Minima Cardiniana 472/5

Domenica 16 giugno, Domenica XI del Tempo Ordinario
Santi Martiri Quirico e Giulitta, San Ceccardo Patrono di Carrara

ANTIFASCISMO DA OPERETTA
LA MARCIA DEI TRATTORI
di Fabio Bonvicini
Docente di lettere presso l’Istituto Antonio Zanelli di Reggio Emilia
Dal 1876 l’Istituto Antonio Zanelli è la scuola che forma i tecnici agrari nella provincia di Reggio Emilia. Una storia gloriosa e ricca che, nel tempo, si è fatta tradizione, cultura e cura del territorio e del cibo. Orgoglio dei neo-diciottenni, nell’ultimo sabato del calendario scolastico, è la “Sfilata dei trattori”: una colonna di macchine agricole di età svariate – dai vecchi Landini e Same, fino ai nuovi John Deere alti come una casa e accessoriati come un resort cinque stelle – transita in un clima da stadio davanti alla scuola che si trova nella periferia sud di Reggio Emilia. E, come in ogni curva domenicale, si sprecano cartelli e striscioni di varia natura: quest’anno ne sono apparsi due che recavano il motto “Boia chi molla”. In più, nel parcheggio da cui partivano i trattori, sono stati strappati alcuni manifesti elettorali del PD. Da chi? Non si sa.
Immediata la denuncia del PD provinciale, la dissociazione della scuola con tanto di Consiglio di Istituto straordinario, l’intervento della Digos, la gogna per i due ragazzi proprietari dei trattori: dalle pagine dei giornali locali fino all’ANSA. Nemmeno Giacomo Matteotti, a pochi giorni dal centenario del suo assassinio, è stato risparmiato in questa pantagruelica levata di scudi: il Fascismo è tornato in Italia, eccolo che arriva anche a Reggio Emilia, la Patria dei Fratelli Cervi.
Il caso ha voluto che i due ragazzi sui cui trattori facevano bella mostra i due cartelli incriminati, svolgano il loro corso di studi in una delle classi in cui insegno italiano e, soprattutto, storia. Classe quinta, specifico: dunque l’anno in cui si studia il Novecento. Mi è parso opportuno non partecipare alla corrida antifascista e, semplicemente, chiedere ragione del motto apparso nella sfilata: per chi li aveva esposti era come dire “Teniamo duro”, “Non molliamo”; ho sperato anche in un “Siamo resilienti”, ma non siamo arrivati a tanto. Sarebbe stato opportuno come istituzione formativa, dunque, abbassare i toni, invitare ad un ridimensionamento della vicenda e, magari, proporre una lezione parallela sulla storia – del resto piuttosto controversa – del motto in questione. Ma l’occasione elettorale europea era troppo ghiotta per farsela sfuggire; molto più semplice gridare “Al Fascio, al Fascio!”, piuttosto che aprire un’indagine sugli autori dello strappo dei manifesti (reato non più penale, ma amministrativo) e un confronto serio e costruttivo sul tema dell’antifascismo oggi.
Molto più facile mettere sulla graticola – in attesa del rogo – due giovani studenti ignari, piuttosto che ragionare sulla nostra scuola italica in cui, solo per fare un esempio, mancano soldi per tutto – dunque, soldi per il diritto allo studio – tranne che per le meravigliose sorti progressive del PNRR che ha speso nell’ultimo anno, solo nel nostro Istituto, la bellezza di circa 500.000 euro per l’acquisto di una pletora perlopiù inutile di nuovi dispositivi informatici per una scuola 4.0, come scrivono nelle loro meravigliose circolari.
Che la polemica fosse pretestuosa e dannosa, risulta ancor più chiaramente da un paio di osservazioni che propongo. Anche negli anni scorsi c’erano cartelli analoghi: “Si lavora e si produce per la figa e per il Duce” e nessuno si è stracciato le vesti. Inoltre, quest’anno, a fianco dei “Boia chi molla”, c’erano anche dei “La gente come noi non molla mai”, slogan passato alle cronache – con tanto di patetica musichetta – nei giorni dei feroci No-vax: cosa sarebbe successo se quei cartelli fossero apparsi tre anni fa?
D’altra parte, si sa: No-vax e fascisti viaggiano spesso insieme. Che antifascisti e onesti cittadini ci preservino da cotanto disonore!