Domenica 13 ottobre 2024, San Fiorenzo martire
LA CENSURA DEMOCRATICA
CONFESSO A VOI FRATELLI
di Kesiana Lekbello
“Che succo c’è”, avrebbe detto il Machiavelli, “a discutere di ‘Repubblica’ e Principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero?”.
Così, mentre ci strappiamo le vesti e urliamo ai quattro venti che solo l’Occidente è custode della democrazia e della libertà, in piena estate, verso la fine di agosto 2024, la stampa e la televisione ci hanno informati della confessione pubblica di Mark Zuckerberg, il quale ha ammesso, “rammaricato”, l’invio della sua lettera alla Camera degli Stati Uniti, confermando di aver ceduto alle pressioni di Washington e dell’amministrazione guidata da Joe Biden al fine di manipolare il dibattito pubblico in Facebook: “Le pressioni del governo erano sbagliate e mi dispiace che non siamo stati più espliciti al riguardo… Nel 2021 la piattaforma social Facebook ha rimosso oltre 20 milioni di contenuti voluti dalla Casa Bianca, che hanno ripetutamente esercitato pressioni sui nostri team, per mesi, affinché censurassero alcuni contenuti relativi al Covid-19, inclusi l’umorismo e la satira”.
Possiamo limitarci a questa constatazione?
Ci sia consentita allora una breve riflessione, perché una confessione del genere non sarebbe tuttora in auge se non rientrasse in una filosofia del “volemose bene”, se non fosse un patetico velo steso sulle insanabili spaccature che lacerano il mondo occidentale e se non andasse a pennello all’ipocrisia tutta democratica-liberista del pensiero libero ad ogni costo con il quale veniamo tormentati ogni giorno dal modello televisivo “bipartisan” e dalla maschera retorica di opinioni blindate che non distinguono più i torti dalla ragione. A chi ben consideri queste parole non potrà sfuggire l’impagabile motto a cui assistiamo nella società dell’informazione: “Difendere la nostra democrazia e la nostra libertà” ci autorizza, ogni volta, a nascondere sotto il tappetto le magagne, le colpe e i crimini di cui la Storia e il presente sono intessuti.
Ma veniamo ancora alla confessione di Zuckerberg. Non è stato un caso che il proprietario di Facebook, Instagram e WhatsApp – che ha chiamato la sua società Meta – abbia deciso di rendere pubblico l’inconfessabile: ho manipolato i dati, censurato opinioni, testi, articoli, ho proibito l’umorismo e la satira perché mi fu ordinato dal governo dell’élite americana. Bisogna però stare molto attenti, perché fuori dall’Occidente chi censura, chi manipola i dati, chi nega la libertà di parola, noi occidentali lo chiamiamo – senza esitazione – dittatura; e chi ordina la manipolazione e la censura lo definiamo un dittatore. Non mi pare che qualcuno, da queste parti, abbia sollevato perplessità nei confronti della democrazia e della libertà occidentale manipolata, censurata dinnanzi a tali confessioni.
Sempre più spesso, nella scena mondiale, registriamo confessioni che si manifestano con gli effetti sempre più dannosi e distruttivi del nuovo virus chiamato wokeism, che da anni si è impossessato della nostra cultura occidentale, democratica e liberale con effetti negativi e oppressivi, producendo l’annullamento di idee, di personaggi, di scritture e di studi nuovi. Il processo in corso, avviato e sostenuto dalle care élites (che molti auspicano come una necessità delle democrazie liberali) e dall’establishment politico liberale sta provocando un evidente declino culturale che attacca e colpisce in modo diretto la storia, i valori, l’arte, le norme e le regole comportamentali di riferimento in tutto l’Occidente. Non crediamo di esagerare affermando che la drammatica realtà condiziona, e non di poco, il lavoro di ogni studioso, i problemi che affronta, le questioni che pone. È evidente come l’interesse per la storia, in particolare, sia condizionato oggi dal vivere in una società in cui i mass media, internet/reti social dominano la nostra realtà e dove la società dell’informazione sembra avere in sé stessa le proprie radici. Quello che è in crisi non è tanto “il mestiere dello studioso”, ma anche il “mestiere dell’editoria”: pochi editori hanno il coraggio, la voglia e il senso del dovere di sostenere scrittori, studiosi con idee diverse rispetto al solito mainstream. Io sono nettamente a favore di editori, studiosi, scrittori che facciano emergere le novità della ricerca, senza porsi un problema di divulgazione. La questione è molto seria: l’analisi storica sempre più spesso diventa, purtroppo – nella migliore delle ipotesi – una semplice opinione espressa nei soliti talk show televisivi con i soliti editori e i soliti scrittori che li rappresentano.
