Domenica 9 giugno 2024, Sant’Efrem, Diacono e dottore della Chiesa
LA MAGGIORANZA CHE NON VOTA
IL DOPO ELEZIONI
di Bruno Bosi
Se in queste elezioni il primo partito sarà quello di non votanti, ci si dovrà interrogare sull’effettività della nostra tanto declamata democrazia. La commissione e le più importanti cariche istituzionali sono espressione di una maggioranza che rappresenta, nel migliore dei casi, il 25% degli aventi diritto al voto. Le cariche istituzionali sono riservate a una casta che decide con metodi cooptativi le candidature dei delegati al fine di perpetuare il potere all’oligarchia dominante. Il potere ufficialmente riservato al popolo è trasformato nella libertà di rinunciare alla libertà, non potendo esprimere una qualsiasi forma di alternativa. Il popolo è sì chiamato a dirimere a chi affidare le cariche istituzionali, ma solo nel senso di spartirsi i privilegi riservati agli addetti ai lavori e ai loro clienti, che con la rinuncia al voto sono in continua diminuzione, e consentono una spartizione più generosa.
Il paradigma economico che governa le nostre società, assurdamente definito liberal-democratico, è incompatibile con la democrazia in quanto spinge a un costante potenziamento di un’oligarchia economica e finanziaria già ampiamente in grado di dominare le istituzioni politiche. La selezione avversa per la distribuzione delle cariche riservate ai politici, dovute al clientelismo e alla corruzione, ha portato ai vertici personaggi che vanno dall’imbecillità alla disonestà. I nostri delegati non hanno dimostrato le capacità e il coraggio di resistere alle pressioni dell’oligarchia finanziaria, si accontentano di mantenere i loro privilegi utilizzando le prerogative dello stato in materia di imposizione fiscale e di ordine pubblico per fare accettare al popolo le richieste delle agenzie di rating e, da ultimo, anche della NATO.
Con le regole attuali è impossibile esprimere il disappunto per la linea politica espressa dalla commissione al di fuori e al di sopra dei compiti istituzionali che le sono assegnati dai trattati. Biden si è complimentato con la bellicosa presidente della commissione, per averla portata a coincidere con la NATO. Solo per questo doveva essere sottoposta a un processo politico e sfiduciata dal parlamento: altrimenti per cosa la eleggiamo, per fare gli interessi di Biden? La prima regola di una democrazia consiste nel dovere di sostituire istituzioni che si dimostrano incapaci di assecondare le aspirazioni dei propri cittadini. Questa possibilità viene oscurata dai mezzi di comunicazione nelle mani di quell’oligarchia che trae vantaggi dalla guerra. Ogni forma di dissenso viene strumentalizzata nella funzione di acuire una conflittualità già paralizzante della politica. Bisogna assolutamente uscire da questi schemi che siamo abituati a subire: un leader politico deve unire, non dividere. Ormai sembra prossimo il punto di rottura, quello che i partiti politici, tutti concordi, tentano di rinviare fino a quando sarà loro possibile. Per uscire da questo circolo vizioso dobbiamo, come popolo, riprenderci l’iniziativa, cioè la facoltà di scegliere il punto e l’argomento sul quale fare pressione. Bisogna puntare a qualcosa di nuovo ma che possa fondarsi su solide basi di buonsenso, inconfutabile.
La nostra società occidentale è sicuramente in una fase di decadenza, percepita sia all’interno che dalle comunità esterne all’Occidente. In un contesto di ingiustizia sociale ed economica nella distribuzione della ricchezza che non ha precedenti nella storia dell’umanità, rinfacciamo ai paesi poveri, con una spudoratezza spregiudicata, la non accettazione della nuova cultura woke, da noi subita e che vogliamo esportare come accrescimento progressivo della democrazia.
Noi abbiamo la responsabilità di fermare ed evitare la guerra, inutile biasimare gli orrori subiti da chi è costretto a viverli, uno sterile esercizio di ipocrisia morale. Ma dobbiamo agire ora, siamo una forte maggioranza, e coesi possiamo smantellare il sistema attuale e procedere in direzione di nuove relazioni volte alla ricerca di un futuro migliore, massima aspirazione di tutti gli esseri umani accomunati in una prima appartenenza che è globale. Gestire questa appartenenza con un sistema multipolare che sia in grado di tutelare le diversità locali è sicuramente un passo avanti rispetto al dominio unipolare dell’oligarchia finanziaria imposto attraverso la potenza militare della forza egemone, ma contro tutti i popoli, prima di tutto contro il popolo americano. Abbiamo il dovere di far sapere al popolo americano che l’unanimità loro offerta dalla nostra bellicosa presidente non esiste, mentre conviene anche a loro tornare a un rapporto di collaborazione col resto del mondo, tra pari. Perché i proventi della guerra non vanno mai a beneficio di chi la deve combattere.