Minima Cardiniana 476/2

Domenica 14 luglio 2024, San Camillo de Lellis

LA MEMORIA E LA CONOSCENZA DELLA STORIA
C’È BISOGNO DI “MEMORIA GRATA”
Intervista a Franco Cardini di Cristina Uguccioni edita su “Avvenire”

A colloquio con il noto medievista: “Non impariamo dalla storia perché le poniamo domande sbagliate. E non la studiamo. Dal Concilio a papa Francesco: il cambiamento parte dalla tradizione”.
“Penso che la gratitudine sia una straordinaria forza spirituale. Per contro, essere ingrati è come essere mutilati, come essere afflitti da una forma di miopia intellettuale grave che sarebbe molto facile da evitare”.
Con queste parole inizia la riflessione sulla gratitudine il professor Franco Cardini, storico insigne, già docente di storia medievale in atenei italiani, europei ed extraeuropei.

Forniamo qui dal canto nostro una versione dell’intervista integrata e corretta da parte dell’intervistato, che è riconoscente all’intervistatrice ma che ha rilevato nel testo che essa ha proposto numerosi equivoci ed omissioni.

La storia – si dice – è maestra di vita. E c’è chi si domanda perché gli esseri umani sembrino imparare così poco dalla storia e siano incapaci di nutrire gratitudine per quanto appreso. Qual è la sua riflessione al riguardo?
Due osservazioni: 1) è vero, sembra che gli esseri umani non imparino niente dal passato: ciò avviene se e quando si pongono alla storia le domande sbagliate e non la si è studiata come sarebbe stato necessario fare. 2) C’è però anche il rovescio della medaglia: è vero che molti fatti, strutture, istituzioni sembrano ripetere in qualche modo fatti, strutture, istituzioni del passato, però tale ripetizione non è una vera e propria riproduzione, come se la storia fosse un cerchio e in cui tutto ritorna ciclicamente. La storia compie percorsi circolari – o meglio ellittici, “a spirale” – che sono talvolta anche molto simili tra loro e tuttavia, a ben guardare, sono diversi. E tali percorsi non sono regolari: la storia procede anche attraverso per sbalzi improvvisi. La storia è maestra di vita, cui tributare gratitudine: ma è una maestra molto ambigua e straordinariamente complessa; non è una scienza esatta, è imprevedibile, fantasiosa. Una delle frasi più ricorrenti nei libri degli storici mediocri recita pressappoco così: “Viste le premesse era logico, naturale, che accadessero certi fatti”. Ma non è vero! Date certe premesse le cose possono andare in moltissimi modi diversi e così, infatti, è spesso accaduto.

Il teologo Pierangelo Sequeri ha scritto su Avvenire: “I ragazzi imparano – felicemente – la storia di Gesù nella loro iniziazione cristiana. La storia della Chiesa la imparano al liceo, scoprendola come storia delle streghe, delle crociate e dell’inquisizione”. E ancora: “Nella catechesi corrente si traggono esempi dalla semina delle origini ma non c’è narrazione del suo lavoro nelle epoche e nelle generazioni. Delle passioni del seme e delle sue risurrezioni – dei padri che hanno mietuto il buon grano di Dio e delle madri che hanno sapientemente infarinato il lievito – non c’è racconto. Né memoria né emozione”. Condivide queste osservazioni, la necessità di coltivare la memoria – leale, affettuosa e grata – dei padri e delle madri che, lungo i secoli, hanno trasmesso la fede?
Certamente! Ma aggiungo un’osservazione. Ciò che solitamente manca, insieme a questa memoria grata, è una reale conoscenza della storia. Spesso si è portati a dare un giudizio pesantemente negativo su vicende che si conoscono poco. Ci sono bravi storici cattolici che alzano le mani e si arrendono ancor prima che gli avversari abbiano puntato il fucile e – lo dico un po’ grossolanamente – accettano intimiditi o superficialmente convinti di formulare su pochi temi-chiave (sempre gli stessi, meccanicamente e grossolanamente ripetuti) giudizi che sono spesso imprecisi, faziosi, invecchiati, superficiali. I temi sono poi monotonamente pochi e sempre i soliti, ma scorrettamente interpretati e faziosamente esposti: le crociate, l’inquisizione, la “caccia alle streghe”. Gli insegnanti cattolici sono sovente, al riguardo, vittime e allo stesso tempo complici, anche purtroppo per pigrizia o per viltà, i di tali versioni storiche. Esiste in campo cattolico una deprecabile “cultura della resa” che porta troppo spesso ad allinearsi sulla base di tendenziose narrazioni d’origine illuministico-massonica, con un deprecabile complesso d’inferiorità di fronte a tale ciarpame pseudostorico. È necessaria una revisione che porti, ad esempio, a comprendere che cosa in realtà siano state le crociate e quali le ragioni che le hanno determinate nonché a riconoscere che esse hanno anche risolto taluni problemi e portato avanti idee che sarebbero felicemente germogliate in seguito: o che conduca a rivedere profondamente il giudizio sugli stati di ancien régime e sui modelli di stato autoritario a regime consultivo (ad esempio il grande regno del Kaiser Francesco Giuseppe tra 1848 e 1916 e la sua forte funzione di Kathekon). Quasi tutto il mondo cattolico accetta acriticamente, ad esempio, una visione tendenziosamente negativa dell’intera storia della Chiesa per finir con il lodare fatti o personaggi – soprattutto dell’illuminismo e del Risorgimento – sui quali il mondo laicista ha posto l’ipoteca di una versione apologetica quando non addirittura trionfalistica. E lo stesso vale per figure del mondo cattolico rispetto alle quali il mondo laicista esprime un parere in superficie e in apparenza positivo ma per motivi profondamente svianti: i cattolici cadono anche in queste trappole. Ed ecco le lodi convergenti riservate al Concilio Vaticano II, a Giovanni XXIII, a La Pira, a papa Francesco. Ma in realtà né il Concilio né le persone citate hanno mai compiuto un passo senza la Tradizione e il patrimonio del passato: e ciò viene nascosto o dissimulato o malinteso. La verità è che la storia è molto complessa e chiede di essere studiata e rivista continuamente, con pazienza, intelligenza, onestà intellettuale: non farlo significa venir meno al proprio dovere di storico.

