per spiegarne le origini, arrivava a scomodare i culti di Attis o di Adone) venga oggi lasciata impolverarsi nelle sacrestie delle memorie del tempo che fu. Così muoiono i popoli: e non c’è “sovranismo” che possa resuscitarli. FC