Domenica 28 luglio 2024, XVII Domenica del Tempo Ordinario
Santi Nazario e Celso martiri
VELA A MOMPRACEM
EMILIO
di Luigi G. de Anna
La tempesta si era appena acquietata. Il tifone non era stato dei più terribili, ma la forza del vento aveva sradicato alcuni degli alberi secolari che ombreggiavano la residenza, alta sulla rupe. Più sotto, la piantagione di banani era stata quasi interamente abbattuta.
Yanez scrutava l’orizzonte.
– Non avrei voluto essere su una nave ieri notte, fratellino.
– Neppure io – rispose Sandokan distogliendosi dalla lettura della pagina economica della “Gazzetta di Singapore”. – Del resto non ricordo neppure quando ci siamo avventurati l’ultima volta lontano da casa.
– Qui a Mompracem si sta benissimo – convenne il portoghese.
Una donna dalle fattezze occidentali, capelli biondi e occhi azzurri, era entrata portando un vassoio d’argento. I suoi anni migliori erano passati, ma le restava qualcosa di una giovinezza trascorsa sotto il sole dei Tropici, forse in qualche piantagione del Borneo.
– Ecco il vostro tè – disse con voce imperiosa – bevetelo prima che si freddi. Al limone per te, Yanez, e al latte per il mio caro sposo.
Chissà se quel “caro” era veramente sincero, velata com’era la voce da una leggera ironia.
– Grazie Marianna.
Yanez si rimise a scrutare l’oceano.
– Sandokan, passami il binocolo.
Sandokan prese da un basso tavolino incrostato di madreperla un binocolo da marina.
– Cosa vedi di interessante?
Yanez non rispose subito e continuò a fissare il mare.
– Guarda! Ma quella non è una scialuppa?
Sandokan, incuriosito, prese il binocolo che gli veniva porto.
– Certo, forse appartiene a qualche veliero affondato nella tempesta. Non ci sono occupanti.
– No, guarda meglio, qualcuno si muove.
– Hai ragione Yanez, fa gesti con uno straccio rosso.
– Vuole attirare la nostra attenzione, è un naufrago!
– Mando subito Kammamuri con il nostro praho.
– Quello lo abbiamo già venduto il mese scorso…
– Allora che prenda la lancia.
Sandokan si affacciò al balcone e ordinò al fedele maharatto di mettere in mare la lancia indicandogli la direzione da prendere.
Kammamuri non tardò a tornare e attraccò senza difficoltà, ma con difficoltà fece scendere il naufrago, che sosteneva stringendolo alla vita. Ragno di mare, un dayako dalle forti membra, si affrettò ad aiutarlo.
– Portatelo su! – ingiunse Sandokan.
Non fu facile fargli salire la lunga scalinata che portava alla villa. Ma alla fine l’uomo fu fatto sedere su una comoda poltrona del salotto.
– Speriamo non mi sporchi la poltrona. Marianna – ingiunse Sandokan – vai a preparargli un forte tè.
– Preferirei un cognac… e una sigaretta.
L’uomo aveva aperto gli occhi, si era guardato intorno e si era rizzato a sedere.
– Dove sono?
– Benvenuto in casa del principe Sandokan di Kinibalu e del suo amico Yanez de Gomera.
– Vi ringrazio per avermi salvato. Credevo di morire di sete e fame su quella scialuppa.
– Cosa è successo? – chiese Yanez incuriosito, osservando attentamente il naufrago che portava una giacca blu con bottoni dorati e pantaloni bianchi strappati in più punti. Il viso, dai lineamenti regolari e fini, era incorniciato da una fitta barba scura. All’orecchio destro portava un orecchino d’oro. Accese con mano sicura la sigaretta che aveva tratto da una scatola d’argento che portava nella tasca interna della giubba.
– Gradite? – chiese.
– No, grazie – declinò con un gesto cortese il portoghese.
– La nave che comandavo è stata affondata dalla tempesta. Un tifone terribile, ci eravamo salvati solo io e Joe Conrad, il mio secondo, che poi purtroppo non è riuscito a salire sulla scialuppa. Non so cosa ne sia stato di lui.
– Siete dunque un capitano di mare? – chiese Sandokan senza nascondere la sua ammirazione per chi solcava gli oceani.
– Permettete che mi presenti: capitano Emilio Salgari di Verona.
– Un italiano, dunque – constatò compiaciuto il portoghese, felice di vedere un europeo. – Non se ne vedono molti nei porti del Sud-est asiatico. Dove eravate diretto?
– A Brunei, ma avevo un carico importante da recapitare a Sarawak al… – e qui improvvisamente tacque, come se si fosse accorto di parlare troppo.
– Era per caso destinato a James Brooke, il rajah bianco?
– Non posso negarlo.
– Ed erano per caso armi? – insistette il portoghese.
– È possibile – rispose il veronese cercando di evitare lo sguardo dei suoi interlocutori.
– Fucili per gli uomini del rajah, o anche per i pirati dayaki? – chiese senza nascondere la sua curiosità il principe.
– Per la sua milizia.
– Bene – annuì con forza Sandokan – quei maledetti pirati infestano i nostri mari e impediscono i traffici della Compagnia delle Indie.
– Era il vostro primo viaggio? – chiese Yanez.
– No, ne ho fatti altri.
– Sempre per conto del rajah bianco?
– Sempre.
– Ci dica qualcosa di lui. Noi qui nel Borneo e in Malesia lo ammiriamo molto. Mi dicono che sia un vero gentiluomo – Sandokan era spinto da una evidente curiosità.
– Lo è – convenne il Capitano. – Ha portato a Sarawak e nell’intero Borneo la luce della civiltà britannica. Ha costruito ospedali, scuole, chiese…
– Ne ho sentito parlare – Sandokan non poteva nascondere la sua approvazione.
– Anche se sono un lusitano, devo ammettere che gli inglesi hanno umanità, cultura e hanno civilizzato l’Assam dove ho vissuto per qualche tempo. E poi ci stanno liberando dai pirati che dalla Malesia corseggiano anche nei nostri mari, una vera pestilenza.
– Ma lasciate riposare questo signore! – esclamò Marianna, chiaramente affascinata da quell’uomo dagli occhi che mandavano lampi.
– Hai ragione, moglie mia adorata. Kammamuri, accompagna il comandante nella stanza degli ospiti.
– Vi ringrazio – e così dicendo Capitan Emilio si alzò dalla poltrona.
– Vi prego – aggiunse dopo un attimo di esitazione – nella scialuppa ho lasciato ciò che ho di più caro.
– Sarebbe?
– Il manoscritto del resoconto dei miei viaggi. Intendo pubblicarlo al mio ritorno a Torino.
– Kammamuri, vai a recuperare la borsa del Capitano.
– Vi ringrazio, principe, non vi dimenticherò, vi devo molto.
E così dicendo, accompagnato da Marianna che gli aveva preso la mano, si avviò verso la camera da letto.
– Uno scrittore dunque, e non solo un capitano di mare – esclamò Yanez aprendo con fastidio la finestra per togliere dalla stanza il greve odore delle sigarette fumate dal comandante.
– Già, chissà che cosa scriverà di noi… – annuì Sandokan.