Domenica 2 giugno 2024
Ricorrenza convenzionale (non liturgica) del Corpus Domini
LXXVIII anniversario della proclamazione della Repubblica italiana
ARTE, ARTE E ANCORA ARTE
ALPHONSE MUCHA: LA SEDUZIONE DELL’ART NOUVEAU
di Eleonora Genovesi
“Sono stato felice di essere coinvolto in un’arte per il popolo e non per salotti privati” (Alphonse Mucha)
Oggi voglio raccontarvi il bellissimo viaggio fatto nel mondo dell’Art Nouveau guidata da Alphonse Mucha, il più grande artista ceco, padre dell’Art Nouveau e creatore di immagini iconiche, cariche di fascino, grazie alla straordinaria mostra dedicatagli, patrocinata dal Comune di Firenze e dall’Ambasciata della Repubblica Ceca, organizzata in collaborazione con la Fondazione Mucha, curata da Tomoko Sato in collaborazione con Francesca Villanti. Sede della mostra, chiusasi lo scorso 7 aprile, è stato il Museo degli Innocenti.
Questa mostra non è solo un omaggio all’arte di Alphonse Mucha, ma costituisce anche un’opportunità per riflettere su un’epoca, quella dell’Art Nouveau, caratterizzata da un rinnovato interesse per l’arte, il design e la pubblicità.
Un’epoca in cui l’arte unisce le persone mediante la comunicazione di messaggi universali. E sono proprio questi gli elementi alla base di questa mostra, dal titolo non certo casuale Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau, poiché Mucha è stato l’artista che più di ogni altro ha influenzato il mondo dell’arte e della pubblicità in maniera ancora oggi palpabile. Il suo intento principale era quello di rendere l’arte comprensibile a tutti, come ci dice il nipote John Mucha, attuale presidente della Fondazione Mucha, cui lascio la parola: “Mio nonno anelava a un mondo migliore in cui tutti, ciascuno con la sua cultura di provenienza, sapessero rispettare le differenze e vivere in pace e armonia: un messaggio quanto mai attuale in questo mondo tormentato. Era anche appassionatamente convinto che l’arte fosse un dono essenziale per il genere umano, e per questo dovesse essere accessibile al grande pubblico, incoraggiando il maggior numero di persone ad ammirarla e apprezzarla. Speriamo dunque, con questa nuova rassegna, di proseguire nel solco da lui tracciato, e riuscire a comunicare con freschezza ai visitatori – toscani e non – gli interessi, le passioni e le convinzioni insite nella sua visione artistica”… E credo ci siano proprio riusciti.
Ma prima iniziare questo viaggio mi sembra opportuno presentare questo grande artista.
Nato nel 1860 a Ivančice, nella Repubblica Ceca, Alphonse Mucha si distinse fin da giovane per il suo fervente patriottismo e per l’impegno nel sostenere la libertà politica dei popoli slavi. E a questo amore per la libertà della sua amata patria, si affianca un altro grande amore: quello per l’arte cui si dedica da subito. Nel 1887 si trasferisce a Parigi dove perfeziona la sua arte e dove incontra la donna che cambierà per sempre la sua vita: Sarah Bernhardt, l’attrice più bella e famosa dell’epoca, che affida a Mucha la sua immagine rendendolo popolarissimo. Nasce così il mito delle “donne di Mucha”, fanciulle in fiore di un’elegante bellezza, voluttuose e seducenti figure ritratte in una fusione di sacro e profano, rappresentate con uno stile compositivo davvero unico. Grazie alla notorietà derivante dal rapporto con Sarah Bernard, il giovane artista ceco viene conteso dalle aziende per pubblicizzare i propri prodotti, dando così vita a numerose campagne pubblicitarie come quelle del cioccolato Nestlé, dello champagne Moët & Chandon, e ancora delle sigarette, della birra, dei biscotti e dei profumi. Siamo tra fine Ottocento e inizio Novecento e Parigi era considerata il centro del mondo dell’arte. È la cosiddetta Belle Époque, c’è un grande entusiasmo, una grande joie de vivre, una joie de vivre contagiosa che contagia anche Alphonse Mucha.
Ma la novità della sua arte, che si tratti di opere pittoriche, di illustrazioni, di poster teatrali o di manifesti pubblicitari, è data dalla facilità di comprensione. La sua arte, in qualsiasi forma, è accessibile a tutti. Le sue immagini diventano subito famose in tutto il mondo, il suo stile è il più imitato, la potente bellezza delle sue donne entra nell’immaginario collettivo di tutti.
