Minima Cardiniana 472/2

Domenica 16 giugno, Domenica XI del Tempo Ordinario
Santi Martiri Quirico e Giulitta, San Ceccardo Patrono di Carrara

PRO BONO MALUM
L’Italia è molto amata all’estero. Il che è largamente comprensibile: la natura, il paesaggio, l’arte, la buona cucina. Meno facile è comprendere perché lo siano anche i suoi abitanti: magari non per le loro virtù civiche (la quali difatti non ci sono), ma per una serie di pregiudizi positivi che a torto si sono andati accumulando nei loro confronti. Regge perfino il mito storico degli “italiani brava gente” E sì che ne abbiamo date, di prove al contrario. Dovrebbero saperlo tutti. Anche i russi: soprattutto loro. E invece continuano a stravedere per noi. Il sole, il mare, la musica: soprattutto quella.
Nemmeno il gelido Vladimir Putin, evidentemente, fa eccezione. E la nostra cara amica Anna Tsyba, giovane giornalista russa che lavora in Italia per l’Agenzia Octagon – e che a sua volta ama l’Italia e gli italiani – ci fa conoscere gli umori stranamente favorevoli del suo Presidente nei nostri confronti.
Anna ha scritto al riguardo nella sua lingua un lungo articolo che ha tradotto per noi in un perfetto italiano. Leggiamo.

PUTIN HA OFFERTO L’AMICIZIA ALL’ITALIA
di Anna Tsyba
“In Russia vedono che la politica italiana è più contenuta rispetto ai molti altri paesi e che la russofobia lì non prospera”, ha detto il presidente russo Vladimir Putin in un incontro con i capi delle agenzie di stampa mondiali al Forum economico internazionale di San Pietroburgo. La svolta del leader russo verso l’Italia sullo sfondo delle sue impressionanti dichiarazioni sulla possibile risposta asimmetrica della Russia alla fornitura di armi da parte dei paesi occidentali per attacchi al territorio russo sembra logica.

L’Italia è stata particolarmente sensibile nell’evitare una “partecipazione diretta” al conflitto russo-ucraino, sottolineando che lo Stato italiano non è in guerra con la Russia. La Repubblica Italiana ha rifiutato categoricamente, anche in barba al presidente francese Emmanuel Macron, di inviare i suoi soldati in Ucraina.
“Non siamo in guerra con la Russia. Nessun soldato italiano andrà a combattere in Ucraina”, ha dichiarato il vicepresidente e ministro degli Affari esteri italiano Antonio Tajani. “Difendiamo il diritto dell’Ucraina all’autonomia, alla libertà e all’indipendenza. La Federazione Russa ha sbagliato ad attaccare l’Ucraina violando così il diritto internazionale. Ma ora dobbiamo ripristinare la pace, ed è questo il nostro obiettivo”.
Tali affermazioni riflettono lo stato d’animo prevalente nella società italiana.
“Siamo tutti scioccati dal fatto che una grande guerra si sia rivelata possibile in Europa dopo il 1945, quando tutti i paesi hanno concordato la pace per molti anni a venire”, condivide il suo parere con Octagon.Europe un anziano residente di Pienza. “Molti considerano ciò che sta accadendo come una tragedia, ma senza la Russia non ha senso parlare di pace in Europa, ed è necessario parlarne”.
L’Italia è stata accusata di sentimenti filo-russi dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha proposto di cacciare dal Paese coloro che hanno opinioni filoputiniane e filorusse. Ma queste opinioni appartengono non solo ai russi che vivono in Italia e ai giornalisti e imprenditori russi che lavorano qui, ma soprattutto agli stessi italiani. Inoltre, le cosiddette opinioni filorusse o almeno non ucraine sono condivise da una bella fetta dell’intellighenzia italiana, così come da alcune élites politiche, dall’opposizione fino ai rappresentanti dei partiti al potere. Anche alcuni giornalisti ed esperti autorevoli esprimono non poche critiche alla posizione assunta dalla NATO e dalla stessa Italia in questo conflitto.

