Domenica 8 dicembre 2024
II Domenica d’Avvento, Immacolata Concezione
SIRIA E GEORGIA
“DUE PICCIONI CON UNA FAVA”
di Anna Tsyba
Le manifestazioni in Georgia e l’intensificazione degli attacchi contro il governo siriano potrebbero avere dei forti legami al livello geopolitico mondiale. La presenza di grandi giocatori come gli Stati Uniti d’America dietro entrambi gli scenari, e la Turchia e Israele dietro gli eventi siriani hanno accelerato quello che era programmato all’insaputa della vittoria di Tycoon e ora va eseguito di corsa prima del suo insediamento ufficiale.
La riconquista della strategica città Aleppo in Siria da parte dei terroristi dell’Hts, forze sunnite filo-turche, è stata una culminazione dell’offensiva che dopo i quattro anni di status-quo ha cambiato tutta la situazione sul fronte siriano. Il governo in pochissimi giorni ha perso tutto ciò che aveva riconquistato dai ribelli negli ultimi otto anni. Qui c’entrano sia turchi, che fino a pochi giorni fa facevano finta di non aver a che fare con l’Hts sunnita, che israeliani, che hanno intensificato i bombardamenti in Siria e hanno notevolmente indebolito il movimento Hezbollah, che ad oggi non è in grado di dare al governo siriano neanche un minimo supporto. Nello stesso tempo l’escalation del conflitto siriano suscita una grande preoccupazione sia per israeliani che per turchi. Alla fine entrambi paesi sono troppo vicini alla Siria infuocata e i jihadisti ribelli sono una forza difficilmente controllabile e che in qualsiasi momento può portare guai a chi la sottovaluta troppo. Inoltre per la Turchia risale la questione dei profughi siriani.
In Georgia invece lo scenario è già ben noto. Il candidato filo-occidentale perde le elezioni parlamentari, e il blocco patriotico pragmatista rinuncia ad eseguire le prescrizioni dell’occidente. Così all’indomani in tutto il paese nascono manifestazioni e proteste poco pacifiche. La procrastinazione delle trattative per far entrare Georgia nell’UE fomenta le proteste ancora di più. Il presidente filo-occidentale Salomé Zourabichvili dichiara i risultati delle elezioni e tutto il parlamento illegittimi e auto proroga (sempre illegittimamente) il proprio mandato, rinunciando a consegnare la sua residenza al nuovo presidente.
Sia gli eventi in Georgia che in Siria sembrano ben programmati, ma da alcuni esperti si nota anche che sono stati avviati un po’ prima del previsto. Lo stesso scenario abbiamo avuto in Ucraina durante il Maidan 2014: lo scenario che è partito leggermente in anticipo per arrivare alle Olimpiadi in Sochi, ma che si è concluso con successo lo stesso.
“Nei corridoi” si dice che i servizi segreti georgiani blocchino i camion con le armi e i combattenti georgiani provenienti dall’Ucraina e cerchino di ostacolare il trasporto di contanti verso le ambasciate di USA, Francia e Germania. Questa volta però sembra che il solito scenario è destinato a fallire.
Pubblicamente l’occidente collettivo chiede la “democratizzazione” del paese con l’eventuale cancellazione dei risultati delle elezioni. La richiesta un po’ meno pubblica, della quale si rumoreggia ufficiosamente, sarebbe la rinuncia della Georgia ad un nuovo progetto con la Cina, interessata ad investire nella costruzione di un nuovo enorme porto marittimo in Georgia. Il progetto comune sarebbe stato una parte importante del progetto Nuova via della seta. È facilmente intuibile che questo non piaccia all’Europa e all’America, diretti concorrenti della Cina, che quindi potrebbero provare ad ostacolarlo. Inoltre il rovesciamento del parlamento neo eletto georgiano, evidentemente nazionalista, potrebbe dare dispiacere al Cremlino per l’ennesima operazione di “democratizzazione” dei paesi confinanti con la Russia.
Il giornalista russo Igor Riabov, esperto nelle questioni geopolitiche dello spazio post-sovietico, commenta per la Minima Cardiniana la situazione su entrambi fronti:
In Russia si ritiene che la situazione in Medio Oriente si stabilizzerà non con gli sforzi russi, ma soprattutto grazie ai giocatori dentro la regione. Tutto dipenderà dagli Emirati Arabi, dall’Arabia Saudita, Turchia e Israele. La Russia manterrà le sue posizioni ma non sarà per niente dominante né nella regione, né nella Siria come garante della sicurezza. In Georgia invece hanno già fatto la loro scelta – sicuramente non rinunceranno dal progetto che potrebbe salvare la loro economia. Basta tornare all’esempio della Bielorussia. Anche lì c’è stato un tentativo di “Maidan” e anche lì hanno cercato di prendere due piccioni con una fava – colpire gli interessi della Russia e della Cina, ma la crudeltà delle autorità bielorusse ha sconfitto tutti. Tutto questo ora tengono in mente anche le autorità georgiane. In più la popolazione civile non supporta le manifestazioni, la cosa che la distingue dall’Ucraina, dove il paese era effettivamente diviso in due: filooccidentale e filorussa. La Georgia non sta in questa situazione. Qui prevalgono soprattutto i fattori economici. Georgia vuole diventare un nuovo grossissimo hub nel Mar Nero.