Comunque, ciò che più conta, ai fini del nostro discorso, riguarda tutti noi: ci siamo interrogati dinnanzi alle affermazioni/confessioni di Zuckerberg? Qualcuno ha sollevato la questione relativa all’uso politico delle manipolazioni a lungo praticato dal governo americano, che trova sponda anche da noi? Mi pare questo il vero pericolo: non ci siamo né indignati né arrabbiati. Perché lo sapevamo, chi più e chi meno ha avuto a che fare con rimozioni di post, con censure di risate e tanto altro. Sappiamo anche che il politicamente corretto domina la nostra vita e che l’ideologia woke invade tutti gli spazi vitali dell’informazione in cui i giornalisti e i politici, sempre attaccandosi fra loro, lasciano in chi ascolta più confusione di prima. In questo modo si è cercato di impedire e di riconoscere, all’opinione pubblica, anche le nostre colpe “da occidentali”. Non dobbiamo essere elitari, certo, ma nemmeno dobbiamo ignorare la “questione” Zuckerberg perché, in qualche modo, conferma le ipotesi e i dubbi posti a suo tempo sulla manipolazione e la censura nel mondo occidentale: il fondatore di Facebook ha affermato che la censura fu illegittima. Qual è stata, invece, la nostra risposta a queste affermazioni? Un silenzio assoluto!
Tutto questo cosa significa per noi? Cosa abbiamo capito e, di conseguenza, come dobbiamo reagire quando sappiamo che siamo vittime di censura e/o manipolazione? Domande non da poco, se teniamo presente che l’urgenza di quegli stessi interrogativi nasceva e nasce dal carattere sconvolgente delle trasformazioni che negli ultimi anni il nostro mondo ha subito: con buona pace dagli amanti del liberalismo incontrollato che vogliono al governo le élites che si ritrovano. Invece, a mio modo di vedere, c’è bisogno di un nuovo pensiero sociale, di un nuovo modello di “socialismo” dove ognuno possa trovare una dimensione equa della società e riconoscersi nella collettività come parte attiva nella costruzione di una cooperazione internazionale fra economia a differenti gradi di maturazione, e per la coesistenza pacifica della quale abbiamo un disperato bisogno!
Certo, sembra difficile fornire una risposta soddisfacente ai nostri quesiti, a partire dalle confessioni tardive di Mr. Zuckerberg, senza un diretto ed esplicito riferimento alle nostre responsabilità e a quelle risultanti, in particolare, dal già denunciato capitalismo della sorveglianza che spesso ha lascito senza risposta interrogativi reali. Né può meravigliare che gli imperi odierni, da Microsoft a Google a Facebook a X, che gestiscono i nostri dati privati dominando la cultura occidentale, ci chiedano continuamente di essere inclusivi: quando si racconta la storia, le opere d’arte, perfino le parole devono essere pronunciate secondo il canone del politicamente corretto. Il mondo è cambiato rapidamente negli ultimi trent’anni, tanto rapidamente da sorprenderci e farci sentire sempre più soli, sempre più fragili e disorientati seppure apparentemente più connessi e più informati. A prescindere da ogni de-formazione imposta dai valori nuovi, non possiamo che tornare di nuovo a Machiavelli, che ci ha insegnato, una volta per tutte, la necessità di ragionare a partire dalla realtà effettuale di analisi, di proposte e di dibattito.