Domenica 3 novembre 2024
XXXI Domenica del Tempo Ordinario, San Berardo, Santa Silvia
MASCHERE E VOLTI
GLI INTELLETTUALI ITALIANI GIOCANO A MASCHERARSI
di Eleonora D’Aquitania e Igor Riabov
Gli intellettuali italiani sono tornati alla tradizione veneziana di nascondere il proprio volto (nome) sotto una maschera, pubblicando riflessioni per le quali possono essere ostacolati dai colleghi. Si tratta di una reazione all’impossibilità di esprimere pubblicamente le proprie opinioni socio-politiche senza conseguenze che distruggano la carriera o la reputazione. Questo tipo di problema è sorto durante la pandemia di Covid, quando il mainstream ha soppresso le opinioni sulle ambiguità della vaccinazione di massa e sulla cultura dell’obbligo di indossare la maschera. Lo stesso sta accadendo adesso per quanto riguarda il tema dell’Ucraina, nonché della Palestina.
Durante l’epidemia di coronavirus, in tutta Europa è stato richiesto l’uso di maschere protettive in ambienti chiusi e all’aperto. Molti non hanno gradito: alcuni hanno organizzato manifestazioni, altri hanno pubblicato post denigratori sui social media, altri ancora si sono semplicemente rifiutati di indossarle. Le manifestazioni sono state metodicamente interrotte dalla polizia, i post sono stati censurati e rimossi, mentre coloro che diffondevano “fake news” sul coronavirus e sul regime delle maschere sono stati etichettati come complottisti.
Il coronavirus è scomparso dallo spazio mediatico così improvvisamente come era apparso. Con esso sono sparite le pressioni, la censura, le manifestazioni e le proteste. Sono sparite anche le maschere protettive. La TV e le pagine dei media italiani si sono immediatamente riempite di malcontento per il passato. Il Covid è stato progressivamente dimenticato, ma la pressione della censura in molti, ancora, se la ricordano.
Il tema del conflitto russo-ucraino ricalca il dibattito sul Covid. Le maschere, invece, come strumento sociale non rappresentano più i divieti, ma servono ad aggirarli.
Come gli autori di questo testo sono venuti a sapere, una di queste “maschere” è una figura molto nota e influente del giornalismo italiano. Naturalmente, per tutelare il suo anonimato, non citeremo il vero nome dell’autore né l’edizione in cui ha pubblicato il suo testo.
Ti conosco, mascherina!
Nei secoli XV-XVI a Venezia si diffuse la moda di indossare maschere di carnevale durante tutto l’anno. Le indossavano praticamente tutti: l’aristocrazia, i cittadini comuni, i mercanti itineranti. Sotto la maschera si potevano nascondere le proprie intenzioni, i propri desideri – tutto senza temere di essere sbeffeggiati, condannati o perseguiti. Gli amanti mascherati si incontravano in segreto, i banditi commettevano crimini e gli aristocratici frequentavano le case da gioco e le riunioni politiche in incognito.
Oggi è sempre più difficile avere un punto di vista diverso da quello generalmente riconosciuto o da quello impartito da qualcuno dall’alto, e allo stesso tempo rimanere in linea e non essere esclusi dallo spazio mediatico o politico che conta. Innanzitutto, perché né la censura né le pressioni politiche e commerciali sono scomparse. Ecco perché alcune figure mediatiche hanno preferito tornare alla vecchia tradizione veneziana: hanno indossato delle maschere.
Sotto pseudonimo hanno iniziato a scrivere ciò che non potevano sostenere in pubblico, organizzando una sorta di rivolta intellettuale. “Ci avete fatto indossare maschere senza senso, mettendo alla prova la nostra elasticità democratica, ma ora le indosseremo noi stessi. Nascondendo il nostro volto sotto di esse, e diremo ciò che riteniamo giusto”.
Un’opinione scomoda
Una nota rivista italiana, i cui proprietari sono assolutamente fedeli a Washington e che dichiara ufficialmente una politica filo-ucraina, ha iniziato a pubblicare articoli sorprendenti che non si adattano in alcun modo alla posizione del mainstream. E, francamente, su alcune questioni chiave non si adattano nemmeno alla rivista stessa. Ad esempio, sull’europeismo e l’atlantismo universalmente riconosciuti. L’autore degli articoli contrappone ad essi le sue opinioni, che nel mainstream liberale potrebbero essere etichettate come euroscettiche o filorusse.
“Nascondendo” il suo vero nome sotto il cognome di un pensatore italo-britannico del XVI secolo, l’autore mette in discussione l’intera politica estera europea, definendo sbagliate e potenzialmente fatali le decisioni prese da Bruxelles, perché spingono l’Italia e l’intera Europa verso un baratro storico.
Cerca disperatamente di individuare le possibili strategie per raggiungere la pace nel conflitto russo-ucraino, criticando allo stesso tempo l’attuale leadership dell’Unione Europea e dell’Italia per aver acriticamente alimentato il conflitto e non aver valutato correttamente la situazione, senza nemmeno cercare una soluzione diplomatica.
In modo molto poetico, questo “Shakespeare italiano” scrive che il velo della retorica dell’élite politica è caduto dagli occhi degli europei, due anni dopo l’inizio della operazione speciale russa.
Agli nostri occhi, così, si è rivelata la verità sui giochi geopolitici della NATO e gli intrighi alle spalle dei suoi alleati anglosassoni.