La destra e la sinistra
L’ex Primo Ministro italiano, e ora uno dei leader dell’opposizione di centrosinistra e del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, nel 2018 ha chiesto il ritorno della Russia nel G7 (ex G8), insistendo sulla necessità di risolvere alcuni urgenti problemi internazionali con l’aiuto della Federazione Russa. Sei anni dopo, condanna ferocemente qualsiasi azione del governo italiano che porti ad un’escalation della crisi russo-ucraina, sottolineando l’inutilità e persino l’immoralità di continuare a fornire armi all’Ucraina.
“L’idea della vittoria dell’Ucraina sulla Russia sul campo di battaglia si è rivelata un fallimento. I negoziati di pace devono iniziare immediatamente. Se questo fosse stato fatto fin dall’inizio avremmo avuto maggiori possibilità di raggiungere un accordo favorevole”, ha detto Conte. È convinto che sia necessario indirizzare le risorse statali non al riarmo e all’invio di aiuti militari in Ucraina, ma piuttosto alla risoluzione dei problemi sociali interni dell’Italia.
Il vicepresidente italiano Matteo Salvini ha reagito duramente alla dichiarazione di Macron sull’invio di un contingente francese in Ucraina, suggerendo che il leader francese stesso indossasse un elmetto e andasse a combattere da solo.
Matteo Salvini non ha usato mezzi termini. In risposta alle minacce del presidente francese di inviare truppe in Ucraina, ha suggerito che lo stesso Macron andasse a combattere in Ucraina, indossasse un casco e non ingannasse gli italiani. Salvini ha condannato aspramente l’Alleanza Nord Atlantica e l’Unione Europea per il crescente sostegno militare all’Ucraina e per la loro intenzione di consentire alle forze armate ucraine di lanciare attacchi con armi occidentali contro la Russia. Allo stesso tempo, ha escluso del tutto la possibilità di rivedere la posizione dell’Italia sull’ultima questione: “È in gioco il futuro dei nostri figli. Qualcuno può cambiare opinione su varie questioni, ma il tema della guerra e della pace non è soggetto a modifiche”.
Il vicepresidente ha confermato che il minimo sospetto sulla possibilità di usare le armi fornite dal paese per attaccare la Russia significherebbe un rifiuto incondizionato di fornire armi all’Ucraina.
In televisione, la discussione sul tema dell’Ucraina ha suscitato un caos permanente. Insieme alla condanna della Russia, tra giornalisti e politici è maturato il bisogno quasi fisico di ristabilire la pace.
Non solo gli italiani comuni, che pagano di tasca propria, ma anche i funzionari governativi sono stanchi della guerra. Basti ricordare le dichiarazioni rilasciate dal primo ministro italiano Giorgia Meloni in una conversazione con i burloni Vovan e Lexus, durante la quale ha ammesso la stanchezza accumulata dall’Ucraina e dalla guerra in generale.
Il vertice di pace in Svizzera sulla questione ucraina, che si terrà senza la partecipazione della Russia, lascia perplessi anche i più accesi sostenitori della politica della NATO e rischia di trasformarsi in una farsa, mentre i tentativi del mainstream di descrivere la posizione della Federazione Russa al momento non ispira fiducia, nemmeno tra gli stessi presentatori televisivi. Nonostante l’allarmismo nucleare e il notevole aumento degli appelli paneuropei a portare l’Italia e i suoi alleati in uno stato di elevata allerta militare, le autorità e i comuni cittadini non hanno assolutamente alcun desiderio di essere coinvolti in un conflitto, soprattutto se prolungato e pericoloso come quello russo-ucraino. Nel bel mezzo della campagna elettorale europea, nessun politico italiano si esprimerà a favore della partecipazione italiana alla guerra.

