Minima Cardiniana 480/5

Domenica 22 settembre 2024, Santa Emerita, martire

I NUOVI MOSTRI
GLI ASSASSINI DELLA PORTA ACCANTO
di David Nieri
Di alcuni gravi problemi che affliggono la nostra epoca si parla poco, o quantomeno in maniera superficiale, almeno finché non arrivano i nuovi mostri della porta accanto a ridestarci improvvisamente dal torpore delle nostre coscienze offuscate. Mentre la politica circumnaviga e rifugge i problemi della quotidianità, mostrando la distanza sempre più siderale che la divide dal paese reale, i media si concentrano sull’ennesimo misfatto di cronaca per alimentare morbosamente il lauto pasto degli utenti, diluendo sapientemente le mattanze e le tragedie come fossero merce di scambio per qualche dato auditel in più, selezionando così le emergenze in base a ciò che al momento funziona, a ciò che è più appetibile, spettacolarizzando il dolore e l’orrore. Per non parlare delle puntuali e purtroppo inevitabili strumentalizzazioni ideologiche, utili a rinforzare i reciproci dogmi di un’infinita campagna elettorale, ovviamente bipartisan.
Di nuovi mostri, che richiamano l’“universale” Raskolnikov dostoevskiano, questa estate ne abbiamo visti parecchi. Gli omicidi e le mattanze “senza motivo” di Sharon Verzeni, della famiglia di Paderno Dugnano, la vendetta assassina dell’imprenditrice di Viareggio e dei numerosissimi “ha fatto bene” che hanno accompagnato l’orrore in chiave social. Fino al doppio infanticidio nel Parmense, le cui dinamiche non solo mettono i brividi, ma dovrebbero imporci una riflessione profonda che, di fatto, non farebbe comodo a nessuno, tantomeno all’illuminato Federico Rampini, che significativamente ha titolato il nuovo libro “Grazie, Occidente! Tutto il bene che abbiamo fatto”. E dire che i casi di genitori che nel nostro paese hanno ucciso i loro figli, negli ultimi vent’anni, sono circa cinquecento. Non pochi, considerando quanti ne nascono. Tanto per corroborare l’importanza del bene che facciamo.
Per non parlare delle aggressioni nei confronti dei medici e degli operatori sanitari negli ospedali, fino a quelle compiute dai ragazzi (e dai genitori) a danno dei loro insegnanti, colpevoli di portare avanti, con un minimo di onestà intellettuale, il loro delicato mestiere. Ogni giorno sembra di assistere a un bollettino di guerra.
Esiste, di fatto, una realtà evidente: non possiamo fare a meno di notare che la violenza, in tutte le sue declinazioni, sta aumentando a dismisura, vertiginosamente. Ovunque. In alcune città, grandi o piccole, ma anche in centri abitati di modeste dimensioni, dopo una certa ora è come se scattasse il coprifuoco. Meglio non uscire di casa. Un’emergenza che le istituzioni dovrebbero avere il coraggio di affrontare, perché ciò che frettolosamente tendiamo a catalogare come “male” – per poi lavarci pilatescamente le mani – non ha origine dal nulla, non nasce per caso, ma cresce e prospera su un terreno ormai contaminato. Quell’humus di degrado che, (troppo) frequentemente, chiamiamo progresso. E allora interroghiamoci sulle cause scatenanti, sulle grandi domande che questi terribili fatti di cronaca nera dovrebbero ispirare, a partire dalla scuola, dalla famiglia, dalla società del benessere (che fu), dal tessuto sociale, dai diritti, dai doveri e dal cortocircuito che sembra aver minato ogni angolo e ogni presupposto della convivenza “civile”. Tutto questo, paradossalmente, in un’epoca che vuole cancellare i prodromi della “sindrome occidentale” rimuovendo la storia ma soprattutto i contesti, che impone ovunque l’inclusività per poi censurare il pensiero non allineato, che dispensa privilegi individuali a cascata al miglior offerente dimenticandosi dei diritti civili, quelli elementari, essenziali, che dovrebbero almeno garantire la libertà dalla miseria di ogni singolo individuo (un’altra emergenza frequentemente taciuta, nel nostro paese, riguarda infatti il progressivo aumento della percentuale di poveri assoluti). Interroghiamoci sui motivi che stanno alla base dell’escalation del bullismo, sul preoccupante aumento del consumo di droga e alcol tra i minori, sulla completa assenza di “filtri” in grado di inibire sul nascere l’esplosione di brutale violenza (gratuita, dunque anch’essa “senza motivo”) nei confronti dei più deboli (i senzatetto, i disabili, gli animali impiccati o bruciati vivi), ovvero le fondamenta della “società del domani”. Interroghiamoci sull’impalcatura che sorregge il codice etico della modernità, che ci vuole sempre più performanti, competitivi, produttori e consumatori senza limite, divoratori bulimici di una “felicità” fittizia incentrata su un “possesso” che non basta mai, sul definitivo trionfo dell’avere sull’essere. Interroghiamoci, dunque, sul tipo di società che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni.
Altrove è peggio, dirà qualcuno. Senz’altro. Personalmente, però, preferisco pensare al qui e ora. E il qui e ora non corrisponde al migliore dei mondi possibili che tanto viene decantato e che a qualsiasi costo dobbiamo difendere dall’invasore russo e poi, di conseguenza, da quello cinese. Perché in questa società sempre più marcescente e depauperata di valori, privata di Dio e della comunità di appartenenza – quel magico microcosmo capace di garantire i princìpi morali e le basi della convivenza, sostituito dai social e dai gruppi whatsapp –, i mostri possiamo ritrovarceli in casa in un attimo, senza accorgercene. E magari, un domani non troppo lontano, possiamo diventare improvvisamente mostri anche noi. A meno di non esserlo già.