Minima Cardiniana 481/3

Domenica 29 settembre 2024, San Michele Arcangelo

UNA PROPOSTA PER IL CAMBIAMENTO
REVOLUTION # 2
di Bruno Bosi
La gestione delle nostre società occidentali è nelle mani di una casta di privilegiati, che si identifica coi privilegi auto-attribuiti e ha instaurato un circolo vizioso che consiste nel procrastinare all’infinito un dovuto e indispensabile ricambio. L’accesso alla casta è regolato da un sistema cooptativo che esclude la possibilità di un’alternativa o di riforme sostanziali. È la decadenza, destinata a portare a un inevitabile crollo del modello occidentale, che deriva dall’esagerato potere attribuito ai partiti politici finalizzati a mantenere lo status quo. All’interno dei partiti domina una figura che nel migliore dei casi potrebbe essere simile a un regnante illuminato, ma purtroppo quasi sempre corrisponde a un incapace facilmente manipolabile dall’alto oppure a un opportunista che persegue interessi propri o di una cerchia ristretta.
I partiti sono essenziali per il funzionamento della democrazia, ma devono dimostrarsi in grado di recepire le aspirazioni del popolo, che con le regole democratiche tende a suddividersi in due schieramenti, maggioranza e minoranza. Una divisione che dovrebbe essere determinata dalle sensibilità individuali riguardo al susseguirsi di situazioni contingenti, in grado di rendere possibile una proposta alternativa o una mediazione tra le due alternative. Col sistema attuale la scelta dei delegati alla guida delle istituzioni politiche porta a una selezione avversa che premia personaggi privi di scrupoli che intendono la politica come un mezzo per approdare a uno status che consente privilegi in termini di denaro e potere. Il successo di un politico nella conquista e nel mantenimento del potere consiste, da una parte, nella capacità di delegittimare gli avversari senza scrupoli etici o morali; dall’altra di adescare gli elettori con false promesse mai mantenute e stimolare relazioni di conflittualità imputate a questioni ideologiche che conducono a giudizi simili, in quanto a onestà e obiettività, a quanto espresso dalle tifoserie calcistiche. È così che si coltivano l’apatia e il disprezzo per la politica nelle nuove generazioni, lasciando il campo al potere della finanza, una dimensione non prevista dagli ordinamenti democratici, ed espresso da esperti del tipo Draghi, von der Leyen, Macron e Stoltenberg. Grazie a una narrazione, emanata dai circoli finanziari dominanti, che misura i risultati nella quantità di credito virtuale elargito da un’entità pure virtuale, che non ha e non vuole possibilità di dialogo con le istituzioni democratiche, il gioco per un po’ ha dato l’illusione di poter funzionare. Ai politici la mansione di accollare il debito reale ai cittadini, un compito più facile con i cittadini che ancora non votano o che ancora devono nascere. È la rassegnazione al declino, resa possibile dal tradimento dei nostri politici e presentata come preferibile alle guerre, pandemie e altre calamità che “fatalmente” minacciano la nostra esistenza.
L’ultima trovata, sbandierata dai mezzi di disinformazione dei paesi occidentali come soluzione per contrastare il declino, sono le 400 pagine del rapporto Draghi. In pratica, propone di estremizzare la finanziarizzazione delle nostre economie stimolando le industrie della guerra. Questo è quanto hanno fatto gli Stati Uniti negli ultimi vent’anni. Un disastro.
Il modello sociale europeo era nettamente migliore rispetto al modello finanziario americano, ma il centro di potere che domina l’Occidente e che ruota attorno a Wall Street non può tollerare un confronto impietoso con un sistema vigente negli stati vassalli che si dimostra superiore al modello della potenza egemone. Lo deve demolire, con la complicità dei politici europei che con l’appoggio incondizionato dei circoli finanziari, usurpando il potere riservato al popolo fino a non tenere conto dei risultati delle elezioni. Una volta che tutto l’Occidente verserà in condizioni insostenibili, la guerra potrà sembrare il male minore. Gli Stati Uniti hanno la possibilità, grazie alla complicità dei nostri politici, di far pagare a noi quello che non riescono più a estorcere dai paesi che stanno convergendo verso i BRICS. Possono far saltare le nostre linee di approvvigionamento del gas per obbligarci ad acquistarlo da loro a un prezzo tre volte superiore. A tanto può arrivare l’ideologia neoliberista pur di preservare la possibilità di disuguaglianze sociali ed economiche illimitate in una società globale gestita da un unico vertice finanziario. In una società, locale o globale, che si pretende democratica, non si può imporre un’uguaglianza assoluta, ma nemmeno la disuguaglianza può essere illimitata.