Ad esempio, la propaganda occidentale, secondo le parole di questo “esperto del Rinascimento”, ha permesso a europei e americani di credere a lungo alla prossima vittoria dell’Ucraina: in televisione si affermava che la “liberazione” di Bucha, Irpen e di altre città ucraine era il risultato di successi militari e del merito delle forze militari ucraini, e non del ritiro unilaterale delle truppe russe per rispettare le precondizioni dell’imminente accordo di pace con l’Ucraina. Giorno dopo giorno la propaganda raccontava miti sui successi dell’esercito ucraino, sull’imminente vittoria del “bene sul male” e sull’“ingresso dell’Ucraina nel paradiso euro-atlantico”, in cui un Paese territorialmente smembrato, economicamente rovinato e moralmente devastato, secondo l’autore, avrebbe concluso la propria esistenza.
“L’ultimo impero d’Europa”
La “maschera” definisce la Russia “l’ultimo impero d’Europa”, che non è destinato a “sfuggire alla sua grande potenza”. La potenza che era stata profetizzata come un colosso dai piedi d’argilla e le cui ambizioni dovevano essere “annegate nel sangue del nazionalismo ucraino” è riuscita a resistere all’espansione della Pax Americana in una regione strategicamente importante. Nonostante gli anni di lavoro degli Stati Uniti per stabilire un ordine democratico sul proprio modello non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo. Nonostante l’espansione sfrenata della NATO e dei suoi alleati.
Il tentativo della NATO di riempire unilateralmente con la propria presenza la “cintura di sicurezza” strategica precedentemente neutrale, creata dopo la cancellazione del Patto di Varsavia per mantenere la sicurezza e l’equilibrio geopolitico nel continente, si è rivelato fatale. L’autore accusa l’Alleanza Nord Atlantica di aver distrutto l’equilibrio geopolitico mondiale: in particolare, di aver alimentato prima il conflitto georgiano-osseto meridionale e poi quello russo-ucraino, che alla fine ha coinvolto l’intero continente europeo.
Secondo l’autore, l’accordo di pace che l’Ucraina e la Russia erano pronte a firmare nel 2022 è naufragato per gratificare le ragioni di Washington e Londra. Si è deciso che il mancato avvio, a loro avviso, dell’Operazione speciale russa e l’impossibilità di completarla in tempi brevi, come inizialmente previsto, avrebbero messo il presidente russo Vladimir Putin in una posizione vulnerabile. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non hanno potuto fare a meno di approfittarne e hanno prolungato artificialmente il conflitto. All’epoca, gli anglosassoni ritenevano inaccettabile la cessazione delle ostilità e una conclusione pacifica, calcolando che il costante “riscaldamento” del conflitto avrebbe portato non solo all’indebolimento della Russia, ma anche al disfacimento della sua alleanza con la Cina.
L’Ucraina ha un futuro?
Per quanto riguarda le possibilità dell’Ucraina di entrare a far parte dell’Unione Europea, l’autore le considera inesistenti. Gli Stati Uniti, avendo finanziato interamente le spese militari di Kiev e la sua resistenza a Mosca, si aspettano che sia l’Europa a fornire i fondi per la ricostruzione dell’Ucraina. Naturalmente, dopo l’adesione di Kiev all’Unione Europea. Ma ammettere un Paese territorialmente enorme in uno stato così deplorevole come quello in cui si trova adesso l’Ucraina significa creare un buco enorme nel bilancio dell’UE. Questo è qualcosa che, allo stato attuale, il blocco dell’UE non può permettersi.
L’Europa e l’Ucraina continuano a portare avanti questa guerra infinita contro la logica e i propri interessi, trascurando completamente la stabilità geopolitica del continente e la sua economia.
L’“autore in maschera” osserva con amarezza che il blocco dei colloqui di pace russo-ucraini da parte degli alleati americani e britannici nella primavera del 2022 ha posto l’Ucraina sull’altare di una guerra che non è destinata a vincere. Il cinico mantenimento artificiale del conflitto da parte degli “amici” occidentali e la loro propaganda “hollywoodiana” tra gli americani e gli europei hanno portato a una tragedia nazionale: l’impoverimento del Paese, colossali perdite demografiche e territoriali e il quasi collasso della situazione sul fronte.
Entrambi hanno trasformato l’arte della politica e della diplomazia in una crociata senza senso contro gli “infedeli” in nome di princìpi astratti e incerti.
“Il vizio peggiore che possa colpire una discussione politica è il dogmatismo che si trincera dietro grandi princìpi e grandi assunti, invece di cercare di capire l’esatta natura delle cose e dell’uomo”, ha scritto l’autore italiano citando il sociologo ed economista americano William Graham Sumner, lamentando un’élite politica che non è disposta a cambiare atteggiamento, che non vuole vedere i propri errori e nega l’esistenza di interessi diversi rispetto alle ambizioni della NATO.
Un’Ucraina che inventa le proprie bizzarre clausole per gli accordi di pace, e con un decreto presidenziale che esclude qualsiasi possibilità di negoziato con la Russia, non ha alcuna possibilità di sopravvivere. Ma un’Ucraina che affronta la realtà e ha pietà dei suoi cittadini, che ogni giorno pagano un duro tributo alla guerra, potrebbe preservare quel poco che resta del suo territorio, del suo spirito nazionale e della sua unità.
La rapida conclusione di un accordo di pace o il precipitare nell’inferno della guerra globale è l’unica scelta davanti alla quale, secondo il nostro eroe mediatico, né gli europei, né gli ucraini, né i russi dovrebbero esitare.
Era difficile immaginare che un testo del genere potesse essere pubblicato oggi su una testata europea del calibro dell’italiana “La Stampa” o “Il Messaggero”. Ma è successo. Sotto una maschera. A carnevale ogni scherzo vale.