Nel corso della sua lunga attività di studio, quali figure l’hanno particolarmente colpita per la loro ammirevole capacità di coltivare la gratitudine?
Ne ho incontrate molte. Penso ad esempio a un gruppo di scrittori cattolici fiorentini tra i quali Giovanni Papini, Domenico Giuliotti, Federigo Tozzi, che coltivavano un sentimento di profonda gratitudine verso figure quasi dimenticate oppure calunniate del cattolicesimo. Papini, ad esempio, provava riconoscenza grande verso figure apparentemente di secondo piano della Compagnia di Gesù del Seicento. Giuliotti ammirava e lodava personaggi come Filippo Neri e Giovanni Bosco. Ma penso anche a Giorgio La Pira: era ammirato e grato anche per quei manuali redatti da eminenti studiosi per i parroci di campagna o per quegli studi minori, pubblicati magari in pochi esemplari dagli stessi sacerdoti, che plasmavano l’apostolato quotidiano: erano tutti lavori straordinariamente fecondi che, di fatto, edificavano la fede di migliaia di persone. Don Milani – che non esitava a definirsi “un reazionario” – non è stato una rosa nel deserto: è germogliato da un humus che è stato grembo di altri semi buoni che sono cresciuti e fioriti altrove. Questa pastorale del quotidiano, importantissima, andrebbe meglio studiata. E ringraziata.

A chi desidera esprimere il suo sentito grazie?
Anzitutto ai miei genitori. Mio padre, artigiano ed operaio, fino da quando ero bambino, ogni sabato sera mi conduceva ad ascoltare la grande musica concertistica della “Sala Bianca” di Polazzo Pitti a palazzo Pitti e la domenica mattina mi guidava alla scoperta di monumenti, chiese e musei di Firenze. Sono profondamente riconoscente anche a molti insegnanti: al mio maestro, Ernesto Sestan, e, a Gerusalemme, ad alcuni insigni docenti dello Studium Biblicum Franciscanum e dell’Università ebraica: ricordo padre Michele Piccirillo e Joshua Prawer. Un filologo germanista e terziario francescano, morto quarantatreenne nel 1966 per i postumi della tubercolosi contratta in guerra, mi ha introdotto seriamente alla teologia tomista, alla lettura di Dante, alla filologia germanica e al mondo simbolico e mistico della Tradizione cattolica. Mordini ha scritto libri poco noti ma indimenticabili – oggi ristampati dall’editrice Il Cerchio di Rimini – sul rapporto tra Provvidenza divina, storia e tradizioni popolari (era un appassionato esegeta del mondo europeo della fiaba). Sono grato al giornalista e scrittore Giulietto Chiesa, che mi ha fatto comprendere il senso della storia russa. Sono grato ai frati minori della Verna e alla comunità monastica di Bose per i momenti di ritiro in meditazione e in preghiera che mi hanno offerto. E molta gratitudine debbo a due miei allievi e amici, che hanno continuato il mio lavoro di disincanto su due temi-chiave della storia dell’Europa e della Cristianità: a Marina Montesano per la stregoneria, ad Antonio Musarra per i pellegrinaggi e le crociate. Indico i loro lavori come esemplari per i cattolici che vorranno capire di più su questi temi sui quali si addensano pregiudizi e calunnie. Nutro gratitudine anche verso alcuni altri miei allievi che hanno proseguito studi da me iniziati, e che hanno dato prova di possedere grandi qualità umane e professionali: anche da loro ho imparato. Infine, sono sinceramente grato ad alcune persone che sul momento, con un loro gesto, mi avevano procurato un dolore o una disillusione ma che – ho scoperto molto tempo dopo – avevano compiuto quel gesto con il proposito di farmi del bene.
(Avvenire, 11 luglio 2024)