Quando, nel 2008, il sistema occidentale era sull’orlo del baratro – come ammesso dai capi di stato occidentali – il congresso americano pensò di chiederne conto ad Alan Greenspan, che era stato per lungo tempo al vertice della Federal Reserve. Il congresso accusava l’ex presidente della banca centrale di aver agevolato il dilagare dei derivati finanziari in base a una scelta ideologica. Ufficialmente, il liberismo rifiuta tutte le ideologie tranne quella liberista fatta passare come realtà fattuale, incontrovertibile. L’ex presidente, in quell’occasione, sostenne a sua discolpa che non si può vivere senza un’ideologia: per rapportarsi con la realtà è necessario averne una, il problema è se una data ideologia contiene dei punti di vista errati. Lui, considerata la sua posizione di presidente della Federal Reserve, in tanti anni aveva sempre creduto o aveva dovuto credere che l’ideologia liberista fosse perfetta, ma evidentemente non era così. Alan Greenspan, uscito dai vertici della Fed e tornato alla vita di normale essere umano, poteva ammettere di aver capito che nell’ideologia liberista c’era qualcosa che non andava. Draghi, con le sue illimitate ambizioni di potere, ancora non può permetterselo. Solo un esperto in malafede può insistere su un metodo che ha portato alla rovina quella che era la potenza egemone. Se poi riceve i complimenti dalle più alte cariche dell’UE, dobbiamo smentirli e sostituirli prima che ci conducano a una guerra mondiale.
Dobbiamo prendere atto che la democrazia, che negli Stati Uniti non esiste più da settant’anni, sta scomparendo anche dall’UE. Un’élite politica che domina le nostre società con arroganza, insensibile alle esigenze e aspirazioni dei cittadini, deve essere rovesciata con qualsiasi mezzo, perché la classe dominante, pur di restare a galla, non esiterà a procurarci guerre e pandemie in un contesto appositamente predeterminato di paura e ignoranza. Viviamo una fase di continua emergenza utilizzata per assopire le aspirazioni a un futuro migliore, puntando su una conflittualità paralizzante per la politica: “Divide et impera” è da sempre il motto dei dominatori. Se crediamo che spetti alla politica risolvere questi problemi, dobbiamo prima di tutto creare coesione, che rappresenta la possibilità d’azione per la politica. In questa situazione, dove si invoca la guerra per difendere una democrazia che non esiste più, sono utili le frange estreme indicate con disprezzo come populiste e sovraniste, o anche naziste, fasciste, comuniste. Riprendiamoci l’iniziativa, mettendo da parte le divisioni ideologiche, e puntiamo a interpretare la volontà di una maggioranza che già esiste, in grado di portare a una svolta o a un’alternativa di portata rivoluzionaria; poi, eventualmente, torneremo a confrontarci tra destra e sinistra. Credo che ci siano argomenti validi da ambo le parti, se non ci lasciamo spingere a demonizzare la controparte. I buoni e i cattivi ci sono sia a destra che a sinistra. Chiediamo la possibilità di presentare un dibattito argomentativo che dia spazio a proposte alternative alla guerra. Le enormi quantità di ricchezza destinate a produrre sofferenze e morte, per ora ai giovani russi e ucraini, dovrebbero essere utilizzate per rimettere in piedi le nostre disastrate economie, mettendo al primo posto un miglioramento della qualità della vita di chi lavora e produce la ricchezza che è inversamente proporzionale al corso dei titoli in borsa.