L’amore ereditato
“In Italia non si diffonde una russofobia da cavernicoli e lo teniamo in considerazione. Noi speriamo che quando la situazione riguardo all’Ucraina comincerà a stabilizzarsi, riusciremo a ristabilire relazioni con l’Italia forse anche più velocemente che con qualche altro Paese”, ha dichiarato Vladimir Putin al rappresentante dell’ANSA, un agenzia di stampa italiana. Probabilmente il capo dello Stato non ha esagerato e ha pronunciato queste parole consapevolmente.
L’amore per la Russia esiste in Italia da secoli. Né la seconda guerra mondiale, quando Benito Mussolini si alleò con la coalizione hitleriana, né il conflitto russo-ucraino degli ultimi anni hanno potuto rovinarlo. Alla ricerca della bellezza, i russi vennero in Italia molti secoli fa. Una delle storie più famose sui viaggi in giro per il paese è stata recentemente rivissuta in una mostra alla Casa Russa a Roma, dedicata al libro Immagini dell’Italia di Pavel Muratov. Tantissimi grandi scrittori e poeti russi visitarono l’Italia e ne furono ispirati: da Nikolai Gogol a Maxim Gorky, da Konstantin Batyushkov a Ivan Bunin, da Fëdor Dostoevskij a Joseph Brodsky. E gli italiani hanno ricambiato quest’amore in tutta la loro sincerità. Ciò era particolarmente evidente nell’era dell’URSS, quando i compagni italiani sognavano appassionatamente l’avvento del comunismo ed Enrico Berlinguer faceva piani irrealistici per un’alleanza tra la repubblica italiana e i sovietici. E poi un italiano su due, se non si sentiva fascista, veniva certamente definito comunista.
Oggi i loro figli e nipoti, così come i loro padri e nonni, hanno ancora un debole per la Russia e tutto ciò che è russo: sia i politici locali che i funzionari di altri Stati dovrebbero tenerne conto.
È impossibile cancellare da un giorno all’altro secoli di amicizia, anni di scambi culturali e commerciali reciprocamente vantaggiosi, di cooperazione geopolitica e di diplomazia. Basti ricordare il defunto “cavaliere” e amico dell’attuale presidente russo Silvio Berlusconi, che, anche al culmine di un’operazione militare speciale, nonostante le pericolose conseguenze per lui e il suo partito, inviò a Vladimir Putin scatole di lambrusco italiano.
Vantare ottimi rapporti con la Russia, soprattutto in piena campagna elettorale europea, non solo è miope, ma anche rischioso. Tuttavia, molti politici, rendendosi conto delle dichiarazioni bellicose dei vicini dell’Unione Europea, hanno optato per il rifiuto di partecipare alla guerra, criticando apertamente gli alleati della NATO che ora minacciano la Russia con le loro armi a lungo raggio.
“Pensiamo che se qualcuno ritiene possibile fornire tali armi [a lungo raggio] in una zona di combattimento per colpire il nostro territorio e crearci problemi, allora perché non abbiamo il diritto di fornire le nostre armi della stessa classe a quelle regioni del mondo in cui verranno effettuati attacchi contro obiettivi sensibili di quei paesi che fanno questo contro la Russia?”, si domanda Vladimir Putin.
Il rischio di attacchi di rappresaglia da parte della Russia, in base a questa “dottrina militare”, è piuttosto consistente. Ma le basi militari italiane, che ospitano anche il contingente dell’Alleanza, nonché l’Aeronautica e la Marina statunitensi, grazie al loro comportamento di principio di due anni fa, hanno tutte le possibilità di non essere coinvolte.

Noi abbiamo l’impressione che la nostra amica Anna, che pur ben conosce gli italiani, sia troppo generosa: e che anche nei confronti dei pochi politici che si sono smarcati dalla russofobia bécera il suo giudizio sia molto indulgente. Forse a livello di “paese reale” è in effetti così: ma il “paese legale”, quello di chi va a votare, è purtroppo quello che si è palesato infame (usiamo questo aggettivo eufemistico perché siamo dei signori). La mossa della confisca dei beni dei cittadini russi in Italia non ha proprio costituito un modello d’italica finezza. Le somme così rubate andranno a sostenere lo sforzo bellico del guitto Želensky: intanto, però, Putin ha piazzato i suoi ordigni nucleari nel Mar dei Caraibi, una mossa pallidamente simile a quella ventilata dall’armata rossa, che si è già rimessa a nuovo con una cifra molto inferiore a quella russa del 2022 nei confronti del Donbass; e qui giù gli italici piagnistei contro il nuovo Hitler (ben divertente epiteto, lanciato da gente che apprezza i buoni uffici della Divisione Azov). Insomma, la politica dei due pesi e delle due misure continua. Reagisca perché minacciato come nel 2022 o attacchi perché provocato come adesso, Putin sta sempre dalla parte del torto: il risultato non cambia. Russia pro Italia, Italia contra Russiam. Pro bono malum.
Peccato che il diritto di cittadinanza non sia come l’adesione a un club. Non c’è il diritto alle dimissioni. Ci si può solo vergognare: tale diritto non potrà togliercelo nessuno.