Tuttavia Mucha non dimentica il suo impegno patriottico e sociale. Nel 1910 torna a Praga dove si dedicherà per quasi venti anni a quello che è considerato il suo più grande capolavoro, l’Epopea slava, opera colossale composta da venti grand tele in cui racconta i principali avvenimenti della storia slava. Mucha morirà a Praga nel 1939. Il percorso espositivo, sia a livello tematico che cronologico, presenta più di 170 opere: manifesti, libri, disegni, olii e acquarelli, oltre a fotografie, gioielli, opere decorative, che consentono al visitatore di vagliare la complessità e la poliedricità dell’arte di Alphonse Mucha. Tutto questo accanto ad un nucleo di opere italiane che raccontano il contesto dell’evoluzione dello stile Art Nouveau in Italia. L’allestimento sobrio delle sale espositive, arricchito da un corridoio immersivo che catapulta il visitatore tra i fiori tipici dello stile di Mucha, rende piacevole il percorso articolato in 6 sezioni. Lungo il percorso i grandi manifesti dell’artista sono molto spesso affiancati da disegni, libri e fotografie, consentendo al visitatore di immergersi pienamente nell’universo di questo grande artista, nei soggetti delle sue opere, in quelli che sono gli intenti della sua arte. Perché questa mostra vuole mettere in luce, non solo il grande talento dell’artista, ma anche l’ampio lavoro di ricerca e di riflessione che ha caratterizzato l’evoluzione della sua arte. Un’evoluzione, quella dell’arte di Mucha, che non ha mai scalfito l’attaccamento alla sua terra di origine, per la cui indipendenza lotterà tutta la vita.
Alphonse Mucha era fermamente convinto che l’arte non dovesse limitarsi ad un fattore di piacevolezza visiva, no, l’arte doveva andare ben oltre: essa doveva trasmettere un messaggio spirituale, elevando così gli spettatori e soprattutto parlando a tutte le persone.
Come ha spiegato Tomoko Sato, curatrice della Fondazione Mucha e curatrice della mostra al Museo degli Innocenti (le sue parole sono riportate tra virgolette), la filosofia artistica di Alphonse Mucha è imperniata sul concetto di bellezza, ma non una bellezza fine a se stessa, bensì di una bellezza simbolo delle armonie morali. Dunque per Mucha l’artista è “un sacerdote all’altare della bellezza” e il suo ruolo è quello di comunicare il messaggio della bellezza a un pubblico più vasto. Non un’arte per l’arte ma un’arte per il popolo, un’arte “economica e alla portata di tutti, che trovava casa presso le famiglie povere come pure nelle cerchie più facoltose” e che in campo pubblicitario promuovesse la diffusione del bello nell’artigianato artistico. Ma iniziamo questo fantastico viaggio. La mostra si apre ai miei occhi con la prima sezione, dal titolo Donne, Icone e Muse, dedicata proprio alle donne, che con la loro grazia e il loro fascino, sono al centro della produzione di Mucha.
E chi se non la splendida Sarah Bernardt, celeberrima attrice parigina soprannominata la Divina, può essere la protagonista di questa sezione? Lei, figura iconica per la sua bellezza e per il suo straordinario talento, mi appare con tutto il suo magnetismo in foto che la rappresenta a figura intera.
Segue la bellissima locandina, qui presente in una grande litografia a colori, di Gismonda, una pièce scritta dal drammaturgo francese Victorien Sardou appositamente per Sarah Bernardt, la cui prima si tiene a Parigi il 31 ottobre del 1894.
E fu proprio la Bernard a commissionare a Mucha la locandina dello spettacolo. La trama ruota intorno alla vita della principessa bizantina Gismonda che Mucha ritrae, in un poster alto più di 2 metri, con il volto di Sarah Bernard in abiti da nobildonna bizantina, con un copricapo di orchidee ed una stola floreale, tenendo in mano un ramo di palma.
Una delle innovazioni di questo manifesto è data da un arco decorato a forma di arcobaleno, riportante il nome dell’attrice, posizionato dietro la testa di Bernhardt, simile ad un’aureola, che attira l’attenzione sul suo viso. E sarà proprio questo elemento distintivo un motivo ricorrente nei successivi manifesti teatrali di Mucha. A livello decorativo l’artista si serve di tessere di mosaico bizantine dietro la testa di Bernhardt. Resto letteralmente ammaliata dinanzi a questo poster, che ad un disegno davvero eccezionale associa dei delicati colori pastello, così lontani dalle tonalità vibranti tipiche dei manifesti di quell’epoca, si pensi alle Affiche di Toulouse-Lautrec. Ma l’eleganza e la musicalità dello stile di Mucha, così diverso dalla sintesi formale e cromatica delle affiche di Lautrec, non tolgono al manifesto quella che è la peculiarità del messaggio pubblicitario: una comunicazione diretta ed efficace.
Mucha nella sezione superiore del manifesto, riccamente composta e ornata, mette il titolo dell’opera e nella sezione inferiore pone il nome del teatro creando così un equilibrio visivo ed una comunicazione tanto sintetica quanto efficace.
La locandina di Gismonda si rivelò un successo tanto che la divina Sarah Bernard gliene commissionò altre per le messe in scena da lei curate. Troviamo esposte in mostra quelle per La dame aux camélias, La Samaritaine, Médée.
Nella locandina per La dame aux camélias, pièce tratta dal romanzo di Alexander Dumas figlio, trasposta sublimemente in musica pochi anni dopo da Giuseppe Verdi nella Traviata, si riafferma il suo nuovo codice visivo caratterizzato dal tratto marcato per definire i contorni della silhouette, da un abile gioco di volumi tra abito e acconciatura, dalla cura nei dettagli dello sfondo e degli accessori. La Divina Sarah Bernard con una camelia tra i capelli ci restituisce l’immagine di una donna, in questo caso della cortigiana Marguerite Gautier, dalla sensualità esibita ma non esibizionista, dalla bellezza sussurrata e non urlata, una donna seducente e mai volgare. Prima di arrivare al manifesto realizzato per la Médée, tragedia in 3 atti composta nel 1898 da Catulle Mendès che racconta di Medea, personaggio iconico della tragedia greca, ecco apparire dinanzi ai miei occhi degli straordinari disegni preparatori dal titolo Studio per Médée in cui il volto ed il corpo della protagonista sono studiati con grande perfezione, sia a livello di espressività del volto che di postura del corpo. Confesso di esserne stata fortemente attratta. Quell’abilità nel disegno era un qualcosa di estremamente accattivante.
Ed ecco poi il bellissimo manifesto di Medea, un manifesto diverso dagli altri realizzati per Sarah Bernard, non a livello di maestosità, ma diverso per lo stato d’animo espresso. Qui vediamo la Divina nelle vesti di Medea, l’eroina tragica che per amore superò ogni limite, colta nel momento più drammatico della performance, quando, in un attacco di gelosia, accoltella crudelmente i propri figli. Una parte del volto della donna è nascosta da un panno scuro, e la parte visibile è avvolta dall’orrore dell’azione. Lo sguardo folle e paralizzato, la postura tesa e le mani contratte rafforzano l’effetto. Medea con i suoi occhi simili a fuochi di cenere, domina l’inquadratura. La sua non è certo la figura di una ninfa danzante ricoperta di panneggi eleganti e leggeri, dallo sguardo dolce e seducente tipica dello stile Mucha. No la Medea domina il vuoto che la circonda con la sua presenza scenica. Quegli occhi vivi e folli, coscienti e al contempo terrorizzati, quei capelli raccolti e chiusi in una corona di spine che le cinge la testa, mi ricordano tanto lo Scudo con Testa di Medusa realizzato dal Caravaggio nel 1598. Alphonse Mucha era un grande conoscitore dell’arte, in particolare di quella rinascimentale e barocca.
E nella sua Medea ritroviamo un che di Caravaggio nella psicologia della protagonista. Ma a differenza della Medusa caravaggesca, la Medea di Mucha ha un panno che le copre le labbra quasi a voler soffocare l’urlo agghiacciante di questa madre cosciente della nefandezza commessa che non ammette né redenzione né tantomeno giustificazione. E con la sua spada insanguinata indica il soggetto della sua vergogna: il figlio morto ai suoi piedi, ritratto in uno scorcio prospettico che mi ricorda il Cristo Morto del Mantegna ritratto al contrario. Il dramma è concentrato in quel corpo ai piedi di questa madre che non può dire ciò che ha fatto, ma lo indica con la sua spada.
L’abito dalle sfumature cupe, che copre tutto il corpo di Medea, ricorda le onde del mare di notte, un mare in cui i bambini che giacciono ai piedi della madre sono affogati.
Eh sì: ciò che la parola non può dire, lo dice il corpo!
Troviamo poi il manifesto per la rivista d’avanguardia La Plume in cui la Divina Sarah Bernard è ritratta nel ruolo della Princesse Iontaine. Il poeta Léon Deschamps, direttore della rivista, curava anche il Salon des Cents, una sala mostre aperta nel 1894 che promuoveva le opere degli artisti legati alla rivista, tra cui spicca il nome di Toulouse-Lautrec. E nel 1896, su invito di Deschamps, Mucha entrò a far parte di questo contesto artistico. E quale ringraziamento l’artista realizzò un poster per la ventesima mostra del Salon, come ho avuto modo di ammirare nella litografia a colori in mostra. Solo un anno dopo, nel 1897, il Salon des Cents ospiterà un’ampia retrospettiva dedicata all’artista ceco, di cui verranno esposte circa 450 opere. Di questa retrospettiva troviamo in mostra la bellissima litografia a colori che pubblicizza l’esposizione di Mucha.
Ed eccoci giunti alla seconda sezione intitolata La Cultura Bretone in cui si evidenzia la passione di Mucha per la cultura celtica che lui sente come affine alla cultura popolare della sua terra. Come già detto per Mucha l’arte non può e non deve limitarsi ad essere un mezzo pubblicitario, ma deve porsi come lo strumento con il quale trasmettere l’identità culturale ed ideologica di un popolo. Pensiero questo associato al suo profondo senso patriottico, tant’è che spesso l’artista si ritrae, come si può vedere nell’Autoritratto in camicia slava nell’atelier di rue de la Grande Chaumière, Parigi (1892 circa), con indosso la camicia ricamata tipica della tradizione nazionale slava.
E non è un caso se il linguaggio artistico di Mucha è ricco di elementi ripresi dalla sua madrepatria come vestiti slavi, motivi floreali e botanici tipici dell’arte della Moravia o ancora elementi geometrici tipici del barocco delle chiese ceche. Ma i simboli ed i motivi ornamentali usati da Alphonse Mucha si evolvono ponendosi come un messaggio di unione tra passato, presente e futuro.
Con tutta probabilità l’interesse di Mucha per la Bretagna si sviluppa quando al suo arrivo a Parigi, intorno al 1890, ha modo di incontrare artisti della scuola di Pont-Aven come Gauguin con il quale stringerà un rapporto di amicizia che durerà fino alla partenza di Gauguin per quel di Tahiti.
Ciò consentirà all’artista di osservare da vicino questa cultura.
E di questi viaggi in Bretagna troviamo in mostra numerosi schizzi, foto di paesaggi (marine e litorali rocciosi, poderi di campagna, piccoli edifici isolati come l’Oratorio di Saint Guirec in un villaggio bretone, abitanti dei villaggi bretoni ed un hotel sulla costa). Questa intensa liaison con la Bretagna la si ritrova poi in ritratti di figure abbigliate con costumi popolari tipici come si può vedere nelle due bellissime litografie a colori esposte, dal titolo Cardo delle sabbie e Erica delle scogliere del 1902. La mia attenzione è calamitata dal costume bretone indossato dalla donna, che un po’ mi ricorda i costumi delle donne nel Cristo Giallo di Gauguin, ma anche dalle bellissime decorazioni che costituiscono un vero intrico di bellezza. Seguono poi una serie di piccoli quadri di cui mi colpisce in particolare la Fanciulla bretone che raccoglie frutti di mare, una matita e acquerello su carta raffigurante una giovane ragazza dallo sguardo così vivo che sembra interloquire con il visitatore.
Mucha con questo quadretto riesce a restituire allo spettatore sia il contesto ambientale che l’atmosfera marittima del luogo… Mi sembra quasi di respirare quell’aria di mare… Eh sì come per magia sono entrata nel mondo di questo favoloso artista. Questa seconda sezione, ad opere decisamente più realistiche come quelle appena viste, alterna opere di stampo decorativo che ci presentano splendide e aggraziate fanciulle attorniate da fiori e da elementi della natura come si può vedere nella Testa bizantina Bruna e quella Bionda, del 1897. Mucha raffigura 2 giovani ragazze dai lineamenti eleganti, i cui copricapi, intrecciandosi con le ciocche dei capelli costituiscono anch’essi uno splendido elemento decorativo, tipico dello stile dell’artista. Molto interessante è il Calendario con il giudizio di Paride per la tipografia Viellemard, del 1895 in cui, all’interno di una cornice dallo sfondo scuro ornata da tre maschere teatrali dalle bocche spalancate, di stampo greco, vediamo la famosa scena mitologica esaltare il concetto di bellezza insito nell’episodio grazie ad un delicato cromatismo e ad una delicata luminosità. Ed ecco poi una delle opere che per me ha sempre incarnato ancor più di altre l’essenza dell’arte di Alphonse Mucha che per me coincide con la parola eleganza: Sogno a occhi aperti. L’opera, una litografia del 1897, ci presenta una bellissima donna con i capelli adornati da una corona di fiori, in abiti bucolici e ondeggianti, che affiora da uno sfondo di ventagli raffinatamente decorati.
E altrettanto bucoliche sono le prime due figure della serie Le ore del giorno del 1899: Éveil du matin ed Éclat du jour.
In entrambe le litografie si resta colpiti dalle morbide e fitte pieghe degli abiti, in particolare da quello della figura femminile dell’Éveil du matin, che nel suo aderire alle parti del corpo mi ricorda tanto il panneggio della Nike di Samotracia. Molto belle anche le margherite che sembrano essere un tutt’uno col corpo della ragazza. Le altre 2 opere della serie Réverie du soir e Repos de la nuit risultano più introspettive. Le donne, raffigurate di lato, ci appaiono raccolte in se stesse, suscitando un senso di calma e rilassatezza.
Nel periodo trascorso da Mucha a Parigi nella cerchia di artisti e letterati avevano luogo delle accese discussioni su come l’arte e la cultura fossero degli strumenti indispensabili per promuovere la riforma sociale.
E la fonte cui ci si ispirava era il movimento inglese Arts and Crafts fondato da William Morris. E sarà proprio l’influenza esercitata dal movimento dell’arte per il popolo a portare Mucha a realizzare degli straordinari Panneaux Décoratifs, un nuovo tipo di poster privo della scritta pubblicitaria, la cui unica finalità era quella decorativa. I Panneaux Décoratifs verranno lanciati nel 1896 con la serie Le stagioni, di cui in mostra possiamo ammirare una versione in formato del calendario del 1902 Dewez enseignes stores.
Anche qui, come nelle Ore del giorno, protagoniste sono sempre le figure femminili, immerse, a seconda del mese, in colori che virano dai toni freddi del gelo autunnale, a quelli caldi dell’estate in cui la donna, alla ricerca di refrigerio, poggia i piedi sul filo dell’acqua lacustre. Resto davvero ammaliata da queste donne, così belle ma anche così semplici, che si fondono con la natura. La ragazza che simboleggia la primavera è lei stessa un fiore in mezzo ai fiori, così come la ragazza che rappresenta l’autunno il cui corpo pare fondersi con l’uva che sta raccogliendo e con le foglie di acero. Troviamo poi la litografia del 1899 dal titolo Langage des fleurs, tratta dall’Album de la Décoration, dove la giovane ragazza in abiti tradizionali è incorniciata da un vortice di fiori e steli. Invece nella Donna con margherita del 1900 il biondo dorato dei capelli e l’incarnato chiarissimo spiccano su una base di velluto di un bordeaux intenso.
Nella parte terminale di questa sezione troviamo una serie di opere realizzate a fine Ottocento per uso domestico: disegni per ventagli con figure femminili o con papaveri o con edera, un bellissimo piatto in terracotta decorato da Mucha con il tema dell’autunno in cui domina la scena una bellissima giovane donna, un piatto in ceramica invetriata che presenta una testa in rilievo. Questa sezione si chiude con 72 tavole tratte dai Documents décoratifs, pubblicati nel 1902 dalla Librairie Centrale des Beaux-Arts di Parigi. Si tratta di un manuale per artigiani, grafici e studenti d’arte, al cui interno Mucha svela tutti gli aspetti del proprio lavoro. Si passa da esempi di motivi decorativi pronti per essere usati a bozzetti concepiti per accompagnare il grafico nel corso del processo di stilizzazione, una guida su come trasformare i disegni naturalistici in motivi ornamentali applicabili al prodotto industriale.
Le immagini che scorrono davanti ai miei occhi affascinati vanno dagli elementi naturali alle figure umane come le due bellissime bambine in abiti bretoni. E al termine di questa seconda sezione si riconferma il virtuosismo di Mucha nel trarre nuove forme dalla natura e dal corpo umano, senza essere ripetitivo o noioso, no, al contrario domina la fantasia. Lascio la sala e sorpresa: entro in un lungo corridoio, dalle pareti fatte di specchi e illuminato da uno straordinario gioco di luci, ispirato all’arte di Mucha ed alle opere esposte in mostra. L’installazione, denominata I fiori di Mucha, creata dall’Art Media Studio, proietta le immagini su una tenda posta alla fine del corridoio e sul pavimento le cui pareti, come detto, sono degli specchi.
Ed ecco in fondo al corridoio emergere in tutta la loro bellezza le donne di Mucha dalle curve sinuose e dalle chiome mosse dal vento, donne al contempo angelicate e moderne. Passeggio verso queste donne circondata da fiori e motivi ornamentali curvilinei che inondano l’ambiente.
Fiori, piante, decori e colori cambiano gradualmente creando un’atmosfera in continua evoluzione e trasformazione moltiplicata dalle pareti specchianti. E la magia di questa atmosfera è amplificata dalla musica di sottofondo. Mi chiedo se sia vero o se sia un sogno. Non so. Di certo so che sto passeggiando nel mondo della bellezza, un mondo di un tempo passato in cui l’arte celebrava con la bellezza dell’estetica l’affrancamento dal passato e la modernità di un’epoca: quella dell’Art Nouveau. Esco da questo corridoio letteralmente stregata da tanta bellezza ed eleganza pronta a proiettarmi nella terza sezione dal titolo I Manifesti Pubblicitari, assetata di conoscere altre parti del lavoro di Mucha. Nella Parigi di fine secolo, l’artista aveva raggiunto un enorme successo, divenendo il grafico più richiesto, al punto da realizzare nell’arco di vent’anni all’incirca 120 manifesti pubblicitari per marchi e negozi che diverranno delle vere e proprie icone dell’Art Nouveau. Con Mucha la Pubblicità si fa Arte, proseguendo nella strada tracciata da Toulouse-Lautrec. Dunque la finalità della Pubblicità è la stessa dell’Arte: comunicare efficacemente e trasmettere al pubblico un messaggio, anche se nel caso della pubblicità è di tipo commerciale, come in altre occasioni sarà sacrale, religioso o storico. Mi stupisce la grande varietà dei prodotti pubblicizzati: bevande alcoliche, champagne, birre (Bières de la meuse del 1897), liquori e poi detersivi e profumi (Lance parfum “Rodo” del 1896) e ancora sigarette (JOB, del 1896) e cioccolato (Chocolat idéal del 1897) e finanche cibo per bambini (Nesté’s food for infants del 1897).
Si passa poi ai manifesti pubblicitari di luoghi turistici (Monaco Monte-Carlo, 1897), di biciclette (Cycles perfecta, del 1902) fino ai biscotti (la serie Buiscuits Champagne Lefèvre-Utile, 1896). Nell’ammirare questi manifesti mi rendo conto di come l’oggetto reclamizzato passi in secondo piano perché la vera protagonista è la figura femminile idealizzata ed elegante. Si tratta di una donna ieratica, incorniciata da linee sinuose, che con il suo sorriso ammaliante evoca delle atmosfere seducenti ed ammalianti, che paiono invitare lo spettatore ad entrare in quel mondo. Ed è proprio l’eleganza di queste figure femminili a riversarsi sull’oggetto pubblicizzato dando la sensazione che il prodotto provenga dal cielo, portato da sacre vergini. La novità del linguaggio di Mucha coinvolge anche l’aspetto cromatico poiché troviamo colori innovativi scelti tra i toni pastello, colori dalle sfumature delicate che contribuiscono alla forza dell’impatto visivo.
E alla novità dell’aspetto cromatico si aggiunge quello della complessità visiva delle sue immagini, ottenuta sovrapponendo più piani prospettici, con diversi strati decorativi dagli intricati dettagli. E mentre ammiravo la bellezza e l’eleganza di questi manifesti mi rendevo conto che Mucha è molto molto di più dell’artista della bellezza e dell’eleganza. In genere dire Mucha equivale a pensare alle sue bellissime e raffinatissime immagini femminili. E invece no, Mucha è molto di più. I suoi manifesti mettono in atto con largo anticipo delle strategie di quello che oggi definiamo marketing, strategie tese a posizionare nella mente del pubblico un determinato marchio (brand) di un prodotto o di una linea di prodotti come si può vedere nella serie dedicata al Lance parfum “Rodo” (1896). Per la pubblicizzazione di questo marchio che si tratti di disegni, manifesti, ma anche della confezione di flaconi Mucha riprende sempre lo stesso disegno, anticipando così il concetto di branding.
E proprio nel 1896 mentre è alle prese con il lancio del nuovo profumo “Rodo” inizierà una lunga, proficua collaborazione con il celebre produttore francese di biscotti Lefévre-Utile. E anche nella pubblicizzazione di questo marchio Mucha riconferma la sua operazione di branding scegliendo un disegno uguale sia per le confezioni che per i manifesti, in modo da creare un messaggio pubblicitario uniforme e accrescere la visibilità sul mercato, anticipando così una strategia ampiamente utilizzata dalla grafica del nostro tempo. Proseguendo nel mio percorso dapprima trovo esposta l’etichetta del 1901 per le diverse confezioni di biscotti Lefévre-Utile, confezioni (scatole, barattoli) anch’esse in mostra. A seguire un’illustrazione del 1903 raffigurante Sarah Bernhardt, forse progettata per un calendario-poster.
E, infine, ecco i magnifici manifesti realizzati per il marchio Moët & Chandon: dalle decorazioni per dei menù a 2 bellissimi manifesti in cui, come sempre, domina la figura femminile. Si tratta di 2 figure diverse per colori e per tratti, ma entrambe affascinanti, eleganti, seducenti. Questa terza sezione si conclude con una veloce rassegna di fotografie scattate da Mucha in persona. L’artista inizia ad appassionarsi alla fotografia nel 1885 nel corso degli studi all’Accademia di Belle Arti di Monaco. E questa passione si tradurrà in uno strumento utile per le sue creazioni a partire dagli anni parigini. A fine Ottocento creerà con le sue foto un taccuino la cui funzione sarà quella di una sorta di diario visivo funzionale alla realizzazione di schizzi e disegni.
La gran parte delle foto di questo periodo, scattate nell’atelier dell’artista, ritraggono modelle in varie posizioni. Queste immagini diverranno una fonte di ispirazione per disegni e dipinti. Ed eccoci giunti alla quarta sezione dal titolo Epopea Slava (il ritorno di Mucha nella sua patria) in cui si esplora un altro nucleo tematico che caratterizza l’arte di Mucha: quello patriottico. Dopo la fase parigina Mucha si recherà in America dove conoscerà Charles Richard Crane, ricco uomo d’affari ed appassionato slavofilo, che lo sosterrà economicamente. E sarà proprio grazie a questo sostegno che l’artista, rientrato nel 1910 nella sua amata patria, potrà realizzare un sogno che accarezzava da tempo: quello di porre la sua arte al servizio della libertà nazionale slava. Questo sogno si materializzerà con la realizzazione del grandioso progetto Epopea Slava, un ciclo pittorico di 20 tele dalle grandi dimensioni che narrano i principali avvenimenti della storia slava dal III al XX secolo, a cui Mucha lavorerà per 17 anni, dal 1911 al 1928, anno in cui il progetto verrà presentato a Praga in occasione della ricorrenza del decimo anniversario dell’indipendenza della nazione dall’impero asburgico. Le tele dell’Epopea Slava, rappresentando le sofferenze e le conquiste di tutti i popoli slavi nel corso di mille anni di storia, si prefiggono di incitare la popolazione ad imparare dalla storia patria al fine di progredire sempre di più, raggiungendo l’indipendenza politica e al contempo mantenendo la pace tra le popolazioni slave e il resto del mondo. Dal punto di vista espressivo, Mucha, anche in questo colossale capolavoro, terrà fede al suo stile dal linguaggio visivo universale che pone al centro di tutto la figura femminile. Le donne abbigliate in abiti tradizionali assurgono al ruolo di icone spirituali dell’anima della nazione, ispirando e unendo in un unicum i popoli slavi.
Un esempio illuminante è quello dello Studio per poster per il VI festival del Sokol (comunità ceca di Sokol), realizzato nel 1912, in cui vediamo una giovanissima ragazza dominare la scena stagliandosi con la sua veste porpora elegantemente ricamata dallo sfondo grigio-blu dell’acquerello. Ma resto particolarmente colpita dalla litografia a colori del 1922 dal titolo Russia Restituenda (la Russia deve riprendersi), un poster promozionale realizzato per la campagna per la fame dei bambini durante la carestia russa nel 1921-1922. Siamo in un periodo storico di grandi capovolgimenti politici e sociali che attentavano al futuro di tanti bambini che rischiavano di morire di fame. E negli occhi tristi, tanto tristi della donna raffigurata che tiene in braccio un bambino dalla corporatura debole, col capo reclinato, non si sa se dal sonno o dalla morte, vedo il dolore di tutte le mamme vittime di guerre, che vorrebbero proteggere i loro figli ma che sono rese impotenti dagli eventi… È tutto così tragicamente attuale… Un discorso a parte merita la sfera spiritualistica di Alphonse Mucha di cui si conosce solo l’aspetto del pittore geniale dell’Art Nouveau. Ma in realtà, oltre a quello del pittore geniale, esiste un volto meno noto e più intimo di questo artista, un aspetto dell’uomo e dell’artista ancora sconosciuto. Come molti grandi artisti e letterati di quegli anni, anche Mucha si interessò all’esoterismo, che considerò parte importante della propria vita e arte. Così tra il 1890 ed il 1900 l’arte di Mucha verrà fortemente influenzata dal suo avvicinarsi a dei percorsi spirituali sotto l’influsso di misticismo, occultismo e teosofia. E in parallelo l’artista si interessa anche alla massoneria vista come una confraternita dedita ad opere di carità tese a promuovere la solidarietà umana.
Alphonse Mucha fu iniziato a Parigi nel 1898 nella loggia parigina del Grande Oriente di Francia, il più antico e importante ordine massonico dell’Europa continentale e successivamente divenne fra i promotori della rinascita della massoneria in Cecoslovacchia. Da quel momento e fino al giorno della sua morte l’artista restò sempre fedele agli ideali massonici. Le conoscenze acquisite in loggia e lo studio del simbolismo esoterico ebbero una straordinaria influenza sulla sua opera artistica come si può vedere in Le Pater, un volume illustrato pubblicato a Parigi il 20 dicembre 1899, circa un anno dopo la sua iniziazione alla massoneria, in cui Mucha mescola l’elemento artistico e quello letterario con la sua visione religiosa e filosofica dell’esistenza. Il risultato è un’interpretazione in chiave esoterica del Padre Nostro, la più importante preghiera cristiana, vista come messaggio per le future generazioni sui progressi del genere umano. Mucha divide l’orazione in 7 versi, analizzati uno ad uno al fine di spiegare il significato nascosto nelle parole. L’artista fornisce così una personale interpretazione della preghiera mediante sette serie, ciascuna di 3 tavole decorative. Con Pater Alphonse Mucha vuole accompagnare il lettore nella sua ricerca dell’Ideale Divino. Le Pater segnò il suo inizio come “artista visionario”. Mucha considera Le Pater una delle sue opere migliori, tanto da presentarla all’Esposizione di Parigi del 1900. Ed eccoci giunti alla quinta sezione intitolata Lo stile Mucha. Siamo nel 1900, l’inizio del nuovo secolo, il secolo della modernità, l’anno dell’Esposizione Internazionale di Parigi. La modernità avanza e questo comporta un cambio di rotta anche a livello artistico. Si rimettono in discussione i concetti di arte e di bellezza, ma Alphonse Mucha non aderisce a questo pensiero, bensì cerca nell’arte un valore immutabile dalla valenza universale. Per l’artista ceco l’arte è eterna come il progresso umano e la sua funzione è quella di illuminare il cammino dei viaggiatori del mondo. Una bella opera d’arte è simbolo di bene in quanto contribuisce a sollevare l’animo delle persone. Dunque per Mucha la bellezza è l’unico strumento per elevare la qualità della vita. Per questo motivo l’artista preferisce temi al contempo semplici ed universali come le stagioni, i fiori, le ore del giorno, temi accessibili anche ai non esperti di arte.
E poiché nel 1900 dire Art Nouveau equivaleva a dire Stile Mucha vedremo come la fama di questo grande artista ceco influenzerà l’Esposizione Internazionale che lo coinvolgerà in una serie di mostre e progetti. In qualità di artista ufficiale dell’Impero austro-ungarico gli viene affidato l’allestimento del padiglione della Bosnia-Erzegovina e per questo suo importante contributo dato all’Impero, verrà insignito della medaglia d’argento e dell’Ordine di Francesco Giuseppe.
Come esponente parigino dell’Art Nouveau collaborerà con prestigiose aziende francesi, come Houbigant, una delle più antiche profumerie del paese e con il più importante orafo e gioielliere della capitale, Georges Fouquet, che oltre a commissionargli il disegno di una intera collezione di gioielli, gli chiederà anche di decorare il nuovo negozio in rue Royale, come ci testimoniano delle fotografie degli interni e della facciata del negozio rinnovati da Mucha insieme a disegni dei progetti. Il percorso espositivo di questa quinta sezione dedicata allo stile Mucha si snoda attraverso l’esposizione della bellissima guida ufficiale della sezione austriaca dell’Esposizione Universale, in cui domina la scena un’elegante figura femminile in perfetto stile Mucha, dell’almanacco di Parigi del 1900, della figurina promozionale della ditta di profumi Houbigant, di eleganti confezioni di profumo dal nome accattivante Coeur di Jeannette Houbigant, del manifesto pubblicitario dell’Austria all’Esposizione Internazionale di Parigi l’Oesterreich auf der Weltausstellung Paris 1900.
Sono giunta alla fine di questa quinta e penultima sezione e mi sento inondata di bellezza. Sto sperimentando in prima persona quanto sia attraente lo Stile Mucha, un’arte la cui capacità di attrarre le persone perdura da più di un secolo. È dunque normale che un’arte così accattivante venisse copiata e riproposta, non solo in Francia, ma anche all’estero: dai disegni alle stampe decorative, dai calendari alle cartoline per finire all’oggettistica, tutti veicoli di diffusione dello Stile Mucha.
Siamo così arrivati alla Sesta ed ultima sezione dal titolo L’Art Nouveau in Italia che esamina lo sviluppo di questo movimento in Italia, con particolare riferimento ad uno dei suoi massimi esponenti, il fiorentino Galileo Chini.
Le innovazioni del linguaggio di Mucha, la sua inedita concezione decorativa di ispirazione naturalistica, la forte espressività della sua linea in movimento, il fascino delle figure femminili, che incarna il modernismo, seppur con un leggero ritardo rispetto alle altre nazioni europee, arriverà anche in Italia. E proprio la fanciulla eterea dai movimenti armonici, immortalata da Alphonse Mucha, assurgerà a simbolo del Liberty, declinazione italiana dell’Art Nouveau, come si può ben ravvisare nel manifesto disegnato da Leonardo Bistolfi per la Prima Esposizione Internazionale di Arte Moderna, tenutasi a Torino nel 1902 che segnerà l’esplosione del nuovo linguaggio artistico moderno in Italia, sancendone l’ingresso ufficiale sulla scena europea.
E tra gli artisti che parteciparono all’esposizione di Torino spicca la figura di Galileo Chini, artista affascinato dalla possibilità data dall’Art Nouveau di estendere l’esperienza artistica a tutti i campi di vita quotidiani. Chini fu uno dei maggiori protagonisti del Liberty (l’Art Nouveau italiana) e, pur restando testimone della tradizione antica, seppe cogliere gli stimoli derivanti dai suoi viaggi in tutta Europa e dalla sua partecipazione alle principali esposizioni internazionali, dove ebbe modo di confrontarsi con realtà differenti. La grandezza di Galileo Chini sta nell’aver saputo rielaborare e declinare con uno stile personale, lo spirito innovativo del nuovo linguaggio artistico, divenendo così il precursore nella sperimentazione di forme al contempo audaci e innovative.
Chini si dedicherà con grande passione all’arte della ceramica fino a fondare a Firenze nel 1896 una piccola fabbrica chiamata Arte della Ceramica che assumerà il ruolo di portavoce del gusto moderno. Chini ridonerà alla ceramica quella dignità artistica equiparabile solo ai fasti della ceramica della famiglia Della Robbia.
Di questo poliedrico artista toscano si può ammirare in mostra un notevole corpus di opere, delle quali citerò solo alcune: una bellissima fioriera in porcellana modellata a rilievo con tre figure danzanti, numerosi bozzetti per piatti e vasi in ceramica con teste femminili o elementi naturalistici come il bozzetto per un piatto-pavone(1899), un Vaso in ceramica con occhi penna di pavone (1919-1925), bozzetti per manifesti, una stupenda maiolica policroma dal titolo Pannello Flora che ci mostrano come questo grande artista fiorentino sia riuscito a rielaborare le linee del passato con le linee sinuose che costituiscono i principi di rinnovamento dell’Art Nouveau. Il tema del pavone, molto presente nell’Art Nouveau, è un motivo iconografico che ha affascinato molti artisti modernisti tra i quali Mucha. E quello del pavone diverrà uno dei soggetti più ricorrenti nell’arte di Chini, soprattutto nella ceramica. L’artista nel corso degli anni rielaborerà continuamente la figura del pavone, partendo dalla sua rappresentazione in chiave naturalistica visibile nelle prime opere fino ad arrivare a trasformarlo in un nitido elegante motivo ornamentale come dettaglio dell’occhio della coda piumata. Il percorso espositivo di questa sesta ed ultima sezione si chiude con le ultime opere esposte di Mucha. Si tratta delle opere realizzate per il francese Georges Fouquet, famosissimo designer di gioielli. Si possono vedere le foto ed i disegni realizzati da Mucha per le decorazioni del nuovo negozio Fouquet, situato in rue Royale 6. La mostra si conclude degnamente con l’opera Le pietre preziose del 1900, costituita da 4 pannelli decorativi che rappresentano 4 pietre preziose impersonate da 4 sensuali figure femminili.
Il colore di ciascuna pietra (ocra per il topazio, rosso per il rubino, violetto per l’ametista e verde per lo smeraldo) definisce l’atmosfera di ogni pannello che richiama visivamente i fiori che decorano l’abito della donna rappresentata. Questa su Mucha è stata davvero una mostra molto bella e interessante poiché ha scandagliato l’opera dell’artista a tutti i livelli. Alphonse Mucha, il più importante artista ceco, padre dell’Art Nouveau e creatore di immagini divenute delle icone. Esco inebriata da tanta bellezza, da questo tuffo nell’Art Nouveau, una sorta di viaggio indietro nel tempo, un tempo di bellezza, di eleganza… Esco e mi riimmetto nel mondo di oggi, in una Firenze piovosa, trafficata.
Ma nulla potrà togliermi il senso di godimento provato… Eh sì concordo in toto con Mucha sul fatto che la bellezza elevi il livello di vita… Come sempre l’Arte si riconferma essere un balsamo per l’anima.
“Preferisco essere qualcuno che crea immagini per le persone, piuttosto che qualcuno che fa arte fine a se stessa” (Alphonse